Al tempo dei cosiddetti movimenti no global, ricordo bene come si cercasse spesso un relatore di origine ebraica per avanzare legittime critiche allo stato di Israele senza ricevere le scontate (e patetiche) accuse di antisemitismo. Per la stessa ragione, viste le reazioni isteriche che provocano in molte persone gli argomenti che vado a trattare, sento la necessità di pubblicare copia del certificato attestante la mia vaccinazione anti-Covid, avvenuta tra l’altro impiegando il primo lotto AstraZeneca ritirato in Italia dopo alcune reazioni avverse. Comunico inoltre che mi sottoporrò regolarmente al richiamo già programmato.
Dopo essermi parato opportunamente le terga, entro finalmente nel vivo del discorso. Immagino che tutti conoscano per sommi capi i fatti che hanno portato prima alla sospensione e poi alla successiva riabilitazione del vaccino AstraZeneca in Italia e altri paesi europei, se ricostruisco parzialmente la cronaca degli eventi è perché mi occorre per chiarire meglio la mia opinione non tanto riguardo alla faccenda in sé (ampiamente di dominio pubblico), ma intorno a quanto ci rivela sui rapporti tra politica, scienza, opinione pubblica e media.
Repubblica, in una ricostruzione mai smentita, rivela che la decisione italiana di sospendere il vaccino dell’azienda anglo-svedese sia successiva a una telefonata intercorsa tra il presidente del consiglio Draghi e la cancelliera Merkel, la quale avvisava dell’imminente stop in Germania dopo le preoccupazioni espresse dal Paul Ehrlich Institute (l’agenzia del farmaco tedesca). A differenza dell’omologo Spahn, il ministro della salute Speranza ha preferito non metterci la faccia sul provvedimento, lasciando completamente la palla all’AIFA. Un atteggiamento a mio parere molto vile con cui ha messo non poco in imbarazzo l’agenzia, che fino a quel momento si era espressa con grande fermezza sulla sicurezza del vaccino e che improvvisamente ha dovuto fare dietrofront.
Il 15 marzo, sul sito Web dell’AIFA viene pubblicato questo scarno comunicato:
L’AIFA ha deciso di estendere in via del tutto precauzionale e temporanea, in attesa dei pronunciamenti dell’EMA, il divieto di utilizzo del vaccino AstraZeneca Covid19 su tutto il territorio nazionale. Tale decisione è stata assunta in linea con analoghi provvedimenti adottati da altri Paese europei.
Ulteriori approfondimenti sono attualmente in corso. L’AIFA, in coordinamento con EMA e gli altri Paesi europei, valuterà congiuntamente tutti gli eventi che sono stati segnalati a seguito della vaccinazione.
Nella sua stringatezza, se non altro rivela informazioni sufficienti per confutare alcune prese di posizione che hanno imperversato specialmente sul Web. Tra le più ricorrenti:
“Tutta colpa dell’Europa” – L’EMA non si è mai pronunciata in favore di una sospensione cautelare, ragione per cui Belgio e Croazia, ad esempio, hanno continuato imperterrite a vaccinare con il prodotto finito sotto l’occhio del ciclone. Il nostro governo ha deciso autonomamente per lo stop scegliendo di imitare la condotta della Germania.
“Tutta colpa del popolo somaro suggestionato dal terrorismo mediatico” – Questa argomentazione molto alla Burioni, per così dire, ha tenuto banco, ma nel comunicato dell’AIFA non c’è alcun riferimento a eventuali annullamenti degli appuntamenti per la vaccinazione o alla ritrosia generalizzata verso AstraZeneca. Inoltre, se lo scopo fosse stato davvero di tranquillizzare la popolazione, non avrebbe avuto granché senso la sospensione, atto che ovviamente ha finito per assecondare le fobie e non certo per rassicurarle. In ogni caso, a conti fatti le disdette sono state molto limitate, circa 1 su 10.
A ciò si sono aggiunte le polemiche all’insegna del “E allora la pillola?“; sui social network sono comparsi come funghi meme di questo tenore: “Una breve riflessione sui numeri: Casi di trombosi Astrazeneca 11 in 1.200.000. Casi di trombosi per pillole anticoncezionali di ultima generazione 8-12 ogni 10.000”.
