Perchè si emigra?

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Se pensi che l’avventura sia pericolosa, prova la routine. E’ letale.

Paulo Coelho

Datemi un sogno in cui vivere, perché la realtà mi sta uccidendo.

 Jim Morrison

Questo articolo si inquadra nelle problematiche riguardanti il rapporto, molto complesso e contradditorio, fra risorse e popolazione e sulla necessità che diminuiscano sia la popolazione che i consumi pro-capite affinché non si vada incontro ad una catastrofe (anche se alcuni studiosi dicono che ormai i giochi sono fatti!).

Questo articolo affronta il problema dell’emigrazione in riferimento a due contesti specifici: le motivazioni all’emigrazione dei due protagonisti del film “Io capitano” di Matteo Garrone (che costituiscono la prima parte dell’articolo) e le motivazioni per cui a più riprese, a partire da due milioni di anni fa, diverse specie di popolazioni umane, a partire dal Corno d’Africa, si sono spostate sulla Terra raggiungendo financo i suoi angoli più sperduti! (seconda parte dell’articolo)

Sommario

Prima parte

1) Le motivazioni all’emigrazione nel film “Io capitano” di Matteo Garrone:

a) L’origine di questo articolo;

b) Le varie recensioni;

c) Considerazioni

Seconda parte

1) Le motivazioni all’emigrazione delle popolazioni umane preistoriche:

a) L’Homo è un migrante;

b) Perchè si emigra secondo la scienza ufficiale;

c) La ricerca dello “straordinario, il superamento della quotidianità;

d) Approfondimento sullo “straordinario”;

e) Homo estaticus

Prima parte

1) Le motivazioni all’emigrazione nel film “Io capitano” di Matteo Garrone

a) L’origine di questo articolo

Su Facebook leggo un commento a un post che riguarda il film “Io capitano” di Matteo Garrone. Il film narra di due ragazzi senegalesi che decidono di emigrare e di cui racconta le terribili disavventure a cui sono andati incontro (il film comunque si ispira a storie veramente accadute). Nel commento si fa riferimento ad alcune cose sulla situazione dei due protagonisti del film: si mette in evidenza come in precedenza, nel loro Paese, fossero dignitose le loro condizioni di vita, come fossero ben integrati nella loro comunità, come partecipassero all’attività culturale/artistica e che, per finire e collegarsi al tema del film, avessero sentito dei pericoli che avrebbero corso affrontando il viaggio.

La lettura di questo commento al film “Io capitano” di Matteo Garrone mi ha spinto a indagare per quali motivi i due protagonisti del film hanno deciso di emigrare (questo sarà l’oggetto della prima parte dell’articolo). Per quanto riguarda la seconda parte dell’articolo bisogna subito dire che le motivazioni delle migrazioni delle popolazioni preistoriche sono diverse dalle motivazioni delle migrazioni avvenute nell’epoca storica.

Una foto a cui siamo abituati: un barcone pieno all’inverosimile di migranti

Per quali motivi emigrano i due protagonisti del film di Matteo Garrone?

 “È proprio la possibilità di realizzare un sogno che rende la vita interessante.” (Paulo Coelho)

In questa prima parte si parlerà delle motivazioni all’emigrazione in riferimento ai due protagonisti del film di Garrone e si accennerà solamente ai motivi per cui si emigra in riferimento alla realtà odierna.

Per prima cosa ho cercato di individuare i motivi per cui i due protagonisti del film hanno deciso di emigrare (ripeto: le loro vicende si ispirano a storie realmente accadute).

Per raggiungere l’obiettivo di cui sopra ho letto alcune fra le molte recensioni al film che ho trovato sul WEB

b) Le varie recensioni

Vediamo gli elementi più importanti di una prima recensione che si trova al seguente indirizzo https://movieplayer.it/articoli/io-capitano-recensione_30542/

Nella recensione si parla dell’ “…epopea di due ragazzi senegalesi in viaggio verso l’Italia per realizzare i propri sogni.”

I due protagonisti del film :”… sono veramente due persone semplici: ascoltano la musica occidentale, indossano le magliette dei calciatori famosi, portano le Nike.

la voglia di inseguire le proprie aspirazioni è più forte di tutto: ai due cugini non basta semplicemente sopravvivere. Vogliono essere felici, realizzarsi.

….

il viaggio dei due cugini, pur essendo pericoloso, sembra quasi una favola…i ragazzi si ostinano a credere che ce la faranno, che andrà tutto bene. L’Europa è il loro Paese dei balocchi.”

Vediamo adesso gli elementi più essenziali di una seconda recensione che si trova sul WEB al seguente indirizzo https://it.ign.com/io-capitano/205355/review/io-capitano-la-recensione

“The african dream

….

Io capitano si prende il rischio di mostrare un Senegal povero ma felice, non dilaniato da guerre, carestie e da conflitti sociali.

…E allora come mai i due ragazzi se ne vanno? Non potevano farsi “aiutare a casa loro” e spendere diversamente i dollari guadagnati per pagare i trafficanti di uomini?                                                                                                No, perché Io capitano racconta la storia di due sedicenni normali, con gli stessi miti e le medesime aspirazioni dei propri coetanei: sono sogni preclusi per chi vive nel degrado fuori dall’Europa ma subisce comunque l’influenza, il richiamo e la fascinazione di modelli culturali simili. Seydou e Moussa si nutrono infatti di YouTube e pianificano un’esistenza da popstar nel “nuovo mondo”, dove s’immaginano a firmare autografi per i ragazzi bianchi.”

Vediamo adesso i significati più importanti del film riportati in una terza recensione (sul WEB all’indirizzo

https://www.mymovies.it/FILM/2023/IO-CAPITANO/PUBBLICO/?ID=1710754 )

“…

Io Capitano di Matteo Garrone …sul delicatissimo quanto urgente tema dell’immigrazione, ribalta la nostra prospettiva di spettatori occidentali, mettendo in scena una sorta di controcampo narrativo. Racconta una storia di migranti con lo sguardo di chi parte, con la visione di chi il viaggio lo vive realmente sulla sua pelle tra la sofferenza fisica e le ferite dell’anima. Senza retorica né pietismo, con una grazia e una poesia che arrivano al cuore.
Seydou e Moussa sono due cugini senegalesi, inseparabili. Due ragazzi normali, con le stesse speranze e ambizioni di un qualsiasi adolescente europeo: sfondare come musicisti e diventare famosi. Hanno una vita semplice, forti legami famigliari e solidarietà tra vicini. Una povertà tutto sommato dignitosa.
A differenza di migliaia di migranti che fuggono da guerre civili o carestie, Seydou e Moussa vogliono partire per inseguire un sogno, per realizzare le proprie aspirazioni. Sono disposti a tutto, ingenui e impavidi ai limiti dell’incoscienza, non credono ai racconti drammatici di chi “il viaggio” l’ha già fatto.
Il sogno diventerà un incubo. Il viaggio verso l’Europa si trasformerà in un’Odissea contemporanea, una Via Crucis tra fatiche disumane, inganni e violenze indicibili. Con “stazioni” terribili, prima i predoni del deserto, poi i centri di detenzione delle bande criminali libiche e, infine, l’allucinante traversata del Mediterraneo.

