A scuola di pensiero con Donella Meadows #1

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Ho chiuso il mio ultimo pezzo su DFSN annunciando l’uscita di un articolo dove avrei riflettutto sulle trasformazioni culturali, sociali e politiche necessarie per una società costretta alla contrazione economica; purtroppo, per una settimana mi sono spaccato la testa sulla tastiera scrivendo e cancellando continuamente senza arrivare a nulla di costruttivo. In una delle tante, inutili pause alla ricerca di ispirazione, a un certo punto sono stato folgorato da un’idea per la verità molto banale: perché non limitarmi a riproporre un contributo su questi temi che mi abbia influenzato profondamente? Subito il mio pensiero è andato alla grandissima Donella Meadows – pionieristica scienziata del MIT facente parte del team di ricercatori che ha redatto I limiti dello crescita – e al suo articolo ‘Punti di leva: dove intervenire in un sistema’, una ventina di pagine che rappresentano un valido sunto di informazioni preziose ma troppo spesso ignorate: non una mera elencazione di supposte ‘soluzioni’, bensì una sorta di manuale su ‘come’ ragionare correttamente quando di mezzo ci sono i sistemi complessi.

Ho deciso di pubblicarlo a puntate su DFSN aggiungendo alcuni miei commenti personale al testo originale, inseriti tra parentesi in corsivo.

 

Punti di leva: dove intervenire in un sistema (Donella H. Meadows)

Pubblicato da Sustainability Insitute, 1999 (traduzione di Massimiliano Rupalti e Laura Rugnone)

Coloro che fanno analisi di sistema (“system analysis”) hanno una grande fiducia nei “punti di leva”. Questi sono luoghi in un sistema complesso (una ditta, un’economia, un corpo vivente, una città, un ecosistema) dove un piccolo spostamento di un dettaglio può provocare grandi cambiamenti in tutto il sistema.

Questa idea non è limitata all’analisi dei sistemi – è parte delle leggende più comuni:la bacchetta magica, la cura miracolosa, il passaggio segreto, l’eroe o il cattivo solitario che cambia il corso della storia. Il modo per saltare enormi ostacoli o attraversarli quasi senza sforzo. Non solo vogliamo credere che esistano i punti leva, vogliamo sapere dove sono e come metterci le mani. I punti leva sono punti di potere.

La comunità dei sistemi sa molte cose sui punti di leva. Coloro fra di noi che si sono formati col grande Jay Forrester al MIT, hanno assorbito una delle sue storie preferite. “La gente sa intuitivamente dove si trovano i punti sui quali far leva. Più di una volta ho fatto un’analisi di un’azienda e ho capito dov’era un punto di leva. Poi sono andato in quell’azienda e ho scoperto che tutti lo stavano spingendo nella direzione sbagliata!”.

(La ‘gente’ spesso ha percezioni errate della realtà – come temere molto di più di rimanere coinvolta in un attentato terroristico anziché in un incidente stradale, malgrado le statistiche parlino chiaro – ciò nonostante si rende perfettamente conto di crisi economica, disoccupazione, flussi migratori più o meno epocali, ecc. Tuttavia, più interessata a cercare le soluzioni invece che a indagare le cause, troppo spesso spinge per rimedi peggiori dei mali che vorrebbe curare)

L’esempio classico di questa intuizione al contrario è stato il primo modello del mondo di Forrester.

Interpellato dal Club di Roma su come siano legati e come potrebbero essere risolti i grandi problemi globali di povertà e fame, distruzione ambientale, esaurimento delle risorse, degrado urbano e disoccupazione, Forrester ha indicato un punto di leva chiaro: la crescita. [1]. Non soltanto la crescita della popolazione ma la crescita economica. La crescita ha costi e benefici ma solitamente consideriamo i costi – tra i quali ci sono la povertà e la fame, distruzioni ambientali eccetera – come l’insieme dei problemi che proviamo a risolvere con la crescita stessa. Ciò di cui c’è bisogno è invece una crescita più lenta e in alcuni casi, nessuna crescita o una crescita negativa.

I leader del mondo hanno localizzato nella crescita economica la risposta a tutti i problemi, ma stanno spingendo con tutte le loro forze nella direzione sbagliata.

