Patto per la Scienza (ma non per la Coscienza)

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(In prefazione all’articolo, riportiamo per intero il contenuto del Patto trasversale per la Scienza)
Patto trasversale per la Scienza
Tutte le forze politiche italiane si impegnano a sostenere la Scienza come valore universale di progresso dell’umanità, che non ha alcun “colore politico”, e che ha lo scopo di aumentare la conoscenza umana e migliorare la qualità di vita dei nostri simili.
Nessuna forza politica italiana si presta a sostenere o tollerare in alcun modo forme di pseudoscienza e/o di pseudomedicina che mettono a repentaglio la salute pubblica (i.e., negazionismo dell’AIDS, anti-vaccinismo, terapie non basate sull’evidenza scientifica, etc.).
Tutte le forze politiche italiane si impegnano a governare e legiferare in modo tale da fermare l’operato di quegli pseudoscienziati che con affermazioni non-dimostrate ed allarmiste creano paure ingiustificate tra la popolazione nei confronti di presidi terapeutici validati dall’evidenza scientifica e medica.
Tutte le forze politiche italiane si impegnano ad implementare programmi capillari di informazione sulla Scienza per la popolazione, a partire dalla scuola dell’obbligo, e coinvolgendo media, divulgatori, comunicatori, ed ogni categoria di professionisti della ricerca e della sanità’.
Tutte le forze politiche italiane si impegnano affinché si assicurino alla Scienza adeguati finanziamenti pubblici, a partire da un immediato raddoppio dei fondi ministeriali per la ricerca biomedica di base.

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Di per sé, la firma congiunta di Matteo Renzi e Beppe Grillo al Patto trasversale per la Scienza, promosso da Roberto Burioni e Guido Silvestri, è una buona notizia: come afferma giustamente Burioni, “…ci si può dividere su tutto, ma una base comune deve esserci. La scienza deve fare parte di questa base. Perché non ascoltare la scienza significa non solo oscurantismo e superstizione, ma anche dolore, sofferenza e morte di esseri umani”.

Aggiungo che, escludendo la possibilità di ragionare nei termini di probabilità ed evidenza offerti dalla scienza, il dibattito pubblico si riduce a un’accozzaglia di opinioni con la pretesa di elevarsi al rango di fatto, creando un’insopportabile cacofonia dove si impedisce un confronto proficuo e prevale chi è in grado di urlare più forte, quasi sempre facendo branco ai danni delle voci discordanti (quello che avviene comunemente sui social media).

Premesso ciò, quanto è davvero efficace il Patto? Dipende dagli scopi che si prefigge: se si tratta soltanto di premere sui politici affinché riconoscano dignità e autorevolezza agli scienziati, il documento centra sostanzialmente l’obiettivo; se, invece, il fine ultimo è di riannodare i legami sfilacciati tra scienza e società, molti sono i motivi per dubitare. Innanzitutto, gli autori utilizzano il termine onnicomprensivo ‘Scienza’ per poi riferirsi esclusivamente alla disciplina di loro competenza, cioè la medicina (l’appello per un ‘immediato raddoppio dei fondi ministeriali per la ricerca biomedica di base’ sembra delimitare ulteriormente il campo). Così facendo, si è buttata la polvere sotto il tappeto accantonando diverse questioni spinose, a cui accenneremo in seguito.

In secondo luogo, dal tono del documento emerge chiaramente una politica in dovere di redimersi contrapposta a una comunità scientifica (sempre celata dietro la parola, ‘Scienza’, concetto astratto e di per sé inattaccabile) ineccepibile ed esente da qualsiasi biasimo. Consapevoli della diffidenza che aleggia in gran parte dell’opinione pubblica, non sarebbe stato opportuno, ad esempio, un richiamo anche fugace alla deontologia professionale, in particolare impegnandosi alla massima trasparenza e vigilanza  nei confronti della longa manus dell’industria farmaceutica su ricerca e sanità?