….. 
La grandezza di Garrone, uno dei pochi registi italiani con un respiro internazionale, è quella di riuscire a raccontare la realtà attingendo anche dall’immaginario onirico, da una dimensione fiabesca.
Non è un caso che il suo precedente film sia stato Pinocchio. Nell’assoluta verità della storia di Seydou e Moussa vi sono molti elementi in comune con la fiaba: le bugie, il miraggio del Paese dei Balocchi, i (tanti) gatti e le volpi incontrati nel cammino. D’altro canto, il segreto delle fiabe è proprio quello di raccontare con la simbologia la vita vera.

Il racconto si ferma davanti alla terraferma, prima che inizi quella sarabanda massmediatica che, ahimè, conosciamo bene. Non serve che ci raccontino cosa accadrà dopo, quello purtroppo lo sappiamo.“

Si termina l’esposizione degli elementi significativi del film con un’ultima recensione (sul WEB all’indirizzo https://www.sentireascoltare.com/recensioni/matteo-garrone-io-capitano/ )

“…

Nel suo ultimo e difficilissimo lavoro, Garrone sceglie consapevolmente di concentrarsi sul viaggio di due ragazzi che non scappano da nessuna guerra, da nessuna catastrofe naturale, ma che semplicemente maturano il desiderio di vedere il mondo, di diventare famosi e ottenere quello stesso successo che vedono riprodotto nelle varie stories e reels di Instagram e TikTok …. “

«I miei due ragazzi vengono da una povertà dignitosa, qualcosa come l’Italia degli anni Cinquanta, c’è il piatto a tavola e c’è questa capacità di relazione delle famiglie numerose, dove la sera ancora si raccontano storie, invece di stare attaccati ai cellulari. Ma c’è anche la voglia di accedere a un mondo che sembra ricco di promesse, di possibilità di realizzarsi nel lavoro, e di aiutare la famiglia per poi tornare in Africa. Le spinte sono tante, ma tra queste cose c’è anche il desiderio di conoscere il mondo. Sono giovani, no? E il settanta per cento degli africani sono giovani. C’è una domanda cui non sanno dare una risposta: perché dei loro coetanei possono venire liberamente in vacanza in Africa con un aereo, mentre se loro cercano di andare in Europa devono rischiare la vita su un barcone?». Matteo Garrone (da Il Venerdì di Repubblica)

Migranti che attraversano il deserto

c) Considerazioni

Dalla lettura delle parti più significative prese dalle diverse recensioni risultano chiare le condizioni di vita dignitose dei protagonisti nel loro Paese d’origine e risulta chiara la conoscenza che avevano dei rischi che correvano nell’intraprendere il viaggio.

Un aspetto che mi ha sempre stupito a proposito del fenomeno migratorio è l’enorme costo che si sostiene da parte dei migranti per pagarsi il viaggio: mi chiedevo come mai non utilizzassero quei risparmi per intraprendere iniziative economiche o d’altro genere nei loro Paesi di origine!

Dopo queste considerazioni si è vicini alla scoperta dei motivi per cui i due protagonisti del film hanno intrapreso il viaggio investendo tutti i loro risparmi.

Dalla lettura delle recensioni si ricava chiaramente il motivo: questi due ragazzi hanno semplicemente maturato “il desiderio di vedere il mondo, di diventare famosi e ottenere quello stesso successo che vedono riprodotto nelle varie stories e reels di Instagram e TikTok …”. Bisogna dedurre che molti di questi obiettivi dei due ragazzi non potevano essere conseguiti nel loro Paese d’origine.

Bisogna a questo punto fare una considerazione molto importante: le motivazioni dei protagonisti a intraprendere il viaggio del film si possono estendere a tutti i casi di emigrazione recenti o comunque avvenute in epoca storica?

Il fenomeno migratorio è sicuramente molto complesso perché ci sono casi in cui la gente fugge da situazioni di guerra, di persecuzioni, di carestie o da situazioni climatico/ambientali disastrose. A queste motivazioni bisogna aggiungere in ogni caso la motivazioni della possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita migrando in altre parti del mondo. In quest’ultimo caso a emigrare sono normalmente le persone che stanno meno male nel Paese di origine, e che, emigrando, vedono la possibilità di un miglioramento delle condizioni di vita.   

Penso però che le motivazioni simili o molto simili a quelle dei due protagonisti del film siano alla base di molti casi di fenomeni migratori, siano cioè alla base della ricerca da parte di tanti giovani di nuove prospettive che non riescono a trovare nei loro Paesi di origine.

(il fenomeno migratorio riguarda anche l’Italia visto che ogni anno 70/80 mila giovani abbandonano il nostro Paese [per una analisi più approfondita di questo fenomeno si veda il seguente sito WEB https://pagellapolitica.it/articoli/fuga-italiani-estero-numeri-grafici ])

La realtà è molto complessa e ci sono e ci saranno molti processi interdipendenti in atto.       I fenomeni migratori con le motivazioni dei due ragazzi del film di Garrone cesseranno solamente quando anche nei Paesi di partenza dei migranti si creeranno per molti giovani le prospettive per realizzare dei sogni. Allora non si vedrà più l’Europa e l’Occidente come un paese dei balocchi, come un miraggio e si percorreranno altre vie. Contemporaneamente avverrà che in Europa si metteranno molte restrizioni all’immigrazione oltre quelle già esistenti.                        Il nuovo fenomeno che potrebbe crearsi, che sicuramente sarà diverso da quello avvenuto in precedenza in altre aree del mondo, sarà sicuramente molto complesso con delle conseguenze sia sui Paesi di partenza che in quelli dell’Europa e dell’Occidente (la cacciata di francesi e americani da alcuni Paesi africani a favore di cinesi e russi potrebbe essere l’inizio di questo nuovo fenomeno).