Quest’argomentazione, sostenuta anche da molti medici, in apparenza sensata dimostra in realtà la completa ignoranza della presa di posizione del Paul Ehrlich Institute. In un comunicato diffuso sul suo sito Web, è stato chiarito come la preoccupazione non fosse verso trombosi ‘generiche’, bensì per casi anomali di ‘trombosi del seno venoso cerebrale’, una patologia molto rara che si riteneva essersi presentata in modo anomalo tra la popolazione vaccinata tedesca (casi attesi 1, casi verificati 6) e di cui non si poteva escludere la responsabilità del farmaco anglo-svedese. Di conseguenza, tutte le argomentazioni ‘scientifiche’ che si appellavano alla la pillola anticoncezionale erano pura lana caprina.
Tra l’altro, un gruppo di ricerca dell’ospedale universitario di Greifswald ha indagato i campioni di sangue delle persone soggette a trombosi cerebrale, scoprendo evidenze che possono correlare la patalogia al vaccino, fornendo così indicazioni utili per prevenire tale complicazione. Alla fine, come noto, l’EMA in data 18 marzo ha ribadito la sicurezza del vaccino AstraZeneca, di cui è ripresa regolarmente la somministrazione in tutta Europa, con alcuni distinguo come quello francese dove si è deciso di riservarlo agli over 55.
Tutta la vicenda mi sembra, francamente, l’ultimo capitolo di un asilo mentale in cui siamo oramai intrappolati da mesi, contraddistinto dal desiderio collettivo non di un farmaco più o meno efficace, bensì di un vero e proprio miracolo, prodotto in tempi record e sicuro al 100%, capace di riportarci senza colpo ferire all’era pre-Covid.
Abbiamo voluto credere al prodigio e l’abbiamo infine ottenuto, fidandoci di case farmaceutiche non propriamente note per la loro moralità quando ci parlavano di trials dai risultati strabilianti (con i quali facevano il pieno in Borsa) e promettevano dosi per tutti in abbondanza (per poi iniziare da subito la litania del ‘taglio produttivo’ e scoprire che, contrariamente agli impegni pubblici, hanno venduto vaccini anche a soggetti privati). Fior di virologi hanno rassicurato sulla sicurezza dei nuovi ritrovati prima ancora delle somministrazioni, gente come il povero Crisanti ha subito linciaggi mediatici solo per la legittima richiesta di disporre di qualche dato in più per elaborare una scelta ponderata.
Alla luce di quanto accaduto, sarebbe il caso di tornare con i piedi per terra e soprattutto di essere onesti con noi stessi. Non disponiamo di alcun ‘miracolo’, bensì di un ritrovato che, essendo un parto della scienza umana e non della sapienza divina, non è e non può essere perfetto, pensando poi anche alle tempestiche accelerate per darlo alla luce. A parte effetti collaterali e lentezza nel produrlo e distribuirlo, l’ISS nelle sue ultime raccomandazioni contro le varianti del Covid ha ammonito sulla possibilità che la vaccinazione non protegga a sufficienza nei confronti della malattia asintomatica (infezione) e che, quindi, i soggetti vaccinati possano ancora acquisire SARS-CoV-2, non presentare sintomi e trasmettere l’infezione ad altri.
Preso atto di ciò, sarebbe bene estendere l’analisi critica oltre l’emergenza Coronavirus per comprendere una problematica ben più vasta che vede coinvolti scienza, sviluppo tecnico e società, al fine di estirpare tutte le ‘finzioni dell’intelletto’ (come le chiamava Leopardi) al riguardo. Aggiungerei, anche per tenere comportamenti più consapevoli e meno ignavi, a tutti i livelli.
