Lo ammetto, non sono un grande esperto di teatro; le rare volte che ho assistito a uno spettacolo teatrale ne sono uscito tendenzialmente annoiato, con un sapore di già visto in bocca, di artefatto, come alla fine di una storia di cui sin dall’inizio si conosce il finale. Poi, un po’ per caso e un po’ per curiosità, mercoledì scorso mi sono recato con un amico ad assistere a uno spettacolo teatrale inserito nella cornice di un piccolo spazio all’aperto nel centro della mia città, sul retro di una chiesetta: il titolo era “Saldi di fine ragione”, scritto e recitato da Alberto Gamberini.
Avendo letto il sunto del monologo sul depliant di presentazione, sapevo che avrebbe per lo meno stimolato il mio interesse.
Il depliant recitava:
“Spettacolo centrato sulle vicissitudini dell’essere umano nel suo vivere la realtà quotidiana, spesso frenetica, a tratti nevrotica, piena di urgenze e soluzioni prese all’ultimo minuto. In tutto questo correre incessante può capitare di perdere la percezione di sé e del proprio pensiero […]. Ma ecco arrivare “La Penisola che non c’è”, il luogo ideale che ognuno di noi può creare nella propria immaginazione. Una terra democratica che […] si potrebbe concretamente realizzare solo quando ogni individuo sarà capace di cambiare se stesso partendo dalle piccole cose.”
Insomma – ho pensato – il classico polpettone filosofico buono negli intenti ma assolutamente soporifero nella realizzazione. E invece mi sbagliavo, perché il lavoro di Gamberini non solo non era noioso, ma addirittura divertente, pur conservando intatta la profondità del messaggio di cui parlava la presentazione. Tutto, dalla recitazione al testo, dalla mimica all’accompagnamento musicale, mi ha affascinato, tanto da spingermi a contattare l’autore per un’intervista.
Questo è ciò che ci siamo detti (intervista del 15/07/2012):
Il tuo ultimo spettacolo si intitola “Saldi di fine ragione”, monologo scritto e recitato da te. Ce ne vuoi parlare?
E’ uno spettacolo che “nasce” all’incirca un anno fa. Mi trovavo in tournèe con la Compagnia Teatrale Paolo Poli e attraversavamo un periodo di debutti molto intenso, con continui spostamenti da una città all’altra. Era anche un periodo di forte tensione sociale a causa di una politica sempre più lontana dalla realtà quotidiana delle persone ed incapace di confrontarsi sui principali temi della vita sociale. Ovunque andassi avvertivo un mormorio comune: tutti si erano stancati di questa presa in giro istituzionalizzata.
Così ho iniziato ad analizzare concretamente ciò mi accadeva attorno e da lì è nato il progetto. Uno spettacolo di teatro-canzone (con l’appoggio di Andrea Gipponi come autore e arrangiatore delle musiche ed Emanuela Sabatelli in cabina di regia) che cerca di ricostruire la storia di un trentenne incapace di sviluppare un pensiero poiché smarritosi in una società alienata, il cui unico imperativo è correre. Un “viaggio” scritto attraverso i criteri di una tragedia greca: partendo da un prologo (lo smarrimento dell’Io) e passando per episodi come quello di Charlie il Matto (un uomo che non riesce più a muoversi dal suo divano perché colpito da un forte senso di nausea) e Vladimiro (un attore in crisi perché non riesce a divulgare il suo teatro), si arriva all’epilogo finale, all’invettiva dell’emblematico Professore, con l’Individuo che, ricostruita la propria identità, sarà anche in grado di recuperare il Pensiero, rendendosi così conto che attraverso gli anni ha sempre accettato tutto a buon mercato, senza mai opporsi concretamente, ma solo lamentandosi.
In “Saldi di fine ragione” parli di una “penisola che non c’è” – utopica ma raggiungibile – che si potrà concretamente realizzare solo quando ogni individuo sarà capace di cambiare se stesso partendo dalle piccole cose. Il protagonista del tuo spettacolo alla fine ci riesce, dopo un percorso interiore piuttosto travagliato. Credi vi sia qualche possibilità anche per le persone reali?
Assolutamente sì, altrimenti non avrei neanche portato in scena “Saldi di fine ragione”. Ho molta fiducia nelle specie umana, l’unica capace di adattarsi alle molteplici situazioni della vita. Considero la storia come un susseguirsi di eventi ciclici in cui l’uomo ha già dato dimostrazione negli anni di saper affrontare e superare momenti di eclissi socio-culturale. Così come c’è stato un Rinascimento, sono convinto che arriverà un Rinascimento Post-Moderno. Però, come tu giustamente sottolinei, il percorso per raggiungere “La pensiola che non c’è” è travagliato, poiché ciò che risulta essere difficile all’Uomo, oggi come oggi, è prendere coscienza di quello che si è, del proprio ruolo all’interno della società, cercando di capire che prima di criticare occorre osservare se stessi e rendersi conto che per realizzarsi davvero bisogna sapere condividere. Un’idea, un pensiero, la parola, non sono mai complete se non si confrontano con le opinioni di un’altra persona.