Sullo sfondo c’è l’imponente incremento demografico previsto per l’Africa nei prossimi decenni e che sicuramente farà in modo che non ci sarà niente di scontato o di facilmente prevedibile per il prossimo futuro né per l’’Africa, né per l’Europa e né per il resto del Mondo.

Seconda parte

1) Le motivazioni all’emigrazione delle popolazioni umane preistoriche:

a) L’Homo è un migrante;

b) Perchè si emigra secondo la scienza ufficiale;

c) La ricerca dello “straordinario”, il superamento della quotidianità;

d) Approfondimento sullo “straordinario”;

e) Homo estaticus

a) L’Homo è un migrante

La storia delle varie popolazioni umane è caratterizzata da migrazioni, con motivazioni che potevano essere diverse volta per volta. Come è stato già detto probabilmente le motivazioni alle migrazioni delle varie specie umane che di volta in volta sono uscite dall’Africa sono diverse da quelle che hanno riguardato le popolazioni umane in epoca storica.

E’ bene partire dalle prime migrazioni delle popolazioni umane a partire da 2 milioni di anni fa.

Le migrazioni della specie sapiens del genere Homo, specie umana che compare nel Corno d’Africa circa 180-200 mila anni fa

Sotto sono riprodotti alcuni frammenti di due video, uno di Telmo Pievani, filosofo della scienza con interessi nel campo della biologia evoluzionistica e dell’evoluzione umana, e l’altro di Guido Barbujani, genetista con interessi nella biologia evoluzionistica e nella storia evolutiva delle popolazioni umane.

Come si vedrà il tema delle motivazioni alle migrazioni è affrontato quasi di sfuggita: ritengo non valide le ipotesi che timidamente vengono affacciate e in fondo all’articolo verranno proposte delle mie ipotesi in merito alle motivazioni alle migrazioni preistoriche!

Dice Telmo Pievani in un video che intende spiegare le migrazioni avvenute nel tempo profondo, quindi non intende spiegare le motivazioni delle migrazioni oggi, quelle che avvengono nel mondo contemporaneo, che sono fenomeni molto diversi.

“Le migrazioni ci hanno forgiato, ci hanno reso umani.

La scienza ha preso consapevolezza che la migrazione, lo spostarsi, il cambiare residenza, è un comportamento normale nell’evoluzione umana, estremamente antico, ed è ciò che ha plasmato la nostra mente, ciò che ci ha reso umani.

Un ruolo fondamentale nelle migrazioni è giocato dal clima. Circa 2,5 milioni di anni fa il clima inizia a variare incessantemente, con fasi glaciali e interglaciali. Variano le correnti marine, il mare si abbassa quando fa freddo e si alza quando fa caldo, variano le zone della terra coperte da vegetazione.  Per quanto riguarda l’Africa si è visto che quando sulla Terra fa molto freddo, durante le fasi glaciali, l’Africa si inaridisce mentre quando fa caldo diventa più verde, si espandono cioè le aree coperte da vegetazione.

Le specie umane quindi vivevano in un ambiente che cambiava in continuazione, con le fasce di vegetazione che si spostavano, con gli animali da inseguire. Un aspetto da tenere presente per comprendere le migrazioni riguarda il Sahara: in certe fasi è molto desertico e in certe fasi è coperto da vegetazione, con vallate fluviali molto ricche che attiravano molte popolazioni animali come ippopotami, coccodrilli, erbivori, ecc. e anche le popolazioni umane.

Le varie specie umane, che sono nate tutte nel Corno d’Africa, avevano il Sahara a ridosso, Non potevano spostarsi verso occidente dove c’era la foresta pluviale, invivibile, per cui le modalità di spostamento, i tracciati per spostarsi, erano lungo le coste e lungo i corridoi dei fiumi, attraversando il Sahara.

Quando iniziano queste oscillazioni climatiche si vedono degli essere umani che vanno verso nord, poi tornano verso sud, poi tornano verso nord e vanno verso il Mediterraneo e il Medio Oriente.

Il primo protagonista che compie la prima emigrazione e che esce dall’Africa è l’Homo Ergaster. Quindi siamo migranti da sempre, da quando è nato il genere Homo, visto che Homo Ergaster è la prima specie del genere Homo.

Le specie umane nascono tutte nel Corno d’Africa, nascono e rinascono più volte, e le migrazioni sono sempre partite da quella zona fra il Sahara, il Corno d’Africa e poco più giù. Scendevano verso il Sud Africa, salivano lungo il corso del Nilo, arrivano verso il Ma Rosso, il Mar Mediterraneo e poi entrano nel Medio Oriente.

Il Medio Oriente è il luogo di passaggio e di smistamento di tutte le migrazioni umane. Dal Medio Oriente si dipartono tre tronconi: uno va verso est, cioè verso l’Asia, l’India, la Cina, l’Indocina, l’Indonesia ecc. E’ una espansione che è avvenuta in diverse migliaia di anni. Quindi una popolazione africana, del Corno d’Africa, forse cinquanta-sessanta mila individui, in piccoli gruppi che si spostano velocemente e vanno a occupare territori per arrivare fin dove è stato detto. Degli altri due tronconi uno va verso nord, verso il Caucaso mentre l’altro va verso l’Anatolia, la penisola balcanica e l’Europa centro-meridionale fino alla penisola iberica.

Questa grande espansione ha una conseguenza: le popolazioni umane si frammentano, si disperdono e non vengono più in contatto l’una con l’altra. Si formano così nuove specie.

Quando i sapiens si sono espansi fuori dall’Africa hanno incontrato le specie umane che si erano formate in precedenza e frutto delle migrazioni precedenti.

Le popolazioni di sapiens, espandendosi in tutto il mondo, portano all’estinzione, sembra in modo non cruento, di tutte le altre popolazioni umane.

Quando le popolazioni di sapiens iniziano a uscire dall’Africa potevano avere una consistenza numerica di 50-60 mila, massimo 100 mila individui.

Il fenomeno migratorio è costitutivo della nostra identità di specie.”

Il video, dal titolo “L’evoluzione, una storia di migrazioni” è al seguente indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=fQerW_T07Ps

Nell’altro video dice Guido Barbujani

“Perché si emigra?

190 mila anni fa circa compare il primo sapiens in Etiopia.

Per 18/19esimi di questo tempo le popolazioni sono vissute di caccia e raccolta per cui seguivano e si muovevano di continuo per seguire le loro prede nei loro spostamenti. Le popolazioni potevano anche spostarsi perché costretti da qualche evento catastrofico.

