Rispondo a Bruno Sebastiani

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Bruno Sebastiani non si è limitato a commentare su DFSN e su Facebook la mia presa di posizione critica nei confronti de Il cancro del pianeta, ma mi ha persino dedicato un contributo sul blog di Ugo Bardi Effetto Cassandra, dimostrandosi genuinamente interessato al confronto. Siccome in questa replica esprimo giudizi abbastanza trancianti, desidero nuovamente distinguere le mie opinioni sul cancrismo da quelle riguardanti la persona di Sebastiani. In passato, altre figure dell’ecologismo radicale si sono parecchio risentite per prese di posizione molto più blande, evitando però di rispondere pubblicamente alle mie osservazioni per non darmi ‘visibilità’ e preferendo covare sentimenti rancorosi nell’ombra, comportamento questo sicuramente ‘cancerogeno’ sul piano morale. Pertanto, al di là delle divergenze, rendiamo a Cesare quel che è di Cesare, soprattutto nell’epoca in cui troppo spesso il Web sembra aver segnato l’avvento del solipsismo intellettuale globale.

Riporto per intero il testo di Sebastiani, tra parentesi in corsivo i miei commenti.

Il Caso e la Colpa: una risposta a Igor Giussani (di Bruno Sebastiani)

Igor Giussani il 9 settembre 2019 ha dedicato un lucido e ben argomentato articolo al cancrismo (vedi http://www.decrescita.com/news/cancro-del-pianeta/). A testimonianza del suo interessamento di vecchia data per questa teoria, nel rispondere ad un mio commento ha confessato che era “da un anno o più che quest’articolo bolliva in pentola”.

Ma l’interessamento di Giussani era ambivalente: da un lato respingeva istintivamente la premessa e le conclusioni della teoria, da un altro si sentiva “attanagliato dal dubbio che il rigetto per le tesi de Il cancro del pianeta fosse dettato essenzialmente dall’incapacità di accettarne le conclusioni dure e sconfortanti”.

(Forse urge un chiarimento: è da un paio di anni che ho preso l’abitudine, ogniqualvolta provo una forte avversione verso un concetto, di riflettere per capire se tale sentimento non sia forse dettato dal fatto che si contestano alcune mie convinzione profonde, anziché essere ispirato da motivazioni razionali; tale atteggiamento mi deriva da un utile consiglio di Luca Pardi. Inoltre, sono sempre titubante sull’opportunità di fare ‘fuoco amico’ su esponenti dell’ecologismo radicale, in particolare quando c’è di mezzo gente corretta e disinteressata come Sebastiani. Ho quindi riflettuto a lungo sull’opportunità di farlo, anche perché Bruno meritava una critica attenta e non frutto dell’improvvisazione)

Poi, all’improvviso, il dissolvimento del dubbio. “Ogni timore è stato spazzato via nel momento in cui, ragionando a mente fredda, mi sono accorto della curiosa somiglianza tra la strategia argomentativa di Sebastiani e quella che, sulla carta, dovrebbe rappresentare la sua perfetta nemesi (sic), ossia la mitologia umanista-progressista. A quel punto mi si sono drizzate le antenne perché, se questa è falsa e fuorviante (come abbiamo spesso ripetuto e dimostrato), non può essere riabilitata solo affibbiandole un giudizio opposto, degradandola cioè da ‘buona’ a ‘cattiva’ ma lasciandone inalterati i contenuti fondamentali. Ecco alcune singolari analogie tra i due pensieri: popoli, classi sociali, culture, individui, ecc. spariscono nel calderone dell’etichetta onnicomprensiva ‘umanità’; la narrazione di tale umanità, dall’età della pietra ai giorni nostri, si basa sul presupposto che essa abbia immancabilmente adottato la forma mentis della cultura occidentale-industriale …”

Premesso che non si capisce come una “mitologia” (quella “umanista-progressista”) possa essere riabilitata degradandola da ‘buona’ a ‘cattiva’, il resto del ragionamento di Giussani coglie nel segno: il progressismo ha vinto su tutta la linea e il cancrismo ne prende atto.

