Sugli uomini e sugli animali, sulla carne e sul grano

Sul dialogo e sull'arroganza

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Scene di caccia sulle pareti della Grotta dei Cavalli (paleolitico spagnolo)

“Faccio una gran fatica a dialogare con persone che fingono o non riescono a capire determinati argomenti.” (Roberto Contestabile)

Da molto tempo leggo sui rapporti che ci sono (e/o che ci dovrebbero essere) fra uomini e animali e del tipo di alimentazione che l’uomo dovrebbe avere.
Leggo di correlazioni che ci sono (che ci sarebbero!) fra violenza sugli animali e violenza sulle persone (senza fare differenza fra macellazione e maltrattamenti di animali) e fra salute e diversi tipi di alimentazione (per semplificare: è migliore quella basata su carne e/o pesce, verdura e frutta oppure quella basata su cereali, legumi, frutta e verdura?).
Questo che segue è solamente un contributo a queste tematiche. Non ho una posizione precisa sui rapporti che dovrebbero esserci fra uomo e animali e sul tipo di alimentazione migliore per l’umanità.
Aggiungo che ho l’impressione che quello che leggo in giro in merito alle tematiche a cui ho fatto riferimento non si basi su ricerche serie (anzi che non si basino per nulla su ricerche) e che siano solamente desideri (ovviamente legittimi ma solamente desideri, quindi non cose in qualche modo valide e/o vincolanti per tutti). Ho notato però una certa arroganza, una certa violenza verbale nel trattare questi temi da parte di certe persone e organizzazioni (ne è esempio l’espressione riportata agli inizi di questo articolo).

Ho deciso di redigere e pubblicare il presente articolo dopo che Roberto Contestabile ha pubblicato l’articolo “Spezza la catena della violenza. AssoVegan e VeganOk con Link-Italia (APS)” sul sito facebook di Decrescita felice social network (l’articolo è raggiungibile al seguente indirizzo: http://www.promiseland.it/info/ ; in seguito lo stesso autore ha pubblicato un altro articolo, dello stesso tenore, sul blog di DFSN e raggiungibile all’indirizzo http://www.decrescita.com/news/correlazione-tra-violenze-sugli-animali-e-violenze-sugli-umani-progetto-link-italia/ ) In seguito alla pubblicazione dell’articolo di Roberto Contestabile su Facebook ne è seguito uno scambio di idee. Alla mia richiesta all’autore dell’articolo di conoscere i titoli, gli autori, i committenti, ecc., delle molteplici ricerche che avrebbero messo in evidenza le correlazioni fra comportamento verso gli animali (ripeto: senza fare distinzione fra macellazione e maltrattamenti!) e comportamento violento verso le persone, ho, tra l’altro, ricevuto una risposta che termina in questo modo:” :“ Ma basta fare solo un po’ di sana ricerca, o anche leggere qualche buon libro di storia…le citazioni sono innumerevoli. In ogni caso non si può negare come sia evidente il comportamento maniacale perpetrato da molti addetti alla macellazione, che si ripercuote poi all’interno della propria sfera familiare.”

L’autore degli articoli indicati, oltre a dare per certo cose che, penso, siano solamente sue opinioni, dà sempre indicazioni molto generiche sul materiale da consultare e che metterebbe in evidenza le correlazioni indicate.
Dice per esempio: “Il Maltrattamento e/o l’Uccisione di Animali in quanto seme e tratto caratteristico della violenza interpersonale e di ogni altro comportamento criminale è da molto tempo dimostrato nella letteratura scientifica accademica – Utah University, Northwestern University, Massachussetts University, Harvard University, Florida Unuversity, American Psychiatric Association, World Health Organization, ecc. – e investigativo giudiziaria anglosassone – Federal Bureau of Investigation (F.B.I.), Office of Juvenile Justice and Delinquency Prevention (O.J.J.D.P.), Scotland Yard, New South Wales Police Force (Australia NSW Police Force), Canadian Police, ecc.”,
… oppure dice :” Ai più alti livelli psicologici dunque è risaputo che il legame tra la violenza sugli Animali e quella sugli Umani è strettamente intrinseco, unito da un unico filo parallelo molto ravvicinato.”
…e : “Lo dicono gli esperti a livello internazionale, psicologi, psicoterapeuti, tutori della legge, letterati.”