In sostanza anche allora come oggi si emigrava per due motivi: perché si deve, perché non si riesce a stare bene nel posto dove si sta oppure perché si vuole andare a vedere cosa ci sta dietro la collina.

Per esempio le popolazioni umane spesso si spostavano fra terreni di caccia estivi e invernali; c’erano anche popolazioni che esploravano nuovi territori più ampi.

L’aspetto fondamentale era la mobilità. E’ in base a questa mobilità che l’umanità si spinge fuori dall’Africa e si espande negli altri continenti.”

Il video di Guido Barbujani dal titolo “Homo sapiens, una specie migrante” è al seguente indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=NS59SxIunsw

Si termina riportando un sunto della parte iniziale del video di Telmo Pievani di cui si è già detto:

“Una decina di anni fa una equipe di scienziati russi, zoologi e paleontologi, fa una scoperta incredibile; gli scienziati sono alla ricerca di mammut e nel perlustrare i territori che danno sul Mare di Kara (porzione meridionale del Mar Glaciale Artico, NDR), dove sfociano i fiumi Ob e Yenisey, fanno appunto una scoperta incredibile: trovano un giovane maschio di mammut, in piena salute, ben conservato e coricato di lato.                                                                             Gli scienziati cominciano a tirarlo fuori e scoprono così delle cose strane, delle cose mai viste a quella latitudine così settentrionale; si accorgono che tutte le ossa sono state incise, come se fossero state macellate (in effetti  il mammut è stato macellato), e, soprattutto, trovano  dei segni di uccisione di questo mammut lanoso (che era una bestia pericolosissima e quindi pericoloso avvicinarlo troppo) in punti molto particolari: è stato colpito con lance e frecce in posti molto sensibili, in punti nevralgici della fisiologia animale, in modo che l’animale perdesse molto sangue; gli scienziati vanno avanti nel lavoro e trovano le zanne fatte a frammenti e ogni frammento trasformato in una punta di lancia a sua volta. E’ stato scoperto in poche parole che questo mammut è stato cacciato, è stato ucciso in una battuta di caccia a cui hanno partecipato più individui, con una tecnica molto particolare che non era mai stata vista prima a quell’epoca ma che in realtà sappiamo che in seguito è stata usata dai cacciatori-raccoglitori molte volte: una preda grande e pericolosa vien colpita da lontano in punti nevralgici, lei sanguina, viene inseguita per lunghe distanze, per cui si indebolisce ancora di più e a un certo punto crolla e a questo punto le viene dato il colpo di grazia, tecnica usata dai cacciatori-raccoglitori.                                                                                                    Se il racconto finisse qua non ci sarebbe niente di strano. Se però questa notizia è stata pubblicata su “Science” una fra le più importanti riviste scientifiche al mondo è per un motivo ben preciso: quel mammut è stato cacciato 45 mila anni fa (la datazione è stata fatta con certezza). Questa data è molto prima dell’ultimo picco glaciale e il posto dove è stato trovato è più a nord di Capo Nord, in una zona dove adesso la temperatura più calda è -17 gradi centigradi e la temperatura media è fra -22 e -25 gradi centigradi. Questo significa che quasi 50 mila anni fa c’erano degli esseri umani che per prima cosa erano arrivati nelle zone di cui si sta parlando, e che poi là vivevano e cacciavano sulle coste del mare Artico in periodi più freddi di adesso, con temperature mediamente inferiori di 5-6 gradi rispetto alle temperature attuali.                                                                                                                       Queste popolazioni vivono in quelle zone, vivono in un’epoca antichissima, cacciano un mammut e utilizzano la carcassa senza sprecare niente, hanno mangiato tutto, hanno utilizzato tutto compreso le zanne che hanno utilizzato per fare strumenti. Quindi in quelle zone, in quei periodi ci sono degli umani che vivono, cacciano quindi capaci di organizzazione sociale perché per fare cose simili bisogna parlare, coordinarsi con gli altri, avere una intenzione, preparare anticipatamente l’azione, pianificare e immaginare insieme a tutti gli altri del gruppo.

Prima di questa scoperta si pensava che le popolazioni di sapiens fossero arrivate in queste zone circa 10-12 mila anni fa e inoltre dimostrerebbe ciò che si sospetta da tempo e cioè che questi cacciatori seguivano le mandrie di mammut e di caribù e che le mandrie nei loro spostamenti stagionali vanno verso est e quindi verso la Siberia orientale e anche verso l’America del nord, che allora era collegata con un ponte di terra, la Beringia. Quindi è da pensare che questi cacciatori siano stati i primi umani a popolare l’America del Nord e poi a colonizzare tutta il continente americano.

Un ultimo dato relativo a questa scoperta: la datazione è di 45 mila anni ma, come vi farò vedere tra poco gli esseri umani che siamo noi oggi, quelli che abitano l’Europa, l’Asia e anche le Americhe, siamo usciti dall’Africa, siamo tutti africani, siamo usciti dall’Africa circa 60-65 mila anni fa come si sa dalle molto precise analisi molecolari: questo vuol dire, se si fanno due conti, che dei  gruppi di africani, usciti pochi millenni prima dall’Africa, ancora con la pelle scura, sono arrivati sulle rive del mare Artico; sono come gli africani che abitavano nell’Etiopia, nel Kenia, nella Tanzania, ecc. . Come è stato possibile tutto questo? E’ chiaro che questi sono cacciatori, sono dei gruppi umani che hanno due caratteristiche fondamentali: la prima è la mobilità, si spostano di continuo, si spostano tanto e velocemente, per esigenze di caccia ma vanno a finire in posti che sono completamente diversi ai luoghi in cui sono nati. Immaginate quanto possa essere difficile per un essere umano che è nato poche decine o centinaia di generazioni prima in un posto come l’Etiopia e poi, appunto qualche centinaia di generazioni successive si trovi di fronte al mare Artico. Quindi grande mobilità e grande capacità di adattamento negli ecosistemi più diversi. E’ chiaro che se un gruppo umano di questo genere riesce a cavarsela lì significa che se la può cavare dappertutto, in un deserto, in mezzo ai ghiacci. Può fare quello che vuole. E’ la dimostrazione che c’è in giro una popolazione che ha una capacita di adattamento senza precedenti.”

Il link al video di Telmo Pievani è sempre lo stesso del precedente e cioè  https://www.youtube.com/watch?v=fQerW_T07Ps

b) Perché si emigra secondo la “scienza ufficiale”

Nei saggi e nei video che ho consultato (i cui autori sono studiosi di eccezionale spessore scientifico e culturale) ho notato la marginalità con cui si affronta il tema dell’emigrazione e anche l’inconsistenza delle tesi che sono proposte. Non sono un esperto per cui con molta umiltà esporrò delle diverse ipotesi in merito alle motivazioni alla migrazione da parte delle antiche popolazioni preistoriche!

