Al supermercato (ovvero: ma chi ce lo fa fare?)

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   Un pomeriggio di fine giugno, saranno più o meno le tre meno un quarto. Mi trovo a passare davanti alle casse di un supermercato e vedo una scena. Lei, bionda, fisico atletico e molto asciutto, abbronzata e probabilmente palestrata. Vestita con un abbigliamento sportivo ma al contempo molto curato nei dettagli, sta pagando alla cassa: con la mano sinistra sta passando 20 euro alla cassiera tenendoli fra indice e medio, mentre con la destra sta parlando al cellulare. La cassiera prova a chiederle a bassa voce per non disturbarla: “Scusi, avrebbe mica 5 centesimi, così posso…”, ma non riesce nemmeno a finire la frase che la bionda, con fare indispettito e senza nemmeno degnarsi di rivolgerle lo sguardo le dice: “Si arrangi è mestiere suo, vado di fretta io!”. Chiaramente la cassiera “si arrangia” e fornisce alla cliente il suo resto sonante in monete, così la cosa si chiude lì.

  Ora, una considerazione, non sulla maleducazione  della bionda cliente, bensì una di altro genere. Secondo voi chi sta peggio delle due ragazze? La cassiera che si è sorbita l’inutile e gratuita cazziata dalla cliente (in parte ci avrà fatto il callo lavorando alle casse…), o quest’ultima che va così di fretta da non trovare nemmeno il tempo di rivolgere lo sguardo all’interlocutrice, per non parlare del gravoso gesto di cercare una pesantissima monetina da 5 centesimi nella borsetta?

 Se la scena descritta – che non è affatto inventata – vi risulta fin troppo familiare e affatto desueta, allora siamo arrivati ad un punto di saturazione che non ammette repliche. Gli impegni di lavoro ci costringono a ritmi così stressanti che dobbiamo far incastrare tutti gli impegni che ci siamo prefissi in spazi sempre più ristretti, o forse gli spazi sono gli stessi ma gli impegni sono sempre di più. Tutto ciò a detrimento dei rapporti umani ed interpersonali, che portano alla fine ad un peggioramento della qualità della vita, la stessa vita che paradossalmente si starebbe cercando di migliorare “sbattendosi” tutto il giorno. Dall’altra parte invece ci sono persone che lavoro non ne hanno e veramente non sanno come mettere insieme il pranzo con la cena: vie di mezzo niente. Onestamente, chi ce lo fa fare di dannarci tutto il giorno, se poi magari tuo figlio si rattrista perché non sei mai a casa e la domenica sei cotto?

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Nato nel 1969 a Pesaro, nel 1988 mi sono diplomato come Perito Turistico e nel ’93 ho completato un corso di Operatore di Marketing per PMI. Dopo quarant’anni vissuti sulla riviera romagnola, mi sono sposato e trasferito nelle Marche. Entrato molto presto nel mondo del lavoro (più per necessità che per scelta), ho avuto modo di notare con dispiacere che alla medesima domanda, ovvero: “Cosa serve per vivere?” una volta avremmo risposto “Un tetto, cibo ,acqua e la salute”, mentre ora semplicemente “Servono i soldi”. Questa triste constatazione mi ha fatto capire di essere sostenitore della decrescita già molto tempo prima di aver conosciuto il termine.

12 Commenti

  1. che dire? felice di essere fra quelli che il frigo mezzo vuoto non mi spaventa, che non rimpiangerò mai di non aver giocato abbastanza con mio figlio, che a cinquant’anni ho ripreso in mano la mia vita e ora sono felice di averlo fatto e di continuare a farlo, soprattutto … con molta calma … che un tramonto nel silenzio di un posto unico in Sardegna e forse al mondo, ad accarezzare le pietre e il cielo, non me lo ripaga neanche la mastercard del più ricco al mondo, del quale non me può importare proprio per nulla per nulla …
    namastè

    • Essendo padre da pochi mesi, anche io sto cercando di intraprendere un percorso simile, ma è una cosa che devo fare con calma, per evitare di contraddire troppo la mia dolce metà. Ultimamente anche in lei si è aperta qualche interessante “crepa”. Sono ottimista!

  2. Io lavoro in cassa in un ipermercato e, no, non mi è mai capitata, in 7 anni, un episodio simile. posso assicurare però che mi sono capitati centinaia (sigh! non esagero!) di episodi peggiori, di molto peggiori.
    Mi piace moltissimo la nota che descrive l’autore del post. Siamo sempre di più ea essere “decrescentisti”. È l’unica strada per salvare il salvabile.