Del resto il sottotitolo a uno degli articoli indicati così recita:
“C’è una stretta correlazione tra maltrattamenti sugli Animali e violenze sugli Umani. Lo dicono gli esperti a livello internazionale, psicologi, psicoterapeuti, tutori della legge, letterati. Personaggi illustri che dedicano da molti anni un valido interesse agli Animali non inferiore a quello verso gli Umani. Il progetto Link-Italia è uno strumento efficace da approfondire e divulgare.”
Come dicevo l’autore dell’articolo non fa mai riferimento a ricerche specifiche (con l’indicazione del titolo, dell’autore, del committente, ecc.) che metterebbero in evidenza la stretta correlazione fra violenza sugli animali (ripeto: senza fare distinzione fra macellazione e maltrattamenti) e violenza sugli umani e, soprattutto, non indica mai dove sia possibile reperire queste ricerche in modo da poterle visionare.

Visto la situazione di stallo che si è creata ho deciso di redigere il presente articolo dove porterò dei documenti che metteranno in evidenza cose molto diverse da quelle professate da Roberto Contestabile (l’autore dell’articolo indicato). Ovviamente questi documenti non mettono la parola fine alla ricerca e al confronto fra diverse opinioni ma sono solamente una tappa di questo confronto.

Il presente articolo sarà composto da due parti:
La prima parte consisterà in diversi stralci ripresi dal saggio “Chi siamo – La storia della diversità umana” di Francesco e Luigi Luca Cavalli Sforza (sono relativi alla vita e alla cultura dei pigmei, popolazione che vive di caccia e raccolta di vegetali spontanei) e in un resoconto di un reportage di Michael Finkel sulla vita degli Hadza, una popolazione di cacciatori-raccoglitori della Tanzania.
La seconda parte, infine, consisterà nell’esporre integralmente un breve saggio di Jared Diamond dal titolo “Il peggiore errore nella storia della razza umana”. Questo saggio interessa perché mette in evidenza le variazioni intervenute nella salute e nelle condizioni di vita delle popolazioni col passaggio dalla caccia e/o pesca e raccolta di vegetali spontanei all’agricoltura e pastorizia (e, quindi, col relativo passaggio da una alimentazione basata su carne e/o pesce e vegetali spontanei a una alimentazione basata su cereali, legumi e pochi ortaggi, contenenti quasi essenzialmente carboidrati e poche e scadenti proteine, e scarsissime quantità di carne, pesce e formaggio).

Alla fine delle varie parti seguiranno dei brevi commenti e l’articolo terminerà con una brevissima conclusione.

Prima parte
La prima parte tratterà del modo di vita, della cultura dei popoli cacciatori-raccoglitori, di quei popoli che vivono di caccia e/o pesca e raccolta di vegetali spontanei. Si metteranno in evidenza soprattutto i rapporti esistenti fra uomini e donne, fra adulti e bambini, della comunità verso anziani e disabili e verso le altre popolazioni.
Alla fine saranno fatti dei brevi commenti sulle cose evidenziate.

(stralci ripresi dal saggio “Chi siamo – La storia della diversità umana” di Francesco e Luigi Luca Cavalli Sforza [per conoscere sinteticamente la figura e l’opera di Luigi Luca Cavalli Sforza si veda https://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Luca_Cavalli-Sforza )

Il più antico stile di vita

“….Negli anni sessanta ho iniziato una ricerca sui pigmei africani, che vivono cacciando e raccogliendo il cibo in natura. Il mio lavoro non mi metteva direttamente a contatto con i loro metodi di caccia, ma ho provato la curiosità di vedere questi grandi specialisti all’opera nella foresta tropicale.
…..
I pigmei cacciano alla loro maniera, non con il fucile. Come è noto sono molto piccoli; suona quasi ironico che siano gli uomini più piccoli del mondo a uccidere gli animali più grossi. Con enorme coraggio attendono la carica dell’elefante dopo avere fissato in terra una grossa lancia diretta verso il petto dell’animale, e all’ultimo momento scappano; oppure lo colpiscono nei fianchi e nella pancia, o nelle gambe per tagliare i tendini.
….
La società pigmea non ha gerarchia sociale, e il “capo” non ha autorità vera, ma è solo un punto di riferimento per le persone che vengono da fuori….
….
Tutta la selvaggina viene divisa fra i membri dell’accampamento, ma alcune delle pari migliori toccano a chi ha preso l’animale. Per i pigmei la caccia è chiaramente un lavoro, è necessaria per vivere, ma è anche un lavoro divertente…
I Pigmei hanno sviluppato una conoscenza straordinaria del comportamento degli animali che permette loro caccie molto difficili, come quella al formichiere, o pericolose come quella all’elefante.
….