(Mi spiego meglio: ne ‘Il cancro del pianeta’ viene accettata la ricostruzione storica del progressismo insieme ad altri suoi importanti capisaldi, come la visione riduzionista/cartesiana; la prima è stata ampiamente sbugiardata dalla seria ricerca storica e antropologica, la seconda è stata progressivamente soppiantata negli ultimi quarant’anni dall’ascesa del pensiero sistemico-complesso, ossia il paradigma culturale che nel XX secolo ha stravolto tanti dogmi consolidati nelle scienze naturali e sociali. Non si può quindi pensare di riabilitare l’impalcatura teorica del progressismo solo capovolgendone il giudizio di valore sull’Uomo e l’Occidente)

L’umanità ha immancabilmente adottato la forma mentis della cultura “occidentale-industriale”: come negarlo? Questo è un punto fondamentale. Certamente nel corso dei secoli vari popoli si sono dimostrati più rispettosi di altri nei confronti della natura, ma questi sono stati sempre sconfitti da noi “occidentali” e brutalmente sottomessi, fino a quando i pronipoti degli sconfitti si sono adeguati anch’essi alla forma mentis della cultura “occidentale – industriale”.

E i popoli che non sono stati sottomessi con la forza si sono adeguati spontaneamente al “nuovo ordine mondiale” rinnegando poco alla volta usi e costumi che avevano ereditato da antiche tradizioni. La Cina moderna mi pare l’esempio più calzante al riguardo, ma il continente asiatico offre molte altre palesi dimostrazioni. E che dire dello sgretolamento del muro di Berlino e del dissolvimento dell’impero sovietico in assenza (fortunatamente) di un conflitto bellico planetario?

(Nessuno mette in dubbio la diffusione capillare del progressismo e di tutto ciò che ne consegue, in particolare la pervasività della cultura edonistica e consumista; semmai, si obietta sul fatto che saremmo arrivati alla ‘fine della storia’ e si dubita di ipotesi traballanti basate sulla genetica, privilegiando invece le analisi delle reti sociali e di comunicazione al fine di comprenderne l’importanza nel creare sistemi di valori e credenze collettive. Ed esse non prefigurano gli scenari ineluttabili né delle delle meravigliose sorti progressive né del cancrismo)

Pensare che il corso della storia possa mutare seguendo l’esempio di qualche sparuta e sperduta popolazione (gli abitanti di Tikopia?) che si è ostinata a rifiutare i vantaggi materiali procurati dal progresso o “cercando di esaltare la fecondità naturale” è una pia illusione.

Nel mio blog https://ilcancrodelpianeta.wordpress.com/, passato attentamente in rassegna da Igor Giussani, vi sono due sezioni che tendono ad avvalorare l’ineluttabilità del cammino intrapreso dall’uomo. La prima ha per titolo “Le Grandi Metastasi”, la seconda “Il Villaggio Globale”.

Rimando i lettori a quelle sezioni per prendere atto di come, dalle strade consolari dell’antica Roma alle grandi esplorazioni geografiche e soprattutto al vergognoso capitolo del colonialismo, nel corso degli ultimi duemila anni il modello “occidentale” si sia diffuso in ogni angolo del pianeta, al punto da tendere ad uniformare il contesto urbano (dove vive oramai la maggioranza della popolazione mondiale). Stiamo andando anche verso l’omologazione linguistica, del modo di vestire, di parlare, di mangiare ecc. Su questo tema si veda il mio articolo su Effetto Cassandra https://ilcancrodelpianeta.wordpress.com/2018/11/10/la-de-differenziazione-ovvero-lomologazione-globale-delle-cellule/.

Dei sette grattacieli più alti al mondo (compresa la erigenda Jeddah Tower, destinata a superare il chilometro di altezza) tre sono in Cina, due in Arabia Saudita, uno a Dubai ed uno a Taiwan (vedasi la sezione “Torri di Babele” di https://ilcancrodelpianeta.wordpress.com/). Il mio interesse per questi edifici nasce dal fatto che li ritengo la punta dell’iceberg della malattia che sta ricoprendo con asfalto e cemento il bel manto verde che una volta rivestiva il pianeta.