Per quanto riguarda le migrazioni preistoriche ho visto alle volte affacciarsi timidamente spiegazioni come l’incapacità di un territorio di sostenere una determinata popolazione oppure che ci si spostava andando appresso alle mandrie di animali che si cacciavano per cibarsi della loro carne oppure per vedere cosa ci fosse dietro al collina che si stagliava all’orizzonte (quest’ultima spiegazione è quella che più si avvicina a quella che proporrò).

Faccio la considerazione che le migrazioni che hanno riguardato le popolazioni preistoriche erano caratterizzate dall’assenza di motivazioni che potremmo definire “materiali”: quali quindi le motivazioni?

Si anticipa la motivazione: il senso della vita umana è il superamento delle determinazioni spazio-temporali della vita quotidiana, in tutti suoi aspetti, dal suo stato di coscienza e dai vari elementi della sua cultura al territorio su cui vive.

Vediamo di entrare nel merito delle spiegazioni date dalla “scienza ufficiale”.

Una prima motivazione è che le popolazioni migravano per l’incapacità di sostenerle da parte dei territori su cui insistevano!

Vediamo alcuni aspetti che riguardano la prima migrazione di “sapiens” dall’Africa

  1. “…vi erano forse fra 20.000 e 100.000 persone – è una stima basata su dati molto fragili – nei luoghi in cui ha avuto inizio lo sviluppo dell’uomo moderno, in Africa o in Medio Oriente (o in entrambi i luoghi), all’incirca 100.000 anni fa;… alla fine dell’espansione a tutta la terra oggi abitata, circa 10.000-15.000 anni fa, vi erano intorno a cinque milioni di persone;”.  Luca e Francesco Cavalli Sforza, Chi siamo – La storia della diversità umana, Oscar Saggi Mondatori, 1995, pag. 232

Come si vede chiaramente i motivi per cui le popolazioni di sapiens si misero in cammino non dipese dall’impossibilità di sostenerli da parte del territorio su cui insistevano. L’Africa è un continente con una superficie di 30 milioni di km2, 100 volte maggiore della superficie dell’Italia: è difficile credere che non potesse sostenere una popolazione corrispondente a quella di una attuale piccola/media cittadina italiana! Per fare un paragone è come se in Italia ci fossero state, circa 100 mila anni fa, fra le 200 e le 1000 persone fra uomini, donne e bambini: è difficile sostenere che il territorio dell’Italia, circa 300 mila km2, non potesse sostenere una popolazione così numericamente insignificante.

La prima espansione dei sapiens dall’Africa iniziò circa 100 mila anni fa ma arrivò solamente nel Nord Africa e in Israele. I motivi di questa interruzione probabilmente dipese dalle rigide temperature esistenti in Europa che spingevano le popolazioni di Neandertal verso il Sud Europa e il Medio Oriente, impedendo ai Sapiens di procedere nella loro espansione.

In seguito, circa 73 mila anni fa ci fu la catastrofe di Toba: eruttò un vulcano sotto il lago di Toba a Sumatra in Indonesia. L’eruzione interessò tutta la Terra e portò a forti sconvolgimenti, riducendo fortemente le varie forme di vita e ovviamente anche le popolazioni umane.

Ma circa 60 mila anni fa, forse con una popolazione inferiore a quella esistente 100 mila anni fa, i Sapiens iniziarono di nuovo a emigrare e in poche decine di migliaia di anni raggiunsero ogni angolo della Terra “spodestando”, sembra non in modo cruento *, tutte le altre popolazioni umane (come i Neandertal, i Denisova e i Flores).

Un’altra spiegazione della “scienza ufficiale” è che le popolazioni seguivano le mandrie nel loro spostamenti.

Anche questa spiegazione è poco verosimile. In africa le popolazioni di cacciatori/raccoglitori seguivano le gazzelle, le antilopi, le zebre, ecc. nei loro spostamenti. Ma nei loro spostamenti non arrivavano nei territori di fronte al Mar Glaciale Artico! Inoltre nelle nuove regioni in cui arrivarono non c’erano gazzelle e zebre ma mammut, buoi muschiati e caribù.

Altre spiegazioni fanno riferimento alle forti mutazioni climatiche che hanno riguardato i periodi in cui sono avvenute le migrazioni e che sono viste come le motivazioni alle migrazioni stesse.

Nel video di Telmo Pievani si parla della caccia ai mammut nei territori antistanti il Mare Glaciale Artico da parte di popolazioni africane, ancora con la pelle nera, che qualche decina o centinaia di generazioni precedenti vivevano nel Corno d’Africa, fra l’Etiopia, il Kenya e la Tanzania. Le condizioni climatiche esistenti nei nuovi territori erano fra i -25 e i -30 gradi centigradi. E’ difficile immaginare delle condizioni climatiche così estreme esistenti in altri territori allora abitati ed è difficile pensare che in Africa non ci fossero territori più accoglienti dove vivere da parte di popolazioni che come specie si sono evolute propri in quei territori!!

Un’altra considerazione ancora                                                                               Uno dei rami in cui si ripartì la migrazione di sapiens sapiens proveniente dall’Africa, circa 30 mila anni fa raggiunse la Siberia. Il tratto di mare, lo stretto di Bering, esistente fra la Siberia e l’Alaska impediva di raggiungere il continente americano. Condizioni climatiche “favorevoli” resero possibile l’attraversamento dello stretto di Bering. Si era in piena glaciazione di Würm (iniziata circa 110 mila anni fa e terminata circa 10 mila anni fa), le temperature si abbassarono notevolmente, i ghiacci delle calotte polari si estesero, le catene montuose erano coperte da imponenti ghiacciai, molti territori erano coperti di neve e ovviamente c’era meno acqua in forma liquida e il livello dei mari era più basso di diverse decine di metri: ciò portò all’emersione dei fondali dello stretto di Bering, profondo qualche decina di metri. Furono queste condizioni estremamente rigide le condizioni “favorevoli” che portarono sparute popolazioni di sapiens a raggiungere il continente americano.                                                                                                                          Perché queste popolazioni non tornarono indietro? Avevano dietro di loro l’Asia, l’Europa e l’Africa, che, con forse 1-2 milioni di abitanti complessivamente, erano tre continenti immensi e praticamente disabitati.

