Forse non è azzardato ipotizzare che si possa fare la nostra parte e contribuire ad un rapporto migliore col pianeta che ci ospita e in cui viviamo, prendendoci maggiormente cura della qualità della nostra comunicazione.
E non mi riferisco alla comunicazione “a tema”, quella a cui ci dedichiamo – meritevolmente quando lo facciamo – parlando esplicitamennte delle varie tematiche collegate al nostro rapporto col pianeta.
Voglio sperimentare la discussione da un’altra angolazione, quella della nostra comunicazione quotidiana all’interno di tutti i nostri rapporti interpersonali e su tutti gli argomenti che possiamo enumerare come facenti parte di questa sfera.
Parliamo, questo si. Ma sarebbe bello che sondassimo se oltre a parlare comunichiamo, mettiamo realmente in comune col nostro prossimo e a quale livello di profondità.
Comunicare apertamente e sinceramente, equivale a mettere in gioco le parti di noi che normalmente riteniamo più vulnerabili o che pensiamo possano renderci tali.
Equivale, inoltre, al portare (immaginate il gesto) alla luce del sole i nostri sentimenti, quelli veri; le emozioni, i vari aspetti della nostra infinita e inesplorata sensibilità.
Non è un gesto che facciamo normalmente, se non con i rapporti più intimi e importanti fermo restando che, anche in quel caso, l’inesplorato resta tale in molte parti essendo ancora oggi l’essere umano sconosciuto anche a se stesso.
Fare quel gesto: prendere quanto abbiamo dentro e portarlo fuori, potrebbe essere l’inizio di una nuova esplorazione che noi per primi facciamo di noi stessi e – perchè no? – potrebbe arricchire la stessa conoscenza che abbiamo di noi e tutto quanto ci circonda.
E’ il gesto stesso del mettere in comune che ci consente di superare l’idea eventuale di vulnerabilità che possiamo avere nei momenti in cui ci relazioniamo.
Ed è il confronto col prossimo che ci troviamo di fronte a darci una misura nuova di noi stessi, dell’altro e del rapporto.
Che cosa c’entra, credo vi chiederete, questo discorso col salvare il mondo?
L’osservazione che vi propongo parte da una suggestione di maggiore apertura nell’azione quotidiana e molteplice della comunicazione.
Apertura che, a sua volta, suggerisce l’acquisizione di una maggiore consapevolezza di sè, del proprio mondo interiore, dei propri limiti e delle potenzialità.
La consapevolezza di sè, auspicabile traguardo per ognuno di noi, è ciò che ci consente di guardare a tutto con occhi nuovi, con una rinnovata capacità di comprensione delle cose.
E’ quella molla che ci fa compiere ogni gesto con la cognizione di una maggiore responsabilità.
E’, tra l’altro, quella che cerchiamo quando ci occupiamo del cibo che mangiamo, dell’aria che respiriamo, della sofferenza dell’ambiente tutto in cui viviamo.
Perchè, quindi, non occuparti che sia “sano” anche il modo in cui ci relazioniamo, che sia migliore la qualità delle parole che pronunciamo e che nel mondo rappresentano per noi un gesto costante, quotidiano e ben importante?
E se un giorno scoprissimo che anche il mondo (inteso in questo testo fin dall’inizio come pianeta) ha, come noi, una sua profonda, sconosciuta e inesplorata sensibilità?
Non è solo esprimendo e conoscendo la nostra che potremmo sentirne simile la “voce”?
Buona comunicazione a tutti:)