(Sarebbe ovviamente stupido negare la realtà della globalizzazione e tutti gli aspetti deteriori che ne derivano; tuttavia, è altrettanto poco sensato riproporre nel 2019 discorsi da fine anni Novanta-primi anni Duemila, quando la ‘fine della storia’ di Frances Fukuyama e il ‘mondo piatto’ di Thomas Friedman sembravano fatti incontestabili. La grande crisi mondiale del 2008, il discredito in cui sono cadute le istituzioni sovranazionali, la Brexit, l’ascesa dei populismi-sovranismi e delle pulsioni identitarie, la presidenza di Trump inneggiante al nazionalismo e al protezionismo economico… indicano crepe importanti nell’impalcatura della globalizzazione a tutti i livelli – economico, culturale e politico – che non si possono ignorare)

Il riconoscimento da parte del cancrismo di questa realtà così evidente ed incontrovertibile fa sorgere in Giussani “il sospetto che l’umanità-cancro possa servire da pretesto per qualche autoritarismo sedicente ecologico, che adduca la scusa di salvare il pianeta dalle ‘metastasi’”.

E qui si apre il capitolo del difficile futuro che ci aspetta. Come ho già precisato in altra sede, l’insieme di queste spinte “progressiste” prefigura la nascita dell’Impero del Cancro del Pianeta, argomento al quale ho dedicato un libro di imminente pubblicazione. E Giussani nel suo articolo riporta la mia frase in cui preciso che l’argomento principale sarà “la complessità dell’organizzazione sociale che abbiamo creato e l’ineluttabilità del suo continuo progresso sino alla crisi finale”.

Che il cammino dell’umanità vada in questa direzione è sotto gli occhi di tutti. Tra le “cellule – uomo” e le “cellule – macchine” si sta creando una rete sinaptica mondiale la cui gestione richiederà un controllo sempre più pressante e centralizzato.

(Nell’ultimo capoverso sembra quasi di leggere un ipersviluppista in stile Raymond Kurzweil, fatto abbastanza sorprendente dal momento che l’articolo è ospitato da Effetto Cassandra, sito Web interessato ad argomenti quali il picco del petrolio e i limiti dello sviluppo. Non a caso, in un articolo precedentemente pubblicato sul medesimo blog, Antonio Turiel segnala che il non lontano collasso petrolifero comporterà anche degli aspetti positivi, ad esempio l’impossibilità che si avverino le distopie del Grande Fratello o del transumanesimo, tutto ciò ben prima dell’insorgere di catastrofi ambientali potenzialmente in grado di spazzare via la civiltà umana)

Se ne è accorto anche il regnante pontefice che nella sua Lettera enciclica “Laudato sì” ha precisato come sia “indispensabile lo sviluppo di istituzioni internazionali più forti ed efficacemente organizzate … dotate del potere di sanzionare”. Non solo: “… per il governo dell’economia mondiale; per risanare le economie colpite dalla crisi, per prevenire peggioramenti della stessa e conseguenti maggiori squilibri; per realizzare un opportuno disarmo integrale, la sicurezza alimentare e la pace; per garantire la salvaguardia dell’ambiente e per regolamentare i flussi migratori, urge la presenza di una vera Autorità politica mondiale” (par. 175).

Ma un conto è prendere atto della realtà e della direzione di marcia del futuro, un altro conto è auspicarla ed approvarla. Papa Francesco forse auspica ed approva. Io, molto più modestamente, ritengo inevitabile l’accentramento dei poteri, ma condanno radicalmente la direzione di marcia del progresso tecno-scientifico che ci ha condotto in questo vicolo cieco. Credo che nessuna “condanna” possa essere più assoluta di quella contenuta nella dottrina cancrista: tu, uomo, ti sei trasformato in cellula maligna e stai proliferando in modo indiscriminato nel corpo dell’organismo che ti ospita, distruggendo tutte le cellule sane che incontri sul tuo cammino. Più espliciti di così!

(Non ho mai pensato che Sebastiani coltivi disegni autoritari – non credo sia il caso neppure di Papa Francesco – a maggior ragione lo invito quindi a rimuovere Innocenzo III dal pantheon cancrista degli ‘uomini contro’, perché tutta la questione era nata lì, dal fatto che fosse stata esaltata una figura rivelatasi in realtà un gigantesco ‘tumore’, e ciò solo per aver proferito qualche sproloquio contro la ragione umana funzionale alla legittimazione della teocrazia pontificia)

Sennonchè Giussani, che ben conosce i danni da noi causati alla biosfera, non ritiene che sia giusto accusare di questi delitti l’intera umanità, perché “l’etichetta ‘uomo’ raggruppa indistintamente gli industriali che causano tale scempio, i politici che lo avallano, i comitati cittadini che lo combattono, le tante persone che usufruiscono di derivati del petrolio per lo più obbligate dalle circostanze e le altrettanto o più numerose che ne fanno scarsissimo uso: tutti bollati quali cellule maligne, malgrado i diversi gradi di responsabilità compromissione e nonostante gli individui maggiormente collusi siano poche decine. … La devastazione è logica conseguenza della ragione umana-cancro? Allora siamo tutti colpevoli, ma, si sa, tutti colpevoli = nessun colpevole.”