Purtroppo, accanto a tante fake news ed esternazioni paranoidi sui tentativi egemonici di Big Pharma, esistono anche fatti acclarati e inoppugnabili. Solo per citare un paio di esempi, la pur blanda autorità antitrust italiana negli ultimi anni ha sanzionato importanti multinazionali come Roche, Novartis e Aspen (qui e qui per i dettagli); in una ricerca pubblicata sul British Medical Journal condotta su 321 oncologi italiani (ospedalieri e universitari), il 67% del campione intervistato ritiene che la maggior parte dei colleghi si trovi in una situazione di conflitto di interesse con le aziende del settore, mentre il 62% ha dichiarato di aver ricevuto pagamenti diretti negli ultimi tre anni da soggetti legati a Big Pharma la quale, secondo più dell’80%, costituisce il principale attore della formazione medica. Situazioni che si aggiungono ai tristemente noti ‘scandali della sanità’, i quali probabilmente hanno convinto molti cittadini sfiduciati ad abbracciare inquietanti ‘terapie alternative’ da cui altrimenti non si sarebbero fatti abbindolare (cari Burioni e Silvestri, troppo facile lavarsi le mani riducendo tutto a un problema di ignoranza popolare e carenze del sistema scolastico).

Se poi si allargasse il discorso dalla medicina a tutta la ‘Scienza’, il quadro si presenterebbe ancora più fosco. Nel libro di Enrico Bucci Cattivi scienziati. La frode nella ricerca scientifica, capace di meritarsi la prefazione di una persona certamente non accusabile di cospirazionismo e irrazionalismo antiscientifico (la biologa e senatrice a vita Elena Cattaneo), emergono diffusi comportamenti truffaldini all’interno del panorama accademico, anche internazionale; per di più, si scopre che persino alcuni capisaldi del rigore scientifico, come le procedure di revisione paritaria (peer review), presentano falle che ne mettono seriamente in dubbio l’affidabilità (rimando a un interessante articolo di Ugo Bardi al riguardo, purtroppo disponibile solo in inglese).

In conclusione, è essenziale ricreare un clima costruttivo tra società, politica e scienza, ma ogni sforzo risulterà vano se uno di questi soggetti pretende di ergersi immacolato su di un piedistallo, astenendosi da importanti riforme. Gli scienziati hanno pieno diritto di reclamare l’autonomia dei processi di formazione della conoscenza da qualsiasi ingerenza esterna, nonché di vedere riconosciuta la loro autorità in merito ai fenomeni di cui è possibile discernere con cognizione solo tramite il ricorso al metodo scientifico. Tuttavia, in un mondo dove i confini tra accademia, ricerca industriale e mercato diventano sempre più labili, la Scienza – se davvero preoccupata per la propria credibilità – non può pretendere di rimanere arroccata nella torre d’avorio, pertanto deve accettare un attento monitoraggio sulle procedure di assunzione e progressione di carriera dei ricercatori nonché sulle modalità di applicazione dei criteri di validazione della letteratura scientifica, garantendo altresì la massima trasparenza sulle commistioni con il business privato; inoltre, non può arrogarsi alcuna esclusiva nel dibattito sulle pesanti ricadute ambientali e sociali legate allo sviluppo ipertrofico della sfera tecno-scientifica (alterazioni permanenti della biosfera, modificazioni del genoma, automazione totale, ecc.), vista l’enorme portata delle loro conseguenze.

Con buona pace delle fisime di Burioni, quella auspicata sarebbe una scienza autenticamente democratica, grazie al controllo sociale esercitato per assicurare il rispetto di merito, rigore e autonomia, evitando allo stesso tempo improprie posizioni di leadership in questioni che riguardano le sorti del pianeta e della civiltà, coinvolgendo quindi tutti i cittadini. Mi propongo di tornare prossimamente sull’argomento e di approfondirlo.

(Fonte immagine in evidenza: rielaborazione personale immagini di Wikipedia)

 

 

 

1 commento

  1. Credo che l’obiettivo di questa iniziativa sia quello di porre all’attenzione dell’opinione pubblica il valore centrale dell’atteggiamento scientifico nel determinare gli obiettivi, i metodi i linguaggi nella progettazione del futuro della società. Il rapporto scienza-società è una questione aperta e complessa non di facile soluzione, però è bene che sia segnata una linea guida, una direzione verso cui incamminarsi ben consapevoli che il lavoro degli scienziati non è non può essere svolto nelle “torri d’avorio” della conoscenza pura ma dovrà sempre confrontarsi con le esigenze e le insidie della complessa e contraddittoria realtà sociale.

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