Nei mesi scorsi, la parola d’ordine era ‘accelerare le procedure’ per un’approvazione dei vaccini già decisa a prescindere, una valutazione contraria non era prevista e non sarebbe stata accettata (allo stesso modo, oggi è praticamente scontato che lo Sputnik prima o poi sarà impiegato anche nella UE). Erano ‘sicuri al 100%’ perché dovevano esserlo, perché volevamo che lo fossero (il mantra della ‘fiducia nella scienza’ rispecchiava tale atteggiamento, non certo qualche improvvisa predilezione verso il metodo sperimentale). Perché di mezzo c’era la tenuta sociale di una popolazione stremata dai lockdown che non si faceva scrupoli a firmare al volo consensi informati dove si avvisava sulla mancanza di informazioni sugli effetti a lungo termine, causa l’impossibilità di sperimentazioni sul lungo periodo.
Chi ha criticato il blocco di AstraZeneca ha parlato di ‘scelta politica’, ma di fatto anche la riabilitazione dell’EMA presenta un carattere ‘politico’, proprio come tutta la procedura di approvazione, perché ansie, paure e aspettative della popolazione hanno ricoperto un ruolo di primo piano, non meno dei dati prettamente scientifici che talvolta, considerati nell’astrattezza del loro probabilismo, possono dire tutto e niente. E’ inevitabile e persino ragionevole tale commistione di variabili, altrimenti ci ritroveremmo con una sfera tecno-scientifica del tutto avulsa dalla società che dovrebbe servire e, in un certo senso, sua antagonista. Due cose, invece, non sono proprio ammissibili.
La prima è pretendere miracoli da soggetti che non sono divinità e mantenere atteggiamenti eccessivamente egocentrici, capaci però di degenerare in paure collettive. Non ho mai apprezzato la retorica della guerra in relazione alla pandemia, troppo congeniale per sdoganare comportamenti autoritari, ma è evidente che non stiamo vivendo tempi normali (non solo per il Covid, per la verità). Di fronte all’incubo di una società in perpetuo regime di semilibertà priva di contatti fisici, ritengo che sia doveroso eventualmente mettere in gioco anche la propria vita personale, se necessario per un un bene più elevato, qualora i rischi da correre non richiedano un coraggio da Enrico Toti (e non mi pare il caso). E un piccolo atto di ‘eroismo’ che, specialmente chi come il sottoscritto si trova nella fase discendente della sua parabola esistenziale, deve fare pensando alle generazioni future.
In secondo luogo, bisogna anche finirla di appellarsi strumentalmente alla ‘scienza’ per rendere insindacabile e inattaccabile il proprio punto di vista. Da molto tempo, gli scienziati-influencer preferiscono assecondare la seconda delle loro mission e anteporre le ‘strategie comunicative’ all’analisi obiettiva della realtà, qualsiasi sia l’oggetto di discussione: il risultato è che finiscono per comportarsi in maniera più simile a degli strateghi di marketing che a ricercatori.
Se il mantra ripetuto ossessivamente ‘i vaccini sono sicuri’ è abbastanza comprensibile per la necessità di sintetizzare al massimo un condensato di informazioni difficilmente comprensibile ai non specialisti, non è invece altrettanto accettabile la volontà deliberata di bollare come ‘antivaccinismo’ qualsiasi osservazione critica. E’ deprecabile il modo in cui sono state trattate le constatazioni del Paul Ehrlich Institute (tra le pochissime veramente rigorose nel perenne scontro estremistico no vax vs ultravax), esulando dal merito e distorcendo ad arte le argomentazioni, comportamento a cui si sono prestati non solo virologi improvvisati del Web ma anche fior di studiosi. I quali, così facendo, sfruttano ingenuità e ignoranza della gente comune né più né meno dei no vax, poco importa che sia per una buona causa.
Pertanto, oltre a reiterare per la milionesima volta che ‘il rischio zero non esiste’, ammettiamo un quadro realistico dovuto all’eccezionalità della situazione e piantiamola di tirare in ballo a sproposito pillola anticoncezionale, viagra, ecc. Anche perché il controllo della propria fertilià o il recupero della capacità erettile sono problematiche personali ben diverse dal compiere un gesto (la vaccinazione) enfatizzato, a ragione, come atto non solo verso se stessi ma per l’intera società.