(Perché la strategia che ha funzionato in passato non dovrebbe rivelarsi efficace anche oggi? Perché i paesi in via di sviluppo non dovrebbero prendere a modello l’Occidente? In tutti questi ragionamenti, il mondo è visto come un’entità che rimane immutabile nel tempo, malgrado gli enormi rivolgimenti – demografici ed ambientali – che hanno scosso il pianeta in pochi decenni, rendendo così impraticabili o addirittura dannose ‘soluzioni’ che a suo tempo avevano un loro perché)

Un altro classico di Forrester era il suo studio sulle dinamiche urbane, pubblicato nel 1969, che dimostrava come gli alloggi sovvenzionati a basso reddito siano un punto di leva [2]. Meno ce n’è e meglio sta la città – e meglio sta anche la popolazione a basso reddito. Questo perché gli alloggi sovvenzionati, senza un impegno equivalente nella creazione di lavoro per gli abitanti, sconvolgono gravemente il rapporto occupazione/alloggi di una città, incrementando in effetti la disoccupazione, i costi del welfare e la disperazione. Questo modello emerse quando la politica nazionale ordinava massicci progetti per la realizzazione di alloggi a basso costo.

Al tempo, Forrester fu deriso. Adesso quei progetti stanno fallendo di città in città. Forrester aveva ragione.

(Forrester con quarant’anni di anticipo aveva previsto le problematiche a cui sarebbero andati incontro progetti come le Vele di Scampia)

Anti-intuitivo. Questo è il termine usato da Forrester per descrivere i sistemi complessi. I punti di leva non sono intuitivi. O se lo sono, intuitivamente li usiamo al contrario, sbagliando sistematicamente qualunque problema stiamo tentando di risolvere.

(L’anti-intuitività dei sistemi complessi può ottenebrare persino menti acute come quelle di un ex-presidente del CNR. Fabio Pistella, in un articolo dal titolo eloquente (Se avessero informato Greta sulla realtà delle emissioni di CO2 forse il suo intervento all’Onu sarebbe stato più costruttivo e meno divisivo) ha accusato Greta Thunberg di essersi espressa, nel suo discorso all’ONU, in maniera troppo critica verso l’Occidente in quanto, numeri alla mano, ha calato sensibilmente le proprie emissioni climalteranti, mentre i giganti asiatici Cina e India le hanno aumentate esponenzialmente:

Così facendo però si ignora il carattere globalizzato e interdipendente dell’economia mondiale, tale per cui le attività industriali ecologicamente più impattanti sono state delocalizzate nei paesi emergenti per produrre soprattutto prodotti di esportazione per l’Occidente)

Gli analisti dei sistemi che conosco non hanno inventato nessuna formula rapida o facile per trovare i punti di leva. Quando studiamo un sistema, solitamente impariamo dove sono i punti di leva.

Ma come ci approcciamo a un nuovo sistema che non abbiamo mai incontrato? In tal caso le nostre contro-intuizioni non sono ancora ben sviluppate. Dateci alcuni mesi o anni per fare un’elaborazione e lo risolveremo. E sappiamo, per triste esperienza, che a causa della contro-intuizione, quando scopriamo i punti di leva di un sistema quasi nessuno ci crederà. Molto frustrante, specialmente per coloro fra noi che non desiderano soltanto comprendere i sistemi complessi ma rendere il mondo migliore.

(I sostenitori della decrescita ne sanno qualcosa!)

[1]  J. W. Forrester, World Dynamics. Portland, Oreg.: Productivity Press. 1971.

[2]  J. W. Forrester, Urban Dynamics. Portland, Oreg.: Productivity Press. 1969.

(continua)

3 Commenti

  1. Ho letto la prima puntata di questo articolo di Donella Meadow nonostante abbia letto l’intero articolo non so quante volte. Dell’articolo mi ha colpito (tra le tante cose) il riferimento a un pensiero di Ralph Waldo Emerson (che ho già utilizzato nell’ultimo articolo pubblicato su questo blog).
    Armando

  2. Llnkate tutte le puntate + originale sul sito dell’autrice nella mia bacheca FB. Un pensiero pessimistico, riguardo ai “leverage points”: come ogni altra cosa, possono essere usati per migliorare la situazione, ma anche per causare deliberatamente grandi disastri con piccolo sforzo. Penso all’attacco alle Torri Gemelle, ma anche alla recentissima uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani. Mi scuso della banalità del commento: e mi metto a leggere con calma il contributo della ricercatrice.

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