Il senno di poi e quello di ora

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Al giorno d’oggi, dotarsi di un blog, scrivere contenuti e diffonderli per il Web sfruttando l’onda lunga dei social network è un’operazione relativamente semplice e, senza pretese di diventare grandi influencer, con un minimo di qualità e le giuste strategie si può raggiungere un pubblico anche di qualche migliaio di persone. Il rovescio della medaglia è che, troppo spesso, tanta facilità offusca qualsiasi riflessione critica su quanto si produce e, soprattutto, sull’opportunità di farlo.

Non essendo famoso, sono certo che nessuno mi rinfaccerà mai l’articolo ‘Altro che coronavirus‘, da me pubblicato su questo sito il 4 febbraio, per cui esso si perderà nell’oblio del mare magnum della Rete. Tuttavia, onestà intellettuale mi impone di ritornarci su a mente fredda, alla luce di tutto quello che è successo.

La domanda fatidica ovviamente è: riscriveresti oggi tutto alla stessa identica maniera? Certamente no, a partire dal titolo provocatorio che equivarrebbe a sputare in faccia non solo al numero crescente di morti e malati ma anche a tutti i medici e operatori sanitari che, imponendosi turni massacranti, stanno cercando di tamponare al meglio la crisi. Mentre scrivevo l’articolo, in Italia erano stati contagiati solo due turisti cinesi e l’enfasi allarmistica sul Covid-19 mi pareva del tutto esagerata. Benché ammetta di aver peccato di superficialità, non ritengo comunque che i fatti giustifichino chi allora lanciava proclami paranoidi e insensati; del resto, a volte capita di avere ragione solo per pura casualità, un po’ come quando si gioca a testa o croce.

Dell’articolo restano valide le mie preoccupazioni per le tante, gravi emergenze legate all’inquinamento e altre problematiche che, non presentando il carattere terrorizzante del contagio, non ottengono altrettanto risalto del coronavirus pur coinvolgendo talvolta decine di migliaia di persone. Ciò nonostante, non posso supportare chi ancora sminuisce la pandemia con osservazioni apparentemente ben fondate sui numeri, ma di fatto non particolarmente sensate.

“Pochissimi muoiono di Covid-19, i deceduti erano per lo più già fortemente debilitati da malattie pregresse”. Vero, però è altrettanto incontestabile che, per tornare all’argomento del mio pezzo incriminato, pochissimi muoiano a causa di influenza stagionale o polveri sottili: malgrado ciò non sono problemi reali da affrontare?

“La mortalità del Covid-19 è intorno al 4% o meno”. Quella dell’influenza stagionale o dei nuovi ceppi quali H1N1 si aggira sullo 0,1%, per capirci.

“La letalità riguarda esclusivamente i più anziani”. A parte il cinismo dell’affermazione, per ora è così, e tale resterà  finché il servizio sanitario (oramai quasi allo stremo in certi casi, vedi Lombardia) riuscirà a contenere l’emergenza nel contesto del consueto livello di benessere generale; in caso contrario, si amplieranno le fasce di età a rischio.

Anziché minimizzare, sottolineiamo piuttosto che Covid-19 non è il problema che, una volta passato, ci farà tornare alla tanto agognata ‘normalità’, bensì il sintomo di una faccenda ben più complessa, intricata e, soprattutto, pericolosa, proprio perché dovuta a tante variabili impazzite del nostro mondo divenute dannatamente ‘normali’. Per maggiori dettagli vi rimando a un articolo di Gian Luca Garretti, vicepresidente di Medicina Democratica, il quale, ne sono certo, non sarà attanagliato dai ripensamenti del senno di poi per averlo scritto.

In chiusura, dopo essermi, per così dire, cosparso il capo di cenere per certe affermazioni forse un po’ avventate, lasciatemi per un attimo rialzare superbamente la testa. Siamo tutti d’accorso sul fatto che la situazione imponga rinunce individuali importanti per il bene comune; è altrettanto doveroso, però, pretendere chiarezza e alto profilo da chi è tenuto a governare lo stato di emergenza più grave mai avvenuto dalla fine della seconda guerra mondiale. A partire dal tanto strombazzato #stareacasa, con particolare riferimento a questa dichiarazione del Ministro Spadafora:

“Io ti autorizzo a uscire all’aria aperta imponendo determinate condizioni per non apparire autoritario, ma tu devi ugualmente obbligarti a chiuderti in casa”; è qualcosa che farebbe accapponare persino le più arzigogolate teorie della governamentalità liberale di Michel Foucault. Io e tantissime altre persone, per preservare la nostra integrità fisica e mentale, abbiamo approfittato dell’opportunità concessa nel rispetto delle regole; negarla in toto assomiglierebbe al comportamento del professore che, titubante nel colpire determinati alunni che infastidiscono durante le lezioni, affibbia provvedimenti disciplinari indiscriminati a tutta la classe. Tralasciando poi l’assurdità di misure che equiparano indistintamente le grandi metropoli densamente popolate ad aree sperdute collinari o montane  dove è più probabile incontrare un daino o un cinghiale che un altro essere umano.

Trovo inoltre insopportabile lo squadrismo insito nel reiterare dichiarazioni del tipo “basta cazzeggio o vi chiudiamo in casa” o “se non lo capite con le buone cambieremo tono”. Questa classe politica si trova a gestire uno stato di pericolo che impone la sospensione di importanti libertà costituzionali, un fatto che va però vissuto come onere transitorio e spiacevole e non come situazione privilegiata per improvvisarsi mediocri ducetti – gran parte dei quali, tra l’altro, fino a poco tempo fa si lagnava dei danni che le restrizioni causavano all’economia e premeva per un rapido ritorno alla normalità.

In ogni caso, rispetterò con pazienza e dignità qualsiasi limitazione che verrà imposta. Le esplosioni violente me le riservo per il momento in cui questi soggetti dalla faccia cattiva, una volta che ‘sarà andato tutto bene’, mi chiederanno sorridenti di tornare a fare il mio dovere di bravo consumatore.

Immagine in evidenza: rielaborazione vignetta di Altan

 

2 Commenti

  1. Caro Igor, non preoccuparti per aver dovuto fare un po’ di autocritica sul tuo precedente articolo. Dovresti essere in buona compagnia, ma non tutti hanno dimostrato la tua stessa onestà. Inoltre non si può trascurare che le informazioni iniziali sul coronavirus erano quantomeno contradditorie. Io per esempio ho volentieri condiviso un post di Andrea Scanzi, giornalista che stimo e col quale mi trovo spesso d’accordo, che si scagliava in modo colorito contro il clima di terrore che alcuni media diffondevano, a suo dire ingiustificatamente. Questo accadeva il 25 febbraio, neanche un mese fa ma sembrano passati anni luce…
    Piuttosto ho notato che nel tuo articolo riporti virgolettato che la mortalità del Covid-19 sarebbe attorno al 4%. Tutti possono invece constatare che la mortalità in Italia è del 10% ! Su questo aspetto, a mio avviso oltremodo preoccupante, ho sentito finora solo balbettii, anche da parte di esponenti della comunità scientifica. Non pensi che su questo occorrerebbe un’analisi approfondita e un confronto pubblico tra i rappresentanti delle diverse tesi ?

    • Ciao Danilo, 4% è un dato che ho estratto da un articolo favorevole al cosiddetto ‘modello inglese’ della ricerca dell’immunità di gregge, poi subito abortito a quanto pare. Devono parlare gli esperti sui diversi gradi di mortalità, certo l’età media elevata del nostro paese non aiuta sicuro.

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