Effettivamente i concetti di colpa e di condanna ci riportano a quelle categorie morali secondo le quali si è andata strutturando la nostra ragione man mano che il numero dei neuroni e delle connessioni sinaptiche andavano crescendo. Ed anch’io mi ritrovo ad usarle, contro il mio stesso intendimento. Proviamo a ragionare in altri termini.

(Derubricare colpa e condanna a ‘categorie del cervello-cancro’ per ignorarle mi sembra onestamente un basso espediente. Per coerenza con il cancrismo allora bisognerebbe rifiutare anche tutto ciò che è legato alla capacità di astrarre e al pensiero complesso, fino a rinnegare il linguaggio stesso, essendo tutti prodotti dello sviluppo cerebrale ‘eccessivo’. Basandoci sulla cosiddetta ‘teoria dei tre cervelli‘, la nostra esistenza dovrebbe pertanto essere dettata solo da cervello rettiliano e sistema limbico, quindi da istintività ed emozioni)

L’evoluzione del nostro cervello, che io ho definito “abnorme” e che ci ha consentito di rompere l’equilibrio della natura, è conseguente a modifiche genetiche intervenute nella notte dei tempi all’interno della scatola cranica di alcune scimmie antropomorfe.

(Sebastiani sta tentando di rivitalizzare la tradizionale distinzione mente/natura nella versione cancrista, ma difficilmente tale dicotomia può sopravvivere ai numerosi colpi inferti dalle ricerche più recenti sulla cognizione, che hanno individuato nella mente non una ‘cosa’ astratta bensì un processo di interazione tra cervello e ambiente. Le opere di Fritjof Capra offrono un buon compendio dei nuovi sviluppi; qui mi limito a riportare un estratto significativo di ‘Philosophy in the Flesh: The Embodied Mind and its Challenge to Western Thought’, scritto dai linguisti cognitivi George Lakoff e Mark Johnson: “La ragione, anche nelle sue forme più astratte, si serve della nostra natura animale piuttosto che trascenderla. In questo senso, lungi dall’essere un’essenza che ci separa dagli altri animali, la ragione, al contrario, ci pone in un rapporto di continuità rispetto ad essi”. In sostanza, l’intelligenza umana non costituirebbe un’eccezione alla regola, bensì sarebbe inserita all’interno di un continuum nel quale le differenze tra specie sono graduali ed emergono nell’evoluzione).

Tra i tanti studi in materia si veda anche quello della italiana Marta Florio (e altri) che ho riportato nel blog de Il Cancro del Pianeta (https://ilcancrodelpianeta.files.wordpress.com/2019/09/human-specific-gene-arhgap11b.pdf).

Non è corretto quindi parlare di colpa.

È stato il caso a dar vita alla neo-corteccia e a tutto ciò che ne consegue.

(Molta dell’attuale scienza della cognizione ritiene invece che il caso sia stato molto ‘aiutato’; sempre citando Lakoff e Johnson: “Sono stati gli stessi meccanismi neurali e cognitivi che ci consentono di percepire e di muoverci a creare anche le nostre strutture concettuali e i nostri modi di ragionare”) 

Per usare la metafora di un autore che mi è caro (Arthur Koestler), abbiamo ricevuto “the unsolicited gift”, il regalo non richiesto.

E, una volta ricevutolo, non potevamo restituirlo al mittente: aveva modificato per sempre la struttura del nostro cervello. Abbinato al preesistente istinto di sopravvivenza della specie, non poteva che mettere in moto la macchina della cosiddetta “civiltà” e del cosiddetto “progresso”.

