The Affluent Society – La societa` opulenta

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Il saggio sulla societa opulenta di J.K.Galbraith, professore di economia ad Harvard, possiede ancora contenuti molto attuali pur essendo stato scritto oltre 50 anni fa. Credo che cio`derivi principalmente dal fatto che i problemi della societa` moderna, essenzialmente di carattere economico, sono radicati in scelte avvenute molto piu` indietro nel tempo con la nascita del capitalismo e quindi Galbraith ha potuto studiare ed analizzare oltre un secolo di storia creando per noi un quadro dinamico che si e` ben proiettato avanti rispetto al suo stesso futuro, arrivando con precisione nel presente in cui viviamo.
Il libro si pone l’obiettivo di analizzare i benefici, i difetti le contraddizioni della societa` in cui il possesso di oggetti superflui e` diventata una necessita`.
Se nessuno, come inizia a scrivere l’autore, puo` negare i vantaggi pratici del benessere, al tempo stesso molti saranno concordi sul fatto che i poveri hanno una visione molto piu` chiara dei loro obiettivi, mentre i ricchi sono costantemente alla ricerca di come spendere le proprie fortune raggiungendo spesso livelli di lusso assurdo che li rende ridicoli.(1,I)
Nello sviluppare una breve storia delle idee economiche, il libro ricorda un fondamentale passaggio di Ricardo che colloca la giusta paga del lavoratore in quella somma che consente di perpetuarne la razza senza aumentarne o dimunuirne il numero, trasferendo il concetto di servo della gleba in quello della razza del lavoratore, certamente distinta da quelle del proprietario, governatore, prete o militare. (3,IV)
Passando poi all’osservazione degli Stati Uniti, si ricorda un’altro passaggio di Ricardo in cui il destino del lavoratore rispetto al proprietario d’immobili e` segnato dal fatto che con l’aumento della produttivita` del lavoratore e dei capitali gli affitti crescono piu` rapidamente non lasciando nessuna speranza al lavoratore di raggiungere il benessere che invece aumenta costantemente per il proprietario edilizio. (5,II)
Similmente il capitolo sul pensiero Marxista ci ricorda che il lavoratore e` mantenuto in condizione di non poter scegliere il suo futuro dall’equilibrio dell’impiego e della disoccupazione, garantendo che ci sia sempre un minimo di disoccupati pronti a prendere il posto di eventuali lavoratori scontenti. In tal modo l’accumulo del capitale produce l’alienazione dell’uomo mutilandolo in frammenti che diventano appendici del meccanismo produttivo. (6,II)
Il libro passa poi a descrivere gli equivoci della sicurezza economica tra cui val la pena di notare la falsa credenza che il capitano d’industria sia soggetto a rischi economici. Cosa infatti non vera grazie alla attenta pianificazione dei suoi compensi, specialmente con gli interventi statali per non far fallire l’economia che oggi vediamo purtroppo tutti i giorni. (8,II)
L’unica vera funzione dello spauracchio del rischio economico e` quella che viene propinata costantemente alla gente comune assieme al miraggio del profitto per far andare avanti la societa` del cosiddetto benessere. (8,V)
E finalmente Galbraith entra nel vivo della questione, ovvero se l’ossessione a produrre sempre di piu` sia necessaria e giusta. (9.I) E` qui particolarmente interessante leggere un economista che non loda ciecamente la produttivita` citando invece ben altri esempi di civilta`, quali il progresso scientifico, la salute e l’ambiente.
Si coglie molto bene l’ironia dell’autore nella descrizione delle teorie economiche che predicano l’urgenza di un mondo con piu` automobili, cibi esotici, vestiti ed intrattenimento invece che cibo per gli affamati e case per i senzatetto. (10.I) Tali teorie economiche vengono poi descritte in tutta la loro assurdita` nella necessita` di dover creare i bisogni stessi che giustificano la produzione. (11.II) Assurdita` che diventa palese nel descrivere il valore marginale nullo dei venditori e pubblicitari.(11.IV)
Nel discutere sulla necessita` a produrre, diventa chiaro come tale spinta abbia favorito o sia stata addirittura la ragione per la seconda guerra mondiale e la vittoria americana.(12.III)
Andando poi ad analizzare l’inflazione e` istruttiva l’affermazione di come in tempi di inflazione endemica sia piu` utile essere uno speculatore o una prostituta piuttosto che un insegnante.(14.III)
Altra affermazione attualissima e` quella sulla credenza che la politica monetaria sia prerogativa altamente professionale della comunita` finanziaria e che come tale vada protetta dalle pressioni della democrazia.(15.I) Sembra proprio che Galbraith avesse avuto la sfera di cristallo e stesse guardando ai tristi eventi dell’Italia del 2011.
Secondo Galbraith, infatti, la politica monetaria e` un’illusione, sarebbe addirittura meglio se il governo si affidasse alla stregoneria ! (15.II)
Passando allo studio del bilanciamento della societa` non vengono risparmiate nemmeno le citta` che il saggio descrive correttamente in tutta la loro miseria dove “le automobili che non possono nemmeno venir parcheggiate vengono prodotte a ritmi sempre crescenti”(17.I)
Infine si giunge a delle ipotesi per una transizione per superare la situazione in cui il lavoratore continua a sforzarsi in piccoli passi verso un traguardo assurdo perdendo di vista il perche` della sua vita.(19.I) Transizione volta soprattutto a rimediare alla poverta`mentre invece ci prodighiamo a creare sempre nuovi inutili accessori per le nostre automobili cercando di convincerci della loro necessita` ed utilita`.(21.I)
Infine si parla dei liberali americani che, contrariamente al nome che portano, sono complici dell’opposizione al miglioramento di scuole, ospedali e vari servizi sociali indispensabili alla transizione. (20.IV)
L’ultima nota la riserverei al paragrafo in cui si discute della riduzione degli orari di lavoro, decisamente un trend attuale ed una soluzione veramente interessante alla crisi odierna ! (23,I)
In conclusione e` stata una lettura abbastanza interessante, bella prosa, contenuti profondi ed analizzati molto razionalmente senza troppi preconcetti. Avrei preferito qualche numero di piu` e meno affermazioni qualitative in contorto linguaggio economico, ma mi sono adattato e, dove necessario, affrettato a finire i pochi paragrafi piu noiosi.

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Non credo nelle definizioni, ma dovendone scrivere una mi posso definire un inventore appassionato di autosufficienza. Ho studiato ingegneria meccanica, servito come ufficiale di Marina e fatto varie esperienze lavorative, dalla multinazionale al piccolo ufficio di progettazione. Poi ho deciso di diventare imprenditore nel campo della ricerca e sviluppo, realizzando sistemi di propulsione per nanosatelliti, sistemi ottici e nanosatelliti completi che permettono di ottenere immagini della terra a costi migliaia di volte inferiori a quelli dei satelliti normalmente usati dai governi e dalla grande industria. Negli ultimi anni mi sono dedicato allo studio di come le moderne tecnologie possono essere d'aiuto in una societa` sostenibile ed a misura d'uomo e ritengo di aver trovato la soluzione a patto di trasformare l'organizzazione del lavoro in modo da rivalutare la creativita` e l'efficienza dell'individuo in tutte le sue capacita` rispetto alla massimizzazione del profitto monetario.

2 Commenti

  1. accidenti questo Galbraith era veramente avanti!
    grazie per aver condiviso con noi la sintesi di questa tua lettura!
    dovremmo trovare il modo per rendere note alle masse queste idee…

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