Foto 1 Pigmei che vanno a caccia con reti e lance

I pigmei amano profondamente la loro vita. E’ difficile sradicarli: lo si può fare solo distruggendo la foresta, come è avvenuto negli ultimi duemila anni e continua ad avvenire a velocità pazzesca, in un autentico annientamento su scala planetaria, ma finché resteranno in africa larghi tratti di foresta tropicale indisturbati vi si troveranno dei pigmei che vanno a caccia. La loro abilità è proverbiale…

Per oltre il 99 per cento della sua storia l’umanità è vissuta di caccia e raccolta. I pigmei sono uno dei pochi esempi ancora esistenti di popoli che praticano questo stile di vita. Mi interessava studiarli per capire vari aspetti dell’evoluzione dell’Uomo in questo arco maggiore della sua esistenza. Già negli anni sessanta erano rimaste pochissime popolazioni presso cui era ancora possibile svolgere questo genere di ricerca. Volevo anche capire i rapporti fra l’evoluzione dei pigmei e quella degli altri africani, che erano ignoti, comprese le ragioni della differenza di statura

I pigmei sono abilissimi a distinguere gli amici dai nemici e a riconoscere quali sono le vere intenzioni di un interlocutore nei loro confronti.

Il popolo della foresta
L’organizzazione sociale primitiva doveva essere molto simile a quella attuale dei pigmei. Sono nomadi o seminomadi. Una tribù può comporsi di 500, 1000 o 2000 persone, talora anche più, ma vivono sempre in bande, in gruppi di una trentina di persone in media – possono variare da dieci a cinquanta comprese le donne e i bambini – che vanno a caccia insieme. A intervalli di tempo più bande, o l’intera tribù, si riuniscono per feste o celebrazioni in cui danno vita a grandi danze e a riti collettivi. Le danze e i cori sono le loro attività sociali più importanti…
Basta poco tempo per costruire una casa, …, per cui è facile cambiare spesso accampamento – una necessità imposta dalla caccia – e costruirne uno nuovo a qualche giornata di cammino. La composizione del campo non è fissa ma abbastanza fluida. Le poche famiglie che lo formano sono di solito imparentate per via maschile, ma non sempre. Ad ogni spostamento c’è chi va da una parte, arrivano altre famiglie, per cui ogni nuovo campo può essere un po’ diverso dal precedente. Il territorio di caccia è ripartito fra i vari gruppi e i singoli individui lo ereditano dai genitori; in più, sposandosi, acquistano il diritto di cacciare nel territorio della famiglia della moglie.
Circa il 30-40 per cento del cibo mangiato dai pigmei è carne di selvaggina varia, soprattutto antilopi e gazzelle. Anche le scimmie sono considerate vere prelibatezze, specie i nostri cugini scimmioni come i gorilla e scimpanzé, che abitano esattamente le stesse regioni dei pigmei. La caccia è compito degli uomini, mentre le donne raccolgono il resto del cibo: frutta, verdure e ogni sorta di prodotti vegetali. (le donne inoltre, con i bambini, vanno alla ricerca di tartarughe e uccelli, ndr)
….
I pigmei sono straordinariamente adattati all’ambiente della foresta. Sono esperti di tutto ciò che vi vive. Da erbe e radici ricavano medicamenti in genere sconosciuti alla medicina occidentale. Intingono le frecce in un veleno micidiale, composto di estratti di tre o quattro vegetali diversi. Hanno anche sviluppato degli antidoti per questi veleni. La loro più grande competenza è l’etologia, il comportamento animale. Per loro è fondamentale nella caccia. Sono in sostanza gli unici uomini in grado di sopravvivere con i loro mezzi nella foresta.

