Una gradevole brezza, calda ma non ancora afosa, di una mattina assolata dell’autunno tropicale. Tale venticello mi ha fatto compagnia per un’intera mattinata, in un tragitto che dalla capitale della Costa Rica, San Josè, mi ha condotto sulla costa nord-occidentale del Paese centro-americano, nella regione del Guanacaste. Insinuandosi tra i malfermi finestrini spalancati di uno sgangherato autobus extraurbano della Tracopa bus, mi ha portato le fragranze dell’esuberante natura costaricense. Non si sudava, non si tossicchiava e si procedeva tranquilli come probabilmente avveniva sulle vie non ancora superstradate e autostradate dell’Italia di qualche decennio fa, del boom e dei successivi sboom.
Un tragitto durante il quale nessuno è finito abbrustolito o liquefatto per la temperatura esterna, che s’innalzava con l’approssimarsi del mezzogiorno. Qualche giorno dopo, per un tragitto un po’ più lungo, ho preso invece un autobus un po’ più avanzato, nella scala dell’evoluzione dei trasporti costaricense. Linea aerodinamica e filante, colori trendy e, soprattutto, un impianto di condizionamento dell’aria da brivido, nel senso più letterale possibile del termine. Si viaggiava di sera, stavolta, e fuori la temperatura oscillava tra i venti e i venticinque gradi. Non proprio un clima sahariano, si sarebbe detto. Una climatizzazione blanda, giusto per non far andare sprecato tutto il concentrato di tecnologia della refrigerazione di cui era dotato il bus, sarebbe stata più che sufficiente. Invece, no. La manopola è stata sapientemente (o sadicamente?) portata fino a raggiungere una decina di gradi di temperatura. Dieci gradi con maglione a collo alto e giubbottino termico sono una buona temperatura. In tenuta caraibica, lo sono un po’ meno. Anche nei giorni seguenti mi è capitato di prendere l’autobus extraurbano più evoluto della specie costaricense, perché quello più rudimentale non copriva la zona che m’interessava percorrere. Ebbene, secondo me, in alcuni casi si saranno raggiunte anche temperature inferiori ai dieci gradi. Nessuno si è comunque sognato di chiedere la clemenza del conducente, perché si capiva che il congelamento dei passeggeri doveva essere un punto d’onore per la compagnia Ticabus. Alla fine, mi sono ritrovato con una tosse invadente che mi ha accompagnato per diversi giorni e credo di non essere stato il solo, tenuto conto del tossicchiare a macchia di leopardo che ha fatto da sottofondo al viaggio.
Non ho fatto studi scientifici in proposito, ma mi è spesso capitato di notare che per molti Paesi beffardamente catalogati come in via di sviluppo, quest’ultimo – lo sviluppo- passa spesso attraverso il bocchettone dell’aria condizionata. Cinema, supermercati, furgoncini turistici, agenzie di viaggio, ovvero luoghi in cui bazzica una buona percentuale di turisti, sembrano fare a gara a chi riesce a raggelare maggiormente l’utenza. Certo, anche in Italia una certa tendenza al congelamento coattivo si fa strada, ma in misura per nostra fortuna minore. La Costa Rica è una nazione notoriamente “caliente”, com’è naturale per l’ubicazione geografica. La popolazione è portata alla cortesia per natura e quindi ho il sospetto che un po’ voglia scusarsi con il turista di passaggio, per i 30 o 35 gradi che si possono raggiungere in certe giornate. E’vero, fa caldo, penserà il premuroso costaricense, come si fa a costringere un ospite canadese, svizzero o statunitense del Colorado ad affrontare una tale calura? No, sarebbe uno sgarbo immeritato a chi ha deciso di spendere i suoi dollari a quelle latitudini. Sulle spiagge incantate e nelle giungle di questa felice nazione non c’è rimedio alla sudata calorica, ma qualcosa si può fare nel chiuso di un veicolo o di un locale pubblico. E allora, giù con dosi massicce di aria condizionata.
Ecco un tipico esempio di “crescita” – o presunta tale – infelice, mi viene da pensare. Bottegucce con le finestre spalancate ed efficaci pale ventilatrici al soffitto, autobus variopinti con quanti più finestrini spalancati, ristoranti con naturalissimi spontanei flussi d’aria fresca che s’insinuano tra il legno e la paglia di tavoli e soffitti, sarebbero verosimilmente ben apprezzati anche dal turista più insofferente al caldo, in verità. E allora…Cari costaricensi, ma anche panamensi, nicaraguensi e altre genti che mi avete con la vostra premura procurato vari principi di bronchite, indirizzo a voi un accorato appello. L’aria condizionata lasciamola ai locali alla moda della Cinquantesima Avenue della Grande Mela e dintorni. La decrescita può ben essere felice, si sa, ma una decrescita eccessiva delle temperature protratta nel tempo, alla lunga intristisce gli animi e intirizzisce i corpi.
testo e foto di Raffaele Basile
Anche i paesi “sviluppati” abusano dell’aria condizionata, basta andare negli USA per toccare con mano.
E anche dove lavoro qui a Roma abbiamo gli impianti centralizzati che sono sui 15 gradi. Immagina lo shock termico al quale è sottoposto un organismo che si ritrova da 15 gradi a 35 in pochi secondi, per non parlare della bronchite e dei dolori muscolari che ormai accompagnano un pò tutti da mesi…