  3. Concordo pienamente con la tua riflessione, ma vorrei farti notare che le persone maleducate esistono per molte altre ragioni che lo stress da lavoro, per esempio, la cliente in questione, avrebbe potuto sentirsi superiore alla cassiera per il suo aspetto fisico o perchè ricca e non ha mai lavorato in vita sua.

  4. L’episodio è davvero allucinante ma per quanto i ritmi di vita e di lavoro possano portarci a comportamenti non umani credo che in questo caso ci siano di fondo una indicibile arroganza, maleducazione e aridità morale che nessuna situazione di stress possono giustificare

  5. ciao mirko , anch’io lavoro in un supermercato e credimi , e’ il miglior modo per testare l’andamento della gente . E il mio commento non puo’ essere che negativo ( anche se credimi , moltissimi casi sono fortunatamente ancora ok ) . quello della bionda e’ soltanto uno dei tanti e credimi , tra i piu’ leggeri . ma la maleducazione e specialmente la convinzione da parte di certi che in quanto “consumatori ” ( bruttissimo termine poi , ma chi l’ha inventato ?) devono avere l’impossibile , mi rattrista parecchio e cosi’ , sempre piu’ spesso mi pongo anch’io la domanda . ma dove stiamo andando ?

    • Vedi, in fondo mi pongo la domanda di considerare alla fine chi delle due persone faccia un po’ pena… La bionda probabilmente è quella che alla fine rischia di essere più infelice, perché carica d’impegni che le tolgono tempo per sé e persino per considerare gli altri come persone e non ingranaggi della propria febbrile giornata iperlavorativa

  6. “siamo arrivati ad un punto di saturazione che non ammette repliche. Gli impegni di lavoro ci costringono a ritmi così stressanti che dobbiamo far incastrare tutti gli impegni che ci siamo prefissi in spazi sempre più ristretti, o forse gli spazi sono gli stessi ma gli impegni sono sempre di più”: così è scritto nell’articolo, tra l’altro. A mio parere però non è vero che abbiamo chissà quanti impegni, che non riusciamo a far stare nelle 24 ore che siamo sotto pressione ecc.ecc. La bionda che parlava al telefono intanto mancava di rispetto verso la cassiera che aveva davanti – che non è “carne da macello” con cui non interloquire cmq., metter via il cell.re quando si ha davanti una persona con cui trattare qualsiasi cosa è il minimo dovuto, anche se dalla biondona si può non aspettarselo vista la levatura – inoltre magari stava parlando dei fattacci suoi con l’amica/o di cose non così imprescindibili. Che abbiamo i tempi pressati e le giornate piene, che questa società pretende ecc. ecc. … grande falso storico, abbiamo premura di andare a casa e in pantofole veder la tv, abbiamo premura e ansia di parlare con questo o con quell’altro, di fare le ns. cosucce che, naturalmente, sono più urgenti delle cosucce altrui, ma il tempo per ciò che ci aggrada lo troviamo, dunque non ne abbiamo poco a disposizione per nnss. e per gli altri, basta volerlo.

    • Devo dire che sono in parte d’accordo con te. Dico in parte perché più spesso di quanto crediamo siamo noi stessi a volerci caricare di impegni, senza voler lasciare indietro nulla. Ecco perché nel titolo del mio articolo dico: “Ma chi ce lo fa fare?” D’altra parte però occorre osservare che siamo bombardati da una mole così devastante di stimoli che alla fine influenzano la nostra percezione delle cose.

      • Mirko, per me hai una posizione di fondo ripetuta in vari mssgg.: che siamo pressati, mille cose da fare, stimoli a cui andiamo dietro … basta non andarci dietro, non siamo mica tutti dei lapo elkann o dei letta (zio o nipote), supposto che davvero ‘sta gente abbia tanto da fare. Il tempo per pensare lo abbiamo, per riunirci con noi stessi (in assemblea, diceva una spettacolo di lella costa). Cos’è tutta la smania di sorpassare sempre e cmq. come avessimo ogni momento motivi di vita o di morte per correre? E’ solo ansia, insoddisfazioni di chi in realtà il tempo non lo sta passando bene, vittime di una società pseudo-sviluppata. Se qualcuno si vuole far “bombardare da una mole così devastanti di stimoli”, ahimé, è un consumatore debole. Poi arriva a casuccia, indossa le pantofolette e si mette in divano davanti alla tv … cara come sono stanco stasera, ho mosso miliardi, ho tot persone “sotto” di me, responsabilità, casini, cara mi prendi una birra in frigo? Cala trinchetto!

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