Vita da pigmei
Incontrare i pigmei è stata una esperienza straordinaria. Sono la gente più pacifica che io abbia conosciuto. Gentili, di grande dignità, anche spiritosi. Detestano la violenza e ne rifuggono. Se sono in disaccordo discutono, litigano rumorosamente, magari si picchiano – anche fra marito e moglie, sono tutti e due forti uguali – ma è rarissimo che ricorrano alle armi… Gli omicidi sono rari. Quando due persone non vanno d’accordo, si evitano e non si parlano per un certo tempo; ciascuno costruisce la propria capanna in modo che l’entrata non sia rivolta verso l’ingresso della capanna dell’altro, così da non vederlo quando esce. Nei casi di dissidio più gravi, uno dei due lascia l’accampamento e si unisce a un’altra banda.
Uno dei punti fermi dell’etica pigmea – è possibile solo in una zona a bassissima densità di popolazione! – è che se due litigano forte si separano. Gli altri, nel campo, si seccano a sentire la gente che urla e cercano di farli stare zitti. Se quelli insistono li allontanano. Non sopportano chi “fa rumore”, chi “disturba la pace”, per esprimersi con le loro parole.

Non esistono capi, gerarchie o leggi. C’è parità fra uomini e donne. Le questioni che riguardano tutti vengono discusse in comune intorno al fuoco. La punizione più grave che può essere inflitta dalla comunità è l’allontanamento dal campo, che in una foresta equivale quasi ad una condanna a morte: la vita in foresta è magnifica in gruppo, ma è impossibile sopravvivere da soli. Naturalmente, l’esiliato può sempre unirsi ad un’altra banda, se questa è disposta ad accoglierlo.
Uno degli aspetti che più mi ha colpito è l’amore eccezionale che sia i padri che le madri hanno per i bambini, che vengono cresciuti dai genitori, ma sono trattati da tutti gli adulti del gruppo come propri figli. Se un bambino rimane orfano viene adottato automaticamente dalla famiglia degli zii ed è considerato al pari degli altri figli. Racconta Colin Turbull, il primo antropologo che è vissuto a lungo con i pigmei – e ottimo scrittore – che i bambini chiamano “padre” e “madre” tutte le persone della generazione dei genitori, “nonni” tutti quelli della generazione precedente, “fratello” e “sorella” tutti quelli della loro età.
Vi è una forte solidarietà verso gli anziani e i disabili, almeno finché è possibile aiutarli senza mettere in pericolo la vita del gruppo…In foresta non essere in grado di camminare equivale a morte sicura. In questi casi la banda si fa carico degli infortunati: ho visto che ciechi e ammalati gravi non venivano abbandonati.
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Colin Turnbull riferisce che sembrano non dare importanza al passato e al futuro. Ciò che conta è il presente. Cita una loro espressione: “Se non è qui e ora, cosa importa dove e quando?”
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Il matrimonio non ha un rito elaborato. Se è il caso divorziano. È probabile che abbiano preso dagli agricoltori l’attuale abitudine di “comprare” la moglie, non con denaro perché non hanno denaro, ma con servizi per i futuri suoceri, magari lavorando per loro, cioè in sostanza andando a caccia per un anno o due. Un uomo per sposarsi deve dimostrare di essere in grado di catturare selvaggina, quindi di poter mantenere una famiglia, e nel momento in cui porta via una donna ai genitori deve dare qualcosa in cambio, per rimpiazzare il contributo che la moglie portava al sostentamento alla famiglia di origine.
Il messaggio di un faraone
I pigmei hanno un’indole allegra: sono chiacchieroni, fanno una vita che considerano – e in effetti è – molto gradevole. Spesso rimangono nell’accampamento a oziare, ma adorano il canto, il ballo e la musica, che è una polifonia molto ricca, dai timbri particolari, in cui ogni individuo produce una nota, sempre la stessa, o una certa melodia, a intervalli di tempo predeterminati. Il loro senso del ritmo è incredibile. Un musicologo francese ha fatto l’esperienza di registrare il canto di uno di essi, che era la ripetizione della stessa nota a intervalli di tempo irregolari, poi il canto di un altro, di un altro ancora, e quindi ha messo insieme tutti i nastri. Ha così ricomposto un coro identico a quello originale, perché nessuno aveva mai perduto il tempo. Usano strumenti molto semplici, come tamburi, flauti e una sorta di violino a una corda. In alcune regioni vi sono gruppi di ottimi musicisti.
La loro passione universale è però la danza: un bambino di sette-otto mesi non cammina, ma balla se c’è musica ed è tenuto per mano dalla madre. Le madri danzano tenendo i bambini sulle spalle o sul fianco. C’è sempre il battito di qualche tamburo a dare un ritmo molto veloce e spesso un virtuoso si esibisce in danze rapide e difficili. In una lettera scritta 4.500 anni fa, un faraone egiziano esorta un suo generale, partito alla ricerca delle fonti del Nilo, a portargli con la massima rapidità un pigmeo dal paese di Punt (forse l’alto Nilo), chiamandolo “danzatore di Dio”, “colui che rallegra il cuore del faraone”.
A tanti anni di distanza, il tono entusiasta della lettera non suscita meraviglia in chi conosca i pigmei. Sono ballerini eccellenti, sciolti e vitalissimi. In genere si raccolgono in un grande cerchio intorno al fuoco e sono in grado di andare avanti a danzare, suonare e cantare per tutta la notte.
Troviamo un danzatore pigmeo raffigurato in un affresco egizio. Il dipinto riporta il nome Aka. Ancor oggi i pigmei di una certa tribù chiamano se stessi “Aka”. È un nome che è sopravvissuto per molte migliaia di anni e che nella loro lingua significa semplicemente “Uomo”. (1)

