[Appendici all’articolo “Biochar: il carbone che aiuta l’ambiente“*]
Come funziona una stufa a pirolisi
Tecnicamente parlando, la pirolisi è una “omolisi termicamente indotta”, un processo termochimico di decomposizione di materiali organici che avviene in assenza di ossigeno. Per il tipo di pirolisi che ci interessa, quello da cui si ottiene il biochar, si utilizzano biomasse vegetali: da qualsiasi tipo di pellet alla ramaglia di ogni sorta di alberatura, fino ai gusci di noci o altri semi, la pula dei cereali, persino fiori secchi. Se in una stufa riusciamo a separare la fiamma dal combustibile (la biomassa) possiamo ottenere una combustione “pulita”, le cui sostanze di risulta sono vapore acqueo, piccole quantità di monossido di carbonio e infine biochar al posto della cenere. Il modo più semplice per ottenere ciò è inserire nella stufa un cilindro metallico ben sigillato che faccia da serbatoio del carburante, con dei fori della misura giusta per rilasciare nella camera di combustione una quantità controllata dei gas ottenuti dall’esposizione della biomassa a temperature elevate (una corretta pirolisi si verifica attorno ai 400° C). In una stufa pirolitica di nuova generazione come la Lucia Stove, grazie allo sfruttamento della dinamica dei fluidi, il calore prodotto dalla combustione iniziale e la speciale conformazione delle piastre a iniezione innescano il processo. Una volta che questo si è avviato gli speciali ugelli della stufa creano una spirale a vortice (basato sulla geometria di Fibonacci) dal quale esce un gas fatto di idrogeno, metano e monossido di carbonio, e fa da “tappo” impedendo all’ossigeno all’ossigeno di entrare nella camera di pirolisi. La fiamma diventa azzurra poiché brucia solo gas. Utilizzando del combustibile con un’umidità inferiore al 30%, ad esempio pellet, possiamo così ottenere una combustione pulita, con un’efficienza attorno al 93% – contro il 7-12% di un fuoco aperto – e con la massima ritenzione di carbonio. Le emissioni di monossido di carbonio di una Lucia Stove sono di 66 parti per milione rispetto alle circa 1000 di una comune caldaia a gas. E l’aria degli ambienti interni viene persino filtrata e purificata, dato che viene risucchiata nella stufa passando attraverso i granuli di carbone vegetale ottenuti con la pirolisi.
Il Biochar in Italia
Nel Belpaese non si è ancora concluso l’iter normativo sulla certificazione e sull’uso del biochar, che al momento non rientra ancora tra gli ammendanti ammessi in agricoltura. Però si sono svolti numerosi esperimenti per testarne l’efficacia nel migliorare la qualità dei suoli. Le ricerche del CNR-Ibimet hanno testato tra il 2007 e il 2011 gli effetti dell’applicazione di biochar in agricoltura e nel vivaismo, rilevandone risultati molto interessanti e generalmente positivi: nella coltivazione del grano duro, ad esempio, si è registrato l’aumento della produzione di biomassa e di granella dal 29 al 39%, ma un aumento dell’umidità del suolo e della produzione è stato osservato anche con altre specie. Applicato in campo vivaistico ha permesso di ridurre l’utilizzo di torba mantenendo i livelli di crescita e riducendo i danni da salinità nelle piante. Un progetto triennale di ricerca finanziato dall’Unione Europea (EuroChar) studierà le effettive potenzialità di sequestro del carbonio nei suoli. In Veneto e Friuli Venezia Giulia, intanto, è stato avviato il progetto Carbomark, un “mercato locale dei crediti di carbonio” che permetterà di compensare le emissioni di CO2 grazie ai crediti ottenuti dalla produzione e dall’interrramento di biochar. Il compito che ci attende adesso è di superare a livello nazionale gli ostacoli e le reticenze per dare piena applicazione ad un mezzo straordinario per la mitigazione dei cambiamenti climatici e per implementare un’agricoltura senza petrolio.
Buongiorno Oliver, mi chiamo Raffaele e sono presidente di neo nata Associazione a Promozione Sociale, in quel di Santarcangelo di Romagna. Le nostre linee guida sono improntate sul mantenimento delle tradizioni e sulla conservazione dei prodotti tipici locali, sostenendo quelle piccole aziende attraverso uno specifico sistema di incremento misurato delle attività. Quindi siamo alla ricerca di persone che abbiano acquisito esperienza, o abbiano voglia di collaborare al progetto. La prima fase sarà quella di concentrarsi sulle scuole di tutti i livelli e di conseguenza ai genitori. Dalla tua scheda, si evince l’esperienza in questo settore e se può crearti interessare, noi saremmo lieti se vorrai essere anche solo un po curioso. Grazie, a presto ciao.
vorrei sapere se fornite stufe a pirolisi …e i costi.. grazie
Salve Antonella,
no, non vendo queste stufe (sarei in palese conflitto di interessi a scriverci un articolo non ti pare?); purtroppo non sono neanche riuscito ad acquistarne una nonostante ripetuti tentativi; mi è stato spiegato a suo tempo da Mulcahy della WorldStove (e io non mi sento di biasimarlo, anzi) che loro preferivano per il momento concentrare tutti loro sforzi per garantire alle popolazioni dei PVS la possibilità di implementare la propria produzione di stufe ad alta efficienza (vedi l’articolo collegato http://www.decrescita.com/news/biochar-il-carbone-che-aiuta-lambiente).