(L’autorevolezza del cancrismo si fonda su tante conclusioni forzate come quella appena esposta, dove Sebastiani preferisce ancora una spiegazione ispirata al riduzionismo meccanicistico/cartesiano – il determinismo genetico – invece delle nuove acquisizioni dovute agli studi dei sistemi complessi, che da una parte hanno evidenziato l’importanza degli aspetti epigenetici e dall’altra hanno ridefinito la selezione naturale non come fenomeno operante su singoli geni, ma sugli schemi di auto-organizzazione degli individui. La visione sistemica si accorda con il comportamento storico mostrato dalla specie umana decisamente meglio del cancrismo, su cui grava l’onere di chiarire perché il gene ARHGAP11B abbia funzionato ‘a corrente alternata’, sfociando spesso e volentieri in esiti diversi dal progressismo. Esso era presente infatti anche nel DNA delle popolazioni che si sono mantenute a un livello da età della pietra fino ai giorni nostri o nelle società orientali – come quella cinese – che nel medioevo erano più avanzate di quelle europee ma poi hanno interrotto il loro avanzamento tecnologico, quindi non si capisce perché additarlo a ‘gene del progressismo’. E’ bene precisare che i popoli non occidentali non hanno utilizzato la neocorteccia ‘a basso regime’, semplicemente ne hanno rivolto l’uso a scopi differenti dallo sviluppo tecnico-scientifico, per cui anch’essa non può essere additata a ‘organo del progresso’.

Sulle ragioni per cui la cultura occidentale è riuscita a diventare egemone, rimando a un libro come ‘Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni’ di Jared Diamond, che riporta spiegazioni più plausibili di quelle cancriste; per quanto attiene alle modalità per modificare un paradigma culturale, consiglio senza dubbio il meraviglioso contributo di Donella Meadows ‘Punti di leva: dove intervenire in un sistema‘,  da cui si comprende che la difficoltà oggigiorno di cambiare significativamente la nostra società è dovuta non a tare genetiche, bensì al fatto che si privilegiano le strategie meno efficaci per modificare un sistema, come puntare principalmente su tasse e sussidi)

È stato un caso, non una colpa.

Il libero arbitrio non esiste. È un’invenzione dialettica per far credere ai nostri simili che avremmo potuto restare buoni, saggi e in armonia con la natura se solo lo avessimo voluto, e che potremo farlo in futuro se lo vorremo.

(Una tattica del cancrismo contro i concetti scomodi è quella di ricavare in modo apodittico verità assolute intorno a problematiche sulle quali in realtà il dibattito è più che mai aperto. A oggi la scienza non può essere certa dell’esistenza del libero arbitrio né negarla a priori; alcuni degli sviluppi più recenti, come le riflessioni di Roger Penrose basate sulla meccanica quantistica o la nozione di ‘proprietà emergente’, propugnata dal premio Nobel Gerald Edelman e da John Searle nell’ambito dello studio dei sistemi complessi, si esprimono in favore della libertà)

I tentativi di innestare la retromarcia ai quali assisteremo prossimamente non saranno conseguenti a ravvedimenti virtuosi indotti dal libero arbitrio: saranno semplicemente azioni estreme atte a ritardare la catastrofe. Se fosse per la mente dell’uomo resteremmo per sempre sul trono di re del mondo a goderci i nostri privilegi ai danni di tutti gli altri esseri viventi. Ma la natura sta per presentarci il conto e non riusciremo nel poco tempo che ci resta a disposizione a ricostituire un equilibrio che ha richiesto milioni di anni per formarsi.

Il che non significa che i tentativi di innestare la retromarcia non vadano fatti e che non si debba cercare di ritardare il più possibile la catastrofe.

Significa che per farlo nel modo più efficace è bene guardare in faccia la realtà senza cercare alibi morali o scappatoie ideologiche: lo scempio non è stato causato da poche decine di industriali o di politici corrotti, né dagli scienziati e dai tecnici che lo hanno reso possibile, né dai militari o dai poliziotti che lo hanno difeso ed imposto.

(Però un centinaio di aziende dal 1988 a oggi ha prodotto il 71% delle emissioni climalteranti, giusto per dirne una…)

La causa risiede nella nostra testa.

(Sarà, ma ho l’impressione che la testa di qualcuno abbia più voce in capitolo…)

Come ho scritto in un recente post (in attesa di pubblicazione su Effetto Cassandra) è l’uomo il vero responsabile dello scempio (la “sesta estinzione di massa”), non Trump o Bolsonaro o qualche altro capo di stato privo di scrupoli.