Commento
Questi stralci tratti dal saggio dei Cavalli Sforza mettono in evidenza la cultura pigmea, fatta di rapporti pacifici, gentili, di rapporti paritari fra uomini e donne, di profondo amore verso i bambini (senza fare differenza con quelli di altre famiglie), di attenzione verso gli anziani e i disabili, ecc.: invece secondo una certa cultura adesso abbastanza in voga (come quella espressa da Roberto Contestabile), i pigmei, per il fatto di praticare la caccia (che, come dice Cavalli Sforza, per i pigmei “…è chiaramente un lavoro, è necessaria per vivere, ma è anche un lavoro divertente”), avrebbero dovuto essere criminali assassini, maltrattare le donne e i bambini, non interessarsi dei più deboli e degli anziani, essere sempre in guerra con le popolazioni confinanti, ecc.. Come si è visto le cose sono completamente diverse!
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Un’altra testimonianza della vita dei cacciatori-raccoglitori proviene da un reportage di Michael Finkel, riportato nel numero di dicembre 2009 di National Geografic Italia.
Espongo un riassunto e riporto alcuni stralci di questo lavoro.
Questo reportage riguarda la vita degli Hadza, una popolazione (probabilmente Khoisan [boscimane-ottentotta]) di alcune centinaia di unità, che vivono in un territorio di poche migliaia di km quadrati in Tanzania. Vivono da cacciatori-raccoglitori, come tutte le popolazioni umane vivevano più di diecimila anni fa, prima che si iniziasse a coltivare le piante e a praticare la pastorizia. E’ un modo di vita che gli Hadza non cambierebbero mai nonostante siano ormai costretti a vivere nei peggiori territori, quelli poco appetiti dalle popolazioni di agricoltori: ma non si sa quanto questo potrà durare visto la pressione demografica sempre più forte!
Gli Hadza hanno molto tempo libero perché dedicano solamente poche ore al giorno alla caccia e alla preparazione della strumentazione necessaria (a cui si dedicano essenzialmente gli uomini) e alla raccolta di frutti e tuberi (a cui si dedicano soprattutto le donne).
Gli Hadza vivono in gruppi di una trentina di persone fra uomini, donne e bambini. Il gruppo è formato da parenti acquisiti e amici. Alcuni membri sono fissi mentre altri vanno e vengono. Non hanno un capo e i rapporti fra i suoi membri sono paritari e non competitivi. Ogni preda uccisa portata al villaggio viene suddivisa fra i membri del villaggio stesso.
I bambini sono bambini di tutti: è difficile stabilire, in base ai loro comportamenti, di chi è figlio un determinato bambino, salvo quando sono neonati che ovviamente vengono allattati dalla madre.
La maggior parte degli Hazda conosciuti da Michael Finkel erano monogami seriali: dopo un certo numero di anni cambiavano sposa o sposo. Non esistevano cerimonie nuziali: se un uomo e una donna per qualche tempo dormivano insieme vicino allo stesso fuoco potevano considerarsi sposati.