Ti posso solo suggerire di contattare l’associazione Fuoco Perfetto http://fuocoperfetto.altervista.org
e sentire da loro se c’è qualcuno che vende in Italia questo tipo di stufe, o addirittura imparare ad autocostruirla!…
Buon proseguimento.
Stufe a pirolisi su http://www.creerebbero.com
Salve mi chiamo Giovanni Giordano,sarei interessato a lavorare con le stufe a pirolisi Lucia Stove,come potete aiutarmi?dove trovo il materiale?attendo risposte
http://www.dohr-store.at/
Mah. In che anno siamo? Io sono nel 2017. Sono finito qui per caso e ho trovato questa faccenda della stufa pirolitica. Tempo fa ne ho ordinata una dalla blucomb, modello Elsa. Devo dire che non l’ho mai provata. Il manuale che la accompagna dice di non usarla in luoghi chiusi perchè i fumi tossici possono causare gravi danni alla salute o la morte…. perciò attenzione. C’è chi la utilizza con una canna fumaria, il problema è che quando si spegne emette una gran quantità di monossido di carbonio. Il suo utilizzo è quello di cucinare all’aperto utilizzando scarti di potatura, kernel o pellet. Deve trattarsi di materiale secco.
Angelo
Infatti ti trovi nel 2017 ed ancora utilizzi carbone per produrre elettricità, centrali atomiche con rendimento basso e pericolo di radiazioni, gas dall’estero pagandolo a peso d’oro, ecc, ecc.
Ne compri una non provi il funzionamento e ti permetti di giudicare, ricordati una cosa che le persone del passato vivevano non pensavano a distruggere il pianeta come fanno quelli di oggi.
Studiati il principio di funzionamento ma non solo leggendo ma anche effettuando esperimenti prima di giudicare, perché persone come te all’umanità non servono.
Daniele.
Intanto la stufa pirolitica non produce elettricità.
Poi di effettuare esperimenti non ci penso proprio, sono cose che devono fare i tecnici e gli scienziati.
La pirolitica va bene per cucinare nei paesi in via di sviluppo, in quanto riduce l’inquinamento domestico. Non si può pensare di tenere accesa una roba del genere per tutto il giorno in un ambiente chiuso, così, tanto per provare a scaldare.
Non sono un salvatore dell’umanità come sei tu. Spero solo che qualcuno non resti intossicato per niente.
Scusa Angelo, però te le vai a cercare.
Prima fai l’uomo del futuro, del 2017 per la precisione, e critichi un sistema che non hai ne studiato, ne provato … mentre tante persone (anche tecnici e scienziati) lo studiano e lo sviluppano … poi alla prima critica ti nascondi dietro è un dito e dici che non ne capisci una mazza … MA ALLORA EVITA COMMENTI, NO??
Io studio il principio della pirolisi da qualche mese e,nel 2019, mi sembra ancora un’ottima alternativa ad altri sistemi anche meno sicuri.
AD ESEMPIO: un camino può emettere molto più monossido e in piena combustione toglie moltissimo ossigeno all’ambiente, ragione per cui occorre una aspirazione d’aria dall’esterno, riducendo di molto lo stesso rendimento termico del camino … quindi devi consumare più combustibile … quindi inquini di più … una stufa a legna è un po’ più sicura, ma hai mai acceso l’aspirazione della cucina mentre la stufa si sta spegnendo?? Altro che nebbia!!
Una stufa a pellet è sicura al 100%, solo se installata con aspirazione dall’esterno, perchè praticamente lavora in camera stagna e i flussi d’aria di combustione e riscaldamento sono separati.
Ah, un ultimo consiglio: evita frasi ignoranti tipo “la stufa pirolitica non produce elettricità” perchè metti in evidenza dei TUOI limiti intellettivi e culturali che non giovano alla tua immagine.
SPIEGO: Quando usi il frullatore, non colleghi certamente la presa elettrica al sacco della carbonella o alla bombola del gas, ma OVVIAMENTE ad un impianto ELETTRICO, alimentato da una centrale TERMO ELETTRICA che trasforma COMBUSTIBILI (carbone, gas o biomasse) in energia termica, quindi in energia cinetica e infine in energia elettrica … ERGO, le tue lampadine vanno a Carbone o Gas o qualunque altra cosa produca calore … anche la PIROLISI.
Alessandro, indicami almeno un modello di stufa pirolitica da interno a norma e ti darò ragione. Altrimenti vorrà dire che sei solo uno dei tanti fuori di testa che ci sono in giro.
Vorrei capire perché usare il termine inglese biochar quando esiste quello italiano carbonella o carbone vegetale…
Usare un termine inglese che non solo è più diffuso ma ti dà la possibilità di essere indicizzato su motori di ricerca fuori dall’Italia offre più incentivi a chi scrive dell’autarchia linguistica.
Salve, vi invito nel mio gruppo su Facebook “stufa Pirolitica a pellet” sono già 3 anni che la uso in casa ed è disponibile.
Il risparmio economico è esagerato e non inquina.