Certo, esistono cellule maligne più aggressive ed altre meno. Come accostare un San Francesco a un Henry Ford o a un Elon Musk? Ma teniamo conto che i seguaci di San Francesco, quelli che si ispiravano alla sua predicazione di povertà e di amore per la natura, si sono gradualmente trasformati in frati missionari e sono andati in giro per il mondo a portare il pensiero occidentale (la cosiddetta “civiltà”) a milioni di poveri indigeni inconsapevoli, sino a trasformarli in altrettante cellule maligne che ora concorrono a devastare il pianeta in modo assai più violento di quanto non facevano i loro progenitori prima dell’incontro con i missionari.

(Ricapitolando: tutti gli esseri umani nascono con il gene-cancro progressista nel DNA, in alcuni si sviluppa più che in altri, in altri ancora i suoi effetti non si manifestano per nulla ma, una volta a contatto con ‘metastasi conclamate’, si viene inesorabilmente contagiati per l’eternità. Per quanto si tratti di una ricostruzione piuttosto contorta e macchinosa, non è di fatto confutabile, per la semplice ragione che fa riferimento a processi della psiche umana sui quali sappiamo poco o nulla di certo e perché, banalmente, non possiamo prevedere il futuro per sapere se esisterà una civiltà umana non-progressista. In questo clima di incertezza, però, dopo la lettura de ‘Il cancro del pianeta’ consiglio vivamente di interessarsi a tutte quelle branche afferenti a filosofia, psicologia, antropologia e sociologia che hanno abbracciato più o meno esplicitamente l’approccio sistemico-complesso, per scoprire che cosa hanno da dirci sui meccanismi di condizionamento psicologico e sociale. Forse neppure a quel punto si disporrà di ‘prove’ definitive in un senso o nell’altro, tuttavia sarà possibile quantomeno servirsi di quella preziosissima risorsa intellettuale chiamata ‘rasoio di Occam‘; sarà anch’esso frutto dell’intelligenza-cancro, ma può rivelarsi davvero utile quando siamo alle prese con una ridda di ipotesi non verificabili sperimentalmente)

Caro Igor, il tuo il rigetto per le tesi de Il cancro del pianeta è dettato dal non voler accettare conclusioni tanto dure e sconfortanti! La teoria è davvero spaventosa. Ma, una volta condivisa, non ci si deve lasciar prendere dallo sconforto. Si deve utilizzarla come un grimaldello per scardinare il convincimento che la nostra superiorità intellettuale ci dia diritto a esercitare un brutale predominio su tutti gli altri esseri viventi ed anche sulla stessa struttura fisica del pianeta sul quale ci siamo trovati a nascere.

(Caro Bruno, fermo restando il fatto che, se il cancrismo esorta ad adottare comportamenti ecologicamente virtuosi,  è comunque benvenuto al di là delle mie personalissime disapprovazioni, permettimi tre considerazioni finali:

  • è un po’ troppo comodo avere la replica pronta a chi dissente da te accusandolo fondamentalmente di vigliaccheria. La tua costruzione intellettuale, il cancrismo, è una sorta di credo argomentato, apparentemente inattaccabile solo perché hai preso posizione su alcune questioni controverse – progressismo come conseguenza inevitabile dell’evoluzione cerebrale, negazione libero arbitrio, ecc. – elevando il tuo giudizio a verità assiomatica; alla stessa maniera, hai ripescato concetti da arsenali teorici oramai logori, quando non proprio screditati – vedi il determinismo genetico o la dicotomia mente/natura – presentandoli come dati di fatto ampiamente dimostrati. Così come ho contestato i medesimi strumenti intellettuali quando sono stati impiegati per legittimare il progressismo sviluppista, analogamente mi comporto con te nel momento in cui li riabiliti per teorizzare il cancrismo: ciò che ti pare ‘rifiuto dell’arido vero’ per me è semplicemente una manifestazione di coerenza. Fai quindi molta attenzione perché, se la tua teoria suona tanto ‘perfetta’, ciò si deve alla sua sostanziale autoreferenzialità, che la rende tanto suggestiva sul piano dialettico quanto debole su quello scientifico;
  • il cancrismo è terribilmente antropocentrico, ed è inevitabile che lo sia, fondandosi sulla distinzione mente/natura e il riduzionismo meccanicista del progressismo cartesiano, con la sola differenza dell’essere umano che da creatura superiore si ritrova degradato a tumore letale del pianeta, da ‘eroe’ ad ‘antieroe’, ma sempre attore protagonista;
  • volendo malignare, il cancrismo rappresenta per gli ecologisti la giustificazione perfetta per i loro insuccessi, stuzzicando anche una certa vena narcisistica, in quanto è possibile considerare se stessi dei ‘tumori autocritici’, capaci di dominare una componente atavica dell’animo umano; sinceramente, penso si tratti della principale ragione per cui ‘Il cancro del pianeta’ seduce molti ambientalisti.