Foto 2 Boscimani a caccia
Gli uomini e le donne svolgono ruoli distinti ma i rapporti fra di loro sono paritari. Nessuno ha autorità su altri. Sono pacifici sia fra di loro che verso le altre popolazioni (gli Hadza non fanno guerre: se entrano in contatto con altre popolazioni non arrivano allo scontro ma si spostano altrove). Se un uomo o una donna entrano in conflitto fra di loro o con altri membri del gruppo risolvono il problema cambiando gruppo-accampamento.
E’ molto particolare il rapporto che gli Hazda hanno col tempo. Non tengono conto di anni, mesi, settimane, giorni od ore: vivono solo nel presente, non esiste il passato e non esiste il futuro. Non sanno cosa può succedere dopo la morte, non hanno né sacerdoti, né sciamani né stregoni. Forse identificano Dio col sole.
La caccia avviene individualmente anche se alle volte avviene collettivamente però la cottura e il consumo della preda cacciata è un rito collettivo. Gli Hadza mangiano più o meno qualsiasi animale che riescono a uccidere, dagli uccelli agli gnu, dalle zebre ai bufali. Si cibano di facoceri, potamocheri e procavie, ma prediligono i babbuini.
I modi in cui gli hadza cuociono e consumano la carne è abbastanza semplice: “…la carne viene messa direttamente sul fuoco… Non appena la carne è pronta i coltelli vengono sguainati e inizia a baraonda. Tutti afferrano, tagliano, masticano, tirano; bisogna prima piantare i denti in un pezzo di carne e poi staccare la propria parte col coltello…Si frantumano le ossa con un pietra per succhiare il midollo e ci si spalma il grasso sulla pelle come idratante.
… Onwas (uno dei membri del gruppo ndr) se ne sta…con la testa del babbuino. Siede a gambe levate intorno al fuoco e mangia le guance, i bulbi oculari, la carne del collo e la pelle della fronte…Rosicchia il cranio fino all’osso poi lo lancia in mezzo al fuoco… ……. A un certo punto Onwas infila la mano nel fuoco e tira fuori il cranio del babbuino e lo spacca, mettendo a nudo il cervello che per un’ora buona ha continuato a bollire. Onwas offre il cranio e gli uomini, me compreso, si fanno avanti, inzuppandosi le dita, tirano su una manciata di cervello e lo ingurgitano.” (2)
Mentre la testa del babbuino cuoceva Onwas ha iniziato a raccontare storie di caccia e a imitarne le varie scene. I bambini si sono fatti vicino e sono rapiti dal racconto mentre le donne cantano e poi uomini e donne, continuando a cantare, iniziano a danzare.

Foto 3 Cultura boscimane: canti e balli intorno al fuoco

“Il rituale hadza più importante è l’epeme, una danza che si svolge nelle notti senza luna. Uomini e donne si dividono in gruppi separati; mentre le donne cantano, gli uomini, uno alla volta, indossano un copricapo piumato, si legano delle campanelle alle caviglie e si muovono impettiti, battendo il piede destro a tempo con i canti. Durante la notte, si dice, gli antenati escono dalla savana per unirsi alle danze.” (3)
Ma la vita degli Hadza è fatta anche d’altro. Dice il giornalista:” La vita che fanno mi sembra un eterno, pericolosissimo campeggio. Si corrono rischi incredibili. I soccorsi sono lontani; una brutta caduta da un albero, il morso di un mamba nero, un leone che attacca, ed è la morte. Le donne partoriscono accovacciate nella savana; un quinto circa dei neonati muore entro il primo anno di vita e quasi la metà dei bambini non arriva ai 15 anni. Gli Hadza debbono combattere con il caldo estremo, la sete e un pullulare di mosche tze-tze e zanzare portatrici di malaria.
I giorni che ho trascorso insieme a loro hanno cambiato il mio modo di vedere il mondo. Hanno instillato dentro di me quello che mi piace definire “l’effetto Hadza”: mi hanno calmato, mi hanno fatto sentire più in sintonia con il presente, più autonomo, un po’ più coraggioso e meno attanagliato dalla fretta. A rischio di sembrare sdolcinato, voglio dirlo: il tempo che ho trascorso con gli Hadza mi ha reso più felice. E vorrei tanto che ci fosse un modo per prolungare l’era dei cacciatori-raccoglitori, pur sapendo che, molto probabilmente, orma è troppo tardi.” (4)
Commento
Anche il resoconto che ho fatto del reportage di Michael Finkel sugli Hadza ha messo in evidenza come la vita di un popolo cacciatore-raccoglitore, che cioè vive di caccia e di raccolta di vegetali spontanei, sia una vita fatta di rapporti pacifici fra i suoi membri, di amore profondo verso i bambini, di rapporti paritari fra uomini e donne, ecc., come aveva già messo in evidenza la ricerca fatta da Luigi Luca Cavalli Sforza.
1) Luca e Francesco Cavalli-Sforza, Chi siamo – La storia della diversità umana 1993 Arnoldo Mondadori editore S.p.A., Miliano I edizione Oscar saggi marzo 1995; da pag. 9 a pag. 22