Si impone quindi la ricerca della risposta alla domanda: perché le popolazioni umane migravano? (il riferimento è non solamente alle prime popolazioni di sapiens ma a tutte le specie umane uscite dall’Africa in precedenza)

– Necessario approfondimento visto il tema dell’articolo (la scomparsa delle altre specie umane al comparire della specie Sapiens)

                                                                                                                                     “A un certo punto le varie specie umane esistenti sulla terra (le specie di Neandertal, di Denisova, di Flores, gli ultimi Heidelbergensis, forse alcuni Herectus, ecc.) scomparvero in occasione, ma non solo, della grande espansione di un rivale: il Sapiens. Quali i motivi della scomparsa delle altre specie e quindi della esistenza sulla Terra solamente della specie Sapiens?  

I sapiens competevano con le altre specie per le risorse e si è verificato quel fenomeno chiamato “esclusione competitiva”. La specie Sapiens entra negli stessi territori occupati dalle altre specie: entra in “simpatria”, significa che si crea una situazione per cui non possono coesistere due specie che occupino la stessa nicchia ecologica, cioè che vivano nello stesso modo, che facciano le stesse cose in natura, che mangino le stesse cose, che abbiano gli stessi ritmi di vita. E’ successo che nel tempo, nell’arco di alcuni millenni se non decine di millenni, alcune specie si sono andate via via “asciugando” per poi estinguersi mentre la nostra specie, il Sapiens, ha invaso il mondo.”

Quella di sopra è la trascrizione di quanto dice Giorgio Manzi nell’ultima parte del video dal titolo “Sulle tracce dell’evoluzione umana” rintracciabile al seguente indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=ySSgYJ3Vq-g

c) La ricerca dello “straordinario”,  il superamento della quotidianità

Ciò che consentì alle varie popolazioni di diverse specie umane di uscire fuori dall’Africa e di raggiungere varie zone dell’Asia e dell’Europa e, infine, le Americhe e l’Oceania  e ogni angolo della Terra, furono certamente le “acquisizioni” in termini di maggiore intelligenza e la sempre maggiore padronanza del fuoco (essenziale questa seconda qualità per la colonizzazione delle zone fredde oltre che per l’importante passaggio dal “crudo” al “cotto”) ma “Vi sono molte ragioni che fanno pensare al linguaggio come motivo fondamentale”*, anche se le due cose sono strettamente interdipendenti. 

*(Luigi Luca Cavalli Sforza, L’evoluzione della cultura, 2004 Codice edizioni, Torino, pag. 29

                                                                                                                             Il problema però non è ciò che consenti alle varie popolazioni di diverse specie umane di espandersi fuori dall’Africa e raggiungere territori lontanissimi, ma il motivo per cui lo fecero!


La ricerca delle cause delle migrazioni umane avvenute a partire da due milioni di anni fa, partono dalla considerazione che il senso della vita umana è la ricerca e sperimentazione dello straordinario, del superamento, in tutti i suoi aspetti, della “ordinarietà” della vita quotidiana, dagli stati di coscienza ai diversi valori culturali e al territorio/ambiente in cui vivevano le varie popolazioni. 

L’uomo cerca lo straordinario, in tutte le sue forme e a qualunque costo!! La ricerca dello straordinario, in tutte le sue molteplici forme, è la ragione d’essere dell’uomo, è il suo atto costitutivo!

In passato ho fatto un lavoro su questo argomento e a cui ho dato il titolo “Il futuro straordinario”: in questo lavoro, tra l’altro, ho definito i concetti di “straordinario” e di “ordinario” (il lavoro è raggiungibile col seguente link: http://www.decrescita.com/news/il-futuro-straordinario/ )
E’ opportuno però riprendere in modo sintetico i concetti più importanti espressi in quel lavoro, magari integrandoli e variandoli per connetterli al tema specifico di questo lavoro.
Prima di definire lo “straordinario” viene definito l’”ordinario”: per ordinario si intende, in prima battuta e per esemplificare, la vita degli animali, cioè una vita che può venire meno, sia come individui che come specie, per tante cause e in ogni momento e (strettamente connesso a quanto appena detto) in cui non sono soddisfatti adeguatamente e per tempi più lunghi possibile i propri bisogni.
Quindi cosa si intende per “straordinario”?
Per straordinario si intende il continuo superamento delle quotidiane determinazioni spazio/temporali.  

Più specificatamente cosa si intende quindi per straordinario? (in particolare il riferimento  è alla specie sapiens, a cui appartengono tutte le attuali popolazioni esistenti nel mondo).                                                                                                                                             Per straordinario si intende ciò che l’uomo ha cercato, contemporaneamente e dialetticamente, con l’attività economica (con cui si ottengono beni e servizi con cui soddisfare il più adeguatamente possibile e per tempi più lunghi possibile alcuni bisogni umani); è ciò che l’uomo ha cercato con la religione (con cui si cerca un rapporto col sacro, con qualcosa che va oltre l’ordinario, con qualcosa appunto di straordinario); è ciò che ha cercato con la pittura (con cui si cerca la bellezza, che è una forma di straordinario: si cerca la bellezza nella natura, tramite la natura e andando oltre la natura; si pensi alle pitture rupestri, risalenti a decine di migliaia di anni fa, delle grotte paleolitiche spagnole, francesi, del nord Africa e dell’Australia); lo straordinario è ciò che l’uomo ha cercato con altre arti (con cui si creano altre situazioni straordinarie [per es. con la musica, con il canto, con le danze]); è ciò che l’uomo ha cercato con le droghe (il cui uso è attestato da molti millenni e con cui si fa esperienza di condizioni psico-fisiche straordinarie); è ciò che ha cercato con le tecniche ascetiche e con varie altre modalità.                            Molti di questi modi di raggiungere lo straordinario sono stati utilizzati contemporaneamente: si pensi alla religiosità che impregna l’attività economica (non è un caso che quando viene messa la prima pietra di una opera di una certa importanza, oppure che viene varata una nave, alla cerimonia sia sempre presente un alto esponente della Chiesa), si pensi all’arte che impregna le chiese (dipinti, sculture, architettura della stessa chiesa, canti e musica durante le funzioni religiose) o all’uso di droghe durante le cerimonie religiose oppure all’uso di bevande alcoliche e marijuana durante i concerti rock o di altre droghe nelle discoteche).                                                                                                     Nella ricerca dello straordinario bisogna aggiungere il bisogno di conoscere tutto ciò che lo circondava e, quindi, cosa ci fosse oltre l’orizzonte che vedeva tutti i giorni.