In base a tutto ciò, sii molto cauto quando definisci il cancrismo, come hai fatto ad esempio commentando qui su DFSN, ‘la teoria più radicale partorita da mente umana’; non solo perché alcune frange dell’ecologia profonda avevano già in passato sostenuto posizioni ancora più misantrope della tua, ma soprattutto perché radicalità, anticonformismo e capacità di creare scandalo non sono di per sé garanzie di veridicità. Solo rigore e onestà intellettuale possono permetterci un’analisi efficace della realtà: e se sulla tua correttezza metterei più volte la mano sul fuoco, qualora l’oggetto del contendere fosse il tuo rigore metodologico… beh, scusa la franchezza, ma in quel caso mi allontanerei a gambe levate dal braciere).

 

 

4 Commenti

  1. “Chi crea un sistema di pensiero mette a punto uno schema per non pensare più, per non pensare ciò che è oltre il pensiero”
    “Nonsense o il senso della vita” Leonardo Vittorio Arena.
    Di fronte all’imperversare di questo Sebastiani mi son dovuto rispolverare una citazione che ricordavo vagamente a memoria.
    Tra l’altro se squalifichi l’uomo al punto di considerarlo un cancro ne viene che lo dovresti estirpare dalla faccia della terra. E allora? Arriva un esaltato che si crede un super uomo ( c’è solo l’imbarazzo della scelta) e fa uno sterminio.
    No, no, non ci siamo, e poi il tono del libro (dagli spezzoni che ho potuto leggere) è troppo entusiasta.

  2. Igor, grazie di tutta questa pubblicità, mi auguro che induca qualcuno ad approfondire la mia teoria per poi avere nuovi riscontri sulla sua validità o meno. Ti assicuro che non replicherò pubblicamente a questo tuo post su altri blog, per non annoiare ulteriormente i nostri lettori. Penso piuttosto – se non hai nulla in contrario – di copiare nel mio blog questi tre interventi (due tuoi ed uno mio) a futura memoria. Quello che ho ricavato da questa “querelle” intellettuale è la netta sensazione della mia ignoranza. Non vengo dal mondo accademico né da quello scientifico né da quello intellettuale. Ho lavorato per quasi quarant’anni in banca (ma non facevo il bancario) e non ho avuto il tempo di divorare le centinaia di libri che avrei voluto leggere. Ora che sono in pensione cerco di recuperare il tempo perduto e le mie letture spaziano da Koestler a Diamond, da Darwin a Lorenz, da Leakey a Naess ecc. ecc., ma evidentemente mi sono sfuggiti, come tu mi fai notare, tanti altri contributi importanti in materia. Consapevole di questa mia “ignoranza” ho cercato di andare al cuore del problema, scarnificando i concetti da ogni incrostazione culturale che tende a renderli poco comprensibili. Troppo spesso il rinvio al pensiero di altri autori offusca anziché chiarire il significato di ciò che vogliamo esprimere. Il mio sogno sarebbe stato quello di delineare il cancrismo senza far riferimento ad alcuna citazione altrui. Non ci sono riuscito ed anch’io sono caduto nella trappola delle “note a piè di pagina”. Ma, tutto sommato, credo di aver elaborato una teoria ben comprensibile pur in assenza di troppi rimandi culturali. Molti lettori confermano di aver trovato nelle pagine dei miei libri l’esposizione razionale di un’idea da loro sempre intuita. E questa per me è la soddisfazione che mi ripaga dei miei sforzi “letterari”. Con stima, Bruno Sebastiani

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