Non sono una fashion addicted, anche se in alcune occasioni provo gusto a scegliere con cura cio’ che mi metto addosso.
In passato, con mia sorella (http://businesswelove.wordpress.com/) ho organizzato eventi collegati alla moda. Tutti rigorosamente con delle caratteristiche precise: stilisti e sarti emergenti, made in italy artigianale, recupero dei materiali e riciclo creativo. Senza dimenticare i nostri ormai proverbiali swap parties, of course. Ammetto di aver anche acquistato capi di vestiario in alcune catene low cost.
Forse é per questo che gli ultimi tragici accadimenti legati al mondo dell’abbigliamento mi hanno colpita in modo molto forte.
Mi riferisco al crollo del palazzo in Bangladesh, che ha causato oltre mille vittime fra i lavoratori del tessile che cucivano capi per conto di grandi marchi occidentali, e agli altri due incidenti analoghi capitati ultimamente in simili contesti.
Voglio dirvi una cosa: non si puo’ far sempre finta di non sapere o di non capire.
Per aumentare i margini, le grandi aziende hanno da anni delocalizzato la produzione in Paesi dove non esistono normative sulla sicurezza, non esistono i sindacati, dove le condizioni di lavoro sono pessime. Le conseguenze sono la perdita di posti di lavoro nei Paesi d’origine, l’esportazione di un sistema di sfruttamento tollerato e la morte di migliaia di persone.
Tutto qui, non c’é nulla di difficile da capire.
C’é solo da portare queste considerazioni ad un livello consapevole ogni qualvolta stiamo per acquistare un vestito.
Se siamo persone, e non solo consumatori, possiamo scegliere di orientare il nostro consumo e non prescindere dal nostro sistema valoriale. Io provo a farlo.
Sono cosciente che ci sono cose cui non sono pronta a rinunciare.
Internet, ad esempio. Ma anche alla soddisfazione di indossare qualcosa di nuovo.
Intendo nuovo per me.
In effetti, in realtà spesso acquisto abbigliamento usato (adoro il Vestiriciclo di via Pellico a Pinerolo, dove facendo shopping si sostiene una buona causa) o scambio con le amiche; inoltre partecipo con soddisfazione anche a communities locali on line di baratto, tramite le quali conosco ragazze che come me sono felici di scambiare la giacca ancora perfetta di cui sono stufe con un foulard-griffato-regalo-indesiderato o una maglia che non hanno mai indossato.
Penso che ci siano realtà analoghe, reali e virtuali, in ogni città: provate a cercarle, si rivelano fonti preziose di capi particolari.
E, quando acquistate in modo tradizionale, se non potete prendere prima informazioni sulla società produttrice, fate sempre molto caso all’etichetta per capire dove é stato prodotto il capo ( ed anche ai materiali utilizzati).
Last but not least: guardate il vostro armadio con occhi diversi.
Forse non avete proprio bisogno di niente, se non di un po’ di fantasia per creare nuovi abbinamenti e personalizzare i vostri vecchi vestiti!
Foto: Nicoletta Napoli per Matteo Fantolini Photographer