– La ricerca dello straordinario nell’Isola di Pasqua

E’ conosciuta l’Isola di Pasqua per il disastro ambientale e umano a cui andò incontro alcuni secoli fa.

Tutto dipese dalla patologica costruzione di moltissimi Moai e di quanto a esso connesso come le piattaforme su cui sistemarli, le strade per trasportarli dalla cava fino alla destinazione vicino al mare, le risorse per nutrire tutti coloro che erano addetti a queste attività e altro ancora.

I Moai, grandi statue scolpite nelle cave sulle colline e poi trasportate e sistemate su apposite piattaforme

Jared Diamond nel suo saggio “Collasso. Come le società scelgono di morire o di vivere” cerca di spiegarsi il motivo per cui gli abitanti dell’Isola di Pasqua si “fissarono” nella costruzione dei Moai.

“…le popolazioni del Pacifico che abitavano su terre molto isolate dedicavano le loro energie, le loro risorse e i loro sforzi al commercio con i popoli vicini, oppure alla conquista, all’esplorazione e alla colonizzazione di altre isole o all’emigrazione verso altri territori; questi sbocchi, invece, erano preclusi agli abitanti dell’isola di Pasqua a causa del loro isolamento. Mentre i capi delle altre isole del Pacifico potevano competere tra loro in prestigio e posizione sociale sfidandosi in vari modi, “i giovanotti dell’isola di Pasqua non sapevano come passare il tempo”, per dirla con le parole di un mio studente.”*

*Jared Diamond, Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere, 2005 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino, pag. 107

Questo passo di Diamond mette in evidenza la relazione, l’interdipendenza e, in questo caso, la fungibilità delle varie forme di straordinario.

A proposito della vicenda dell’Isola di Pasqua consiglio la lettura di un mio saggio in merito, pubblicato sul blog di Decrescita felice social network e raggiungibile col seguente link  http://www.decrescita.com/news/la-ricerca-dello-straordinario-i-moai-dellisola-di-pasqua/ )                                            

Sembra però che adesso, almeno in riferimento alla maggioranza della popolazione del mondo sviluppato, a svolgere un ruolo importante nella ricerca dello straordinario, nel superamento della piattezza della vita quotidiana, oltre ai classici modi, siano il consumo per il consumo, il raggiungimento della bellezza dell’aspetto esteriore, il gioco d’azzardo, la pornografia, il possesso di animali da compagnia, il tifo sportivo, il consumo di alcolici e droghe e altro ancora. (ma non è questo il tema di questo articolo!)

L’obiettivo dell’uomo quindi è il continuo superamento della piattezza delle determinazioni spazio-temporali della vita quotidiana, da quelle che mettono in forse la continuazione della specie a quelle che impediscono un adeguato soddisfacimento dei bisogni alimentari e di buona salute e, per concludere, a quelle che portano più intimamente alla modificazione delle determinazioni spazio-temporali con tutte le modalità che sono state indicate.

Come è stato detto i motivi che resero possibile le emigrazioni di cui sopra furono una maggiore intelligenza, lo sviluppo di un linguaggio sempre più articolato, la sempre maggiore padronanza del fuoco, ecc., ma se non ci fosse stato quel fuoco più potente che, comunque sia avvenuto, si era impadronito della sua mente (cioè la ricerca dello straordinario in tutti i suoi aspetti) l’uomo sarebbe rimasto nella sua culla, nella Rift Valley, in Africa, come fecero tante altre specie animali!!

La ricerca dello straordinario non è fine a se stesso. Come il sacro, separato e superiore al profano, è indirizzato e feconda il profano stesso, così lo straordinario, superiore e separato dall’ordinario, è a esso indirizzato. Lo straordinario feconda la vita ordinaria trasformandola, facendola alzare di livello, andando oltre le ordinarie determinazioni spazio/temporali.

Forse si ha l’idea che le popolazioni dell’età della pietra  o comunque le popolazioni cosiddette “primitive”, fossero sempre in eterna lotta per la propria sussistenza e che non fossero in grado di pensare e creare lo straordinario, nelle sue varie forme, e con cui poi fecondare la realtà ordinaria in modo da elevarla.
Diceva il grande antropologo Claude Levi-Strauss: “In Il totemismo oggi e in Il pensiero selvaggio, per esempio, ho cercato di mostrare come questi popoli, che siamo soliti considerare asserviti alla necessità di non morire di fame e di mantenersi robusti solo per sopravvivere in condizioni materiali durissime, siano perfettamente capaci di pensiero disinteressato, siano cioè mossi dal bisogno o dal desiderio di capire il mondo intorno a loro, la natura e la società. D’altra parte per raggiungere questo scopo, essi impiegano strumenti intellettuali, proprio come farebbero un filosofo e anche, in certa misura, uno scienziato.” *

*Claude Levi-Strauss, Mito e significato, il Saggiatore, Prima edizione Net, marzo 2002, pag. 30                                  

Le popolazioni primitive, che praticavano la caccia, la pesca e la raccolta, avevano molto più tempo libero (e stavano decisamente in migliori condizioni di salute) rispetto alle popolazioni che poi praticheranno la coltivazione delle piante e la pastorizia. E, probabilmente, pensavano e praticavano lo straordinario sicuramente più di oggi! 

d) Approfondimento sullo “straordinario”

Da “Gli allucinogeni nel mito” di Giorgio Samorini                                                                                                  “Alcuni comportamenti accompagnano l’uomo da sempre, ovvero da quando egli è “diventato” uomo, e, in un certo qual senso, lo caratterizzano e lo definiscono. Ad esempio, l’uomo produce arte, è mosso da un impulso artistico che lo accompagna sin dalle sue origini. Ne abbiamo una dimostrazione considerando la datazione delle rappresentazioni artistiche, ritenute più antiche, che sono giunte fino a noi: pitture preistoriche rupestri localizzate in Tanzania e in Australia, datate attorno ai 45.000-40.000 anni (una data “vicina” a quella generalmente attribuita all’ultimo, in ordine cronologico, degli Ominidi, l’Homo sapiens).
Questi atavici comportamenti umani – tra cui l’impulso artistico -¬ possono essere considerati come “costanti comportamentali”, che continuamente rinnovano il divenire dell’uomo. Si tratta di impulsi comportamentali irreprimibili, che si manifestano all’interno della società degli uomini, senza distinzione di razze o popoli: sono comportamenti trans-culturali.
Un’altra di queste “costanti” è la tendenza dell’uomo a cercare, attraverso i più disparati metodi, di modificare il suo stato di coscienza ordinario, allo scopo di vivere esperienze psico-fìsiche in altri stati mentali; stati mentali che, per loro natura, sono possibili e “naturali” nel medesimo modo in cui riteniamo “naturale” lo stato di coscienza in cui ordinariamente conduciamo la nostra esistenza. Tale considerazione risulta avvallata dall’atavicità insita nell’impulso a vivere questo tipo di esperienze, e dalla loro insopprimibilità, storicamente accertata. La storia del rapporto fra l’uomo e i suoi stati modificati di coscienza, dimostra come questi siano in stretta relazione con un’altra importante “costante” umana: l’impulso religioso. Non può essere casuale il fatto che, presso tutti i popoli, i rapimenti estatici e di transe – considerati fra gli stati più elevati della coscienza – vengano culturalmente interpretati come fenomeni di squisito carattere mistico, spirituale, religioso. Anzi, è da ritenere che l’origine del rapporto dell’uomo con gli stati modificati di coscienza sia direttamente connessa alla nascita del suo impulso religioso. V’è anche chi ritiene che, nella storia del genere umano, la coscienza sia apparsa originalmente come quello che viene ora chiamato lo “stato mistico di coscienza”. Ciò spiegherebbe il motivo per cui i mistici parlano di una “età dell’oro” in cui le visioni mistiche erano molto comuni.”
 *