Quale funzione può assolvere il teatro e più in generale l’arte in tutto questo?
Una funzione vitale. Il progresso storico può essere incentivato se alla base vi è una comunità acculturata. Ogni cambiamento sociale o invenzione scientifica si realizza anche attraverso lo sviluppo della conoscenza. Credo che tutto ciò che esiste ha un suo punto di partenza e di fine (quest’ultimo è da considerarsi non come arrivo, ma come punto d’inizio di qualcosa d’altro); solo l’energia non si crea né si distrugge, ma si trasforma. Quindi l’Arte può aiutare a divulgare il Sapere, arricchire le persone, alimentare sinergie, alchimie, rendendoci sempre più artefici e reali protagonisti del nostro momento storico e non più succubi di un sistema autoritario fintamente democratico.
Il fine che i tuoi personaggi puntano a raggiungere e la via che percorrono per farlo (i piccoli passi alla ricerca del proprio io e della facoltà di pensare criticamente) si avvicinano molto ai fini e ai metodi proposti dai vari movimenti che propugnano una Decrescita Felice. Ti senti in qualche modo vicino a tali movimenti o si tratta di una semplice coincidenza?
In realtà si tratta di una semplice coincidenza. Ammetto di essere un po’ estraneo alla tecnologia informatica, conosco poco il mondo del WEB e tutte le realtà annesse come quelle dei blog, ma non mi stupisce avere punti in comune con la Decrescita Felice. I temi che trattate appartengono a quel famoso mormorio comune di cui ti parlavo precedentemente. Chi riesce ad ascoltare attentamente questo brusio ha il dovere di divulgarlo con l’intento di poter trovare una risposta democratica. Il vostro è un ottimo lavoro.
Il tuo teatro è riflessione, comicità e musica. Ci vuoi parlare del tuo approccio al teatro e delle tue fonti di ispirazione?
Ho frequentato per diversi anni una scuola di recitazione a Milano, Campo Teatrale, dove mi sono diplomato nel 2004. Pochi mesi dopo entravo a far parte del mondo professionistico dello spettacolo, grazie ala Compagnia Teatrale Paolo Poli che mi propose il mio primo contratto d’attore. Entrare giovanissimo in una compagnia di primaria importanza è stata una delle più grandi fortune della mia vita (oggi Alberto Gamberini ha appena 29 anni, ndFT). Poli è un grande maestro del nostro teatro, eclettico, capace ancora di stupire e scandalizzare.
In seguito ho cercato di coniugare l’esperienza maturata nella compagnia con la passione sfrenata che da sempre coltivo per Giorgio Gaber. Purtroppo non ho mai avuto la fortuna di vederlo dal vivo, ma sono cresciuto ascoltando i suoi brani, le sue prose, soprattutto grazie ai miei genitori che hanno seguito Gaber fin dagli esordi al Piccolo e successivamente al Lirico (quest’ultimo un evidente esempio di realtà culturale trascurata passata quasi sotto silenzio nell’indifferenza generale).
Così mi sono affezionato al teatro-canzone, un genere che dopo il “maestro” Giorgio non ha più avuto molto seguito smarrendosi negli anni. Il mio umile personale tentativo è di rivitalizzare questa forma di comunicazione teatrale, che affronto con grande entusiasmo poiché la reputo ancora capace di poter trasmettere – attraverso una sinergia di musica e testo – una risata intelligente, una critica sociale e una reale possibilità di riflettere col sorriso.
Per finire una domanda dedicata a chi volesse assistere a “Saldi di fine ragione”. Sono previste delle repliche? Puoi darci delle date e dei luoghi?
La domanda più difficile. Per ora il progetto è stato inviato a diversi teatri italiani, che mi auguro abbiano modo di valutarlo meritevole di replica. Al momento nulla di concreto, rimango in “trepida” aspettativa…
Comunque chi fosse interessato può tenersi aggiornato tramite il mio profilo Facebook, dove vengono pubblicate tutte le date degli spettacoli.
Mi sono avvicinata al teatro circa 4 anni fa perchè ho sempre sognato di recitare. Nella vita faccio tutt’altro e, forse, proprio perchè sono così immersa in questa realtà, cerco di evadere. Ma, in verità, non è un’evasione, sto imparando, col teatro, a vivere meglio la mia realtà. Ho avuto un bravo maestro (Michele Beltrami) che mi ha insegnato molto, oggi ho scoperto un altro personaggio incredibile: Alberto. Ho visto lo spettacolo e ne sono rimasta affascinata. Non sono certo un critico d’arte, posso solo trasmettere le mie sensazioni: far ridere e riflettere contemporaneamente è una miscela vincente, almeno per me. Spero di convincere Emanuela, al prossimo laboratorio teatrale, a farmi provare uno dei tuoi pezzi (sempre che tu non abbia nulla in contrario), vorrei tanto mettermi alla prova!! Bravo Alberto!!!