Soprattutto, ammettiamo senza imbarazzo il carattere politico di certe prese di posizione. Perché solo la Politica è capace di creare uno spazio comune in grado di mediare costruttivamente tra tecno-scienza, mass media e società. Ma la pandemia, da questo punto di vista, sta portando allo scoperto una crisi politica non meno grave di quella sanitaria.
Devo confessare, Igor, che a volte fatico a decifrare la tua strategia di comunicazione.
Parti con l’esibizione del tuo vaccino Astrazeneca, che hai potuto fare, suppongo, in quanto appartenente ad una categoria a rischio, quella degli insegnanti. Poi tutta la seconda parte del tuo articolo si dedica ad una sacrosanta critica della propaganda pro-vax dominante, propaganda che si appella al feticcio delle incontrovertibili ragioni della scienza e che vorrebbe spazzar via qualunque tipo di obiezione rispetto all’efficacia dei vaccini e ai rischi connessi alla somministrazione.
Per la mia sensibilità (e forse in parte anche per la tua) è in atto una specie di crociata da guerra santa che avviene sotto gli stendardi che recitano più o meno“i vaccini sono l’unica arma che ci tirerà fuori dalla pandemia, chi non concorda è un infedele”.
Quindi, sempre dal mio punto di vista, io avrei preferito una maggior sottolineatura delle incongruenze insite nella campagna pro-vax, ovvero, solo per citarne alcune:
– la Danimarca (che mi risulta far parte dell’Europa) ha sospeso la somministrazione AstraZeneca per 3 settimane
– nessun ente, né EMA, né AIFA, né ISS, per non parlare poi delle aziende produttrici, è in grado di sbilanciarsi riguardo alle controindicazioni nel lungo periodo.
– non esistono certezze che i vaccini siano in grado di immunizzare rispetto alle varianti del virus
– non esistono certezze che i vaccinati non possano essere portatori sani, seppur (pare) con carica virale ridotta
– non esistono certezze sui tempi e sulla quantità di anticorpi generati dal vaccino, che tradotto vuol dire che è possibile che un vaccinato venga contagiato con sintomi, e che probabilmente tempi e quantità variano sensibilmente da soggetto a soggetto.
– esistono invece protocolli terapeutici che dicono che agendo tempestivamente e nel giusto modo si può curare il covid a casa senza ospedalizzazione.
Queste considerazioni non vengono da No-vax irriducibili, ma da ambienti scientifici al di sopra di ogni sospetto, tant’è che molte le ritroviamo riportate nelle faq sui vaccini del sito dell’AIFA.
Però pare che oggi sollevare dubbi e fare distinguo non abbia diritto di cittadinanza, per cui altro che principio di precauzione, qui siamo di fronte ad un PRINCIPIO DI PREVARICAZIONE !
Paradosso su cui riflettere: ti hanno fatto vaccinare a 43 anni per permetterti di rapportarti in sicurezza coi tuoi studenti, che però non possono venire a scuola da te… vorrà dire che almeno non infetterai il computer della DAD…
Ciao Danilo,
la mia sola ‘strategia comunicativa’ è cercare di essere intellettualmente onesta, cosa che equivale un po’ a non averne una. In questo caso l’onestà mi pare imporre che le posizioni sui vaccini sia no vax (sono veleni!) sia ultravax (sono sicurissimissimi…) sono, seppure in maniera decisamente diversa, traballanti.
Tutto considerato, ritengo la vaccinazione il ‘rischio da correre’, sia perché questa malattia può avere risvolti seri (la maggior parte dei casi può essere risolta senza ospedalizzarione, ma ne esistono purtroppo quelli gravi) e per sbloccare questa situazione non più sostenibile di un mondo dove le persone sono obbligate a stare a distanza di sicurezza, non ne posso più di vedere una generazione di giovani spegersi a poco a poco. E, scienza o meno (certe cose si dovrebbero capira solo nel lungo periodo, come la durata delle coperture: gli inglesi con la loro scelta dalla dose unica sembrano i geni oggi, ma potrebbero pagarla caro), si è deciso che senza vaccinazione di massa questa situazione perdurerà.
QUanto ad ostentare il certificato vaccinale, hai constatato tu stesso con gli articoli passati come di fronte a certa isteria collettiva si possa reagire solo così.