Genova 14 agosto 2018 ore 11.36.
Le risate di chi va verso la vacanza, la stanchezza di chi suo malgrado ancora lavora nel caldo torrido.
Un boato, e il ponte si ripiega su se stesso.
43 morti, 11 feriti, 600 sfollati.
Siamo nel nord di un paese avanzato, dotato di infrastrutture moderne, efficienti. Il meglio di ciò che ha creato l’uomo. Il progresso.
Ogni tragedia in cui ricorrano cause antropiche ci ricorda l’ineluttabilita del nostro essere nulla: l’uomo non è Dio, è infinitamente piccolo, non può avere il controllo su tutto.
E quando non si tratta della monnezza in piloni in cemento che di armato non hanno nulla, o di freni tolti per non fermare le funivie e non perdere incassi, ci sono i controlli che non controllano, le manutenzioni procrastinate per risparmiare, gli imprevisti, gli incidenti.
Un incidente.
E dunque si ripropone il dilemma se non sia meglio che stia “nel suo”, se non sia meglio che pratichi sostenibilità, financo decrescita.
L’uomo oggi costruisce enormi palazzi e ponti mastodontici, ma è una semplice mamma che da sempre “costruisce” un bambino.
La Natura è tutta qui, ed è Lei, se sappiamo rispettarla e adoperare ciò che ci dà, a dettare i ritmi, tempi e modi di ciò che si può o non si può fare.
In ricordo di Camilla, Emanuele, Claudia e Andrea e di tutte le vittime del crollo del Ponte Morandi.