Quello di cui abbiamo bisogno è una visione per il futuro, una nuova visione che favorisca la sostenibilità economica, ambientale e sociale, garantendo benessere e serenità per tutti.
Fino ad oggi abbiamo pensato che per unificare l’Europa bastasse costituire un parlamento, un consiglio, fare dei trattati commerciali, eliminare le dogane e creare una moneta comunitaria. Ma l’idea che abbiamo oggi dell’Europa, specialmente noi italiani, è assolutamente limitata e superficiale. Il continente europeo è formato da persone, da lingue, culture, religioni, popoli, minoranze, comunità: in una sola parola, dalla ricchezza derivante dalla diversità della vita. Noi oggi non conosciamo nulla dell’Europa. In Italia ancora molti confondono Budapest con Bucarest, pensano che non avere l’euro significhi non far parte dell’Unione Europea, nessuno sa quali sono i paesi che ne fanno parte, nulla riguardo alla storia, alle tradizioni, alla lingua, alla politica, alla cultura. Il sistema stesso ostacola l’integrazione e la conoscenza reciproca delle varie parti d’Europa, perché conoscere e condividere significa liberarsi dal dominio della monocultura del sistema.
La mia visione per il futuro dell’Europa è fondata sullo sviluppo regionale e macro regionale, dove gli stati-nazioni perdono la loro centralità. La regione europea diventa il fulcro, il perno dell’economia, della cultura, della socialità, l’interscambio tra regioni e macroregioni europee crea un arricchimento di tutta l’unione. L’economia globale, deregolamentata e spietata, lascia il posto all’economia di scala regionale alimentata da una moneta regionale e affiancata dalla moneta comunitaria per le transazioni comunitarie ed extracomunitarie. Un tale sviluppo rinvigorisce le risorse locali, favorisce il rispetto dell’ambiente e del territorio, valorizza le relazioni umane e con la natura, aumenta l’occupazione locale, rafforza la piccola impresa e l’artigianato, una rete di trasporti pubblici locali, l’agricoltura biologica e il turismo consapevole. Lo scambio culturale e la conoscenza reciproca tra tutte le regioni europee contribuisce all’allentamento delle tensioni tra differenti culture e minoranze ancor oggi presenti in molte parti del nostro continente. La Transilvania smetterà di essere rumena, o ungherese, riacquisterà la sua identità unica valorizzando le caratteristiche esclusive del luogo; così come la Macedonia, che non sarà più né greca né slava, e tutte le altre zone contese e con forti varietà culturali.
Nelle nostre scuole si studieranno le lingue europee, ogni persona conoscerà tre lingue, di cui almeno una tra quelle considerate “minori”; esisterà un canale televisivo europeo unico che mostrerà a rotazione le varie parti d’Europa in tutte le lingue, sottotitolate per regione; esisteranno progetti di studio e di lavoro all’estero obbligatori per tutti i giovani; esisteranno nuove materie di studio nelle scuole pubbliche come la sostenibilità, analizzata sotto ogni punto di vista, la cultura e la storia europea, le lingue, le filosofie orientali. Saranno le esperienze e le idee a viaggiare tra le regioni piuttosto che le merci, la collaborazione e lo scambio disinteressato prenderanno il posto della competizione e dell’aggressività. Molte delle grandi industrie e grandi multinazionali si sgretoleranno nella loro inutilità e nel degrado che smetteranno di apportare in tutto il mondo. Le scelte politiche e le decisioni amministrative saranno prese dai cittadini che parteciperanno direttamente alla vita istituzionale della propria regione. Il potere centrale, invisibile e dominante, l’influenza di un sistema economica-finanziario oscuro e crudele lasceranno il posto al dibattito e all’approfondimento tra le persone che naturalmente arriveranno a determinare il loro futuro.
La ricchezza della diversità e dell’interdipendenza, la collaborazione e il sostegno reciproco tra regioni unite sotto un unico sogno alimenteranno un cambiamento epocale inarrestabile.