* Giorgio Samorini Gli allucinogeni nel mito; Nautilus C.P. 1311
10100 Torino – 1995, pagg. 7-8

 Da “Le droghe degli dei – veleni sacri, estasi divine”  di Philippe De Félice

“Il fatto è che l’istinto di conservazione non è il solo al quale l’uomo obbedisce. La tendenza dell’essere a perseverare nell’esistenza, l’istinto di sopravvivenza che governa il mondo animale, si scontra con un’altra tendenza, più imperiosa ancora: quella che lo spinge a liberare i limiti che sembrano essergli stati assegnati e a cercare esso stesso al di là di ciò che è.
Il proprium dell’uomo è di restare nel perpetuo travaglio del trascendimento di sé. Questo tratto che lo caratterizza spiega tutto quello che tende ad aumentare il suo potere, ad ampliare le sue conoscenze, a raggiungere la bellezza, a far penetrare in lui una vita più ricca e intensa dalla quale intuisce ciò che è la vita divina.
Ciò che gli prova che non si inganna nel cercare di elevarsi al di sopra di se stesso è la gioia che prova ogni volta che ha coscienza di esservi giunto.”
 *

* Philippe De Félice, Le droghe degli dei – veleni sacri, estasi divine” © ECIG · EDIZIONI Culturali Internazionali Genova
Edizione 1990, pagg. 310-311

L’uomo cerca di arricchirsi di tutte le forme di straordinario e si termina con una citazione di Karl Marx:

 “L’uomo ricco è colui che ha bisogno della totalità delle manifestazioni dell’esistenza umana, l’uomo che sente la propria realizzazione come una necessità interiore, come un bisogno”.*

*Karl Marx Manoscritti economico-filosofici del 1844

d) Homo estaticus

Estatico: ETIMOLOGIA voce dotta recuperata dal latino medievale estaticus, derivato dal latino cristiano exstasis, prestito dal greco ékstasis ‘estasi’, a sua volta dal verbo existánai, derivato di histánai ‘stare’ col prefisso ex- ‘fuori’.

(dal sito  https://unaparolaalgiorno.it/significato/estatico )

 (informo che non conosco né il latino né il greco)

Con quest’ultimo paragrafo si conclude questo lungo articolo riguardante le migrazioni umane: si conclude insistendo sulla particolare interpretazione sul fattuale comportamento umano come fin qua è stato detto!

La considerazione che ho tratto dal concreto comportamento delle varie specie umane è che è caratterizzato dal vivere in un continuo stato di estasi, in una continua esigenza di uscire fuori, dall’andare oltre la ordinarietà della vita quotidiana, di non appiattirsi sull’ordinario: è caratterizzato dalla ricerca dello straordinario, in tutte le forme in cui può presentarsi, è il superamento della routine (come dice Paulo Coelho)

Questo significa per le varie specie umane andare oltre le consuete determinazioni spazio/temporali, significa uscire fuori dal territorio dove hanno abitato per millenni, andare oltre le tecniche produttive utilizzate per decine di millenni, adottare valori culturali diversi da quelli adottati per decine di millenni, andare oltre lo stato ordinario di coscienza con la ricerca del sacro, con la pittura, con la musica, con le danze, con le droghe, ecc. Le popolazioni di sapiens sono sorte fra i 180 mila e i 200 mila anni fa nel Corno d’Africa (Etiopia, Somalia, Kenya, Tanzania); hanno abitato per molte centinaia di generazioni in Africa; avevano un consistenza numerica variabile ma di pochissime decine di migliaia di individui fra uomini donne e bambini, in un continente di 30 milioni di km2;  hanno vissuto nelle savane cacciando gazzelle, zebre, bufali, ecc.: se a un certo punto, circa 60 mila anni fa, piccoli gruppi di queste popolazioni decidono di uscire dall’Africa e, dopo alcuni millenni, questi piccoli gruppi sono già nei territori che danno sul Mare Glaciale Artico a cacciare animali pericolosissimi come i mammut, con temperature fra i -25 e i -30 gradi centigradi, significa che, per usare una espressione popolare, questi Sapiens “erano proprio fuori”. Per usare una espressione “scientifica” bisogna dire che erano sotto l’effetto di un “rapimento estatico”, che li portava continuamente a uscire dall’ordinario, dal quotidiano, dalla routine (come dice Paulo Coelho)!

Fonte foto:

La foto del barcone è presa da la Repubblica

La foto degli uomini nel deserto è presa da Avvenire

L’immagine della carta con le migrazione della specie Sapiens è presa da httpsnormalman55.wordpress.com20131226flussi-delle-migrazioni-umane-dallafrica

La foto dei Moai sulla piattaforma fu presa da httpwww.easyviaggio.comcileisola-di-pasquada-visitare

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Sono nato in Lucania nel lontano 1951 e abito a Bologna da circa trent’anni. Ho sempre avuto interesse, da più punti di vista, verso i “destini” (sempre più dialetticamente interconnessi) dell’umanità: da quello dei valori culturali che riempiano l’esistenza a quello delle condizioni materiali di vita (dall’esaurimento delle risorse naturali ai cambiamenti climatici, ecc.). Ho visto nel valore della “decrescita” un punto di partenza per dare un contributo alla soluzione dei gravi problemi che l’umanità ha di fronte.

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