2) National Geographic Italia Dicembre 2009, pagg. 38-39
3) idem, pag. 37
4) idem pag. 40

Seconda parte
Come già detto in precedenza la seconda parte tratterà delle modificazioni delle condizioni di salute e di vita delle popolazioni umane col passaggio dall’alimentazione basata su carne e/o pesce e vegetali spontanei a quella basata essenzialmente su cereali, legumi e pochi ortaggi.
Mi baserò nel trattare questo tema di un breve saggio di Jared Diamond. Il saggio, dal titolo “Il peggiore errore nella storia della razza umana” è reperibile sul WEB in più siti però la prima volta l’ho reperito sul sito http://www.appelloalpopolo.it , dove tra l’altro c’è anche il collegamento al sito http://www.mnforsustain.org/food_ag_worst_mistake_diamond_j.htm dove è riportato il documento originale. (della lingua inglese conosco solamente poche parole e pochissime semplici espressioni ma mi permetto di dire che avrei tradotto il titolo con “Il peggiore errore nella storia dell’umanità”)

Il peggiore errore nella storia della razza umana
di Jared Diamond

(per conoscere la figura e l’opera di Jared Diamond si veda https://it.wikipedia.org/wiki/Jared_Diamond )

E’ grazie alla scienza che sono avvenuti significativi cambiamenti nella compiaciuta immagine che avevamo di noi stessi. L’astronomia ci ha insegnato che la nostra Terra non è al centro dell’Universo ma è solo uno degli innumerevoli corpi celesti. Dalla biologia abbiamo imparato che non siamo stati creati così da Dio ma abbiamo subìto delle evoluzioni così come milioni di altre specie. E ora l’archeologia sta demolendo un altro sacro credo: che la storia dell’umanità nel corso dei passati milioni di anni sia una lunga storia di progresso. In particolare recenti scoperte suggeriscono come l’avere adottato l’agricoltura, che si suppone sia stato il nostro maggiore passo verso una vita migliore, fu in realtà una autentica catastrofe da cui non ci siamo mai ripresi.
Con l’agricoltura arrivarono anche le grandi diseguaglianze sociali e sessuali, le malattie ed il dispotismo che maledicono le nostre attuali esistenze. Ad un primo impatto, le prove contro questa interpretazione revisionista sembrano irrefutabili. Ce la caviamo molto meglio in quasi ogni campo rispetto alle persone del medioevo, che a loro volta se la cavavano meglio dei cavernicoli, i quali a loro volta se la cavavano meglio delle scimmie antropomorfe. Basta fare un rapido conto dei vantaggi: abbiamo a disposizione vari cibi in abbondanza, straordinari utensili, molti beni materiali, le vite più lunghe e la salute migliore della storia. Siamo al sicuro da carestie e predatori. Otteniamo energia dalle macchine e dal petrolio, non dal sudore della nostra fronte.


Foto 4 Scene di vita agricola nell’antico Egitto

Chi sarebbe quindi il neoluddista che vorrebbe scambiare la propria vita con quella di un contadino medievale, di un cavernicolo o di uno scimmione?
Per la maggior parte della nostra storia ci siamo sostentati con la caccia e la raccolta: cacciavamo animali selvatici e raccoglievamo piante selvatiche. E’ un tipo di vita che i filosofi hanno tradizionalmente descritto come pericoloso, brutale e breve. Dato che il cibo non veniva coltivato o allevato e ne veniva immagazzinato poco, non esiste (in questa prospettiva) tregua alcuna nella lotta quotidiana per procurarsi il cibo ed evitare la morte per fame. Siamo riusciti a scappare da questa miseria solo 10.000 anni fa, quando in diverse parti del mondo le persone iniziarono ad addomesticare gli animali e a coltivare le piante. La rivoluzione agricola si è diffusa al punto di essere praticata quasi universalmente, con la rara eccezione di poche superstiti tribù di cacciatori-raccoglitori.
Dal punto di vista dell’ideologia progressivista con la quale sono stato educato, chiedersi “Perché quasi tutti i nostri antenati cacciatori-raccoglitori adottarono l’agricoltura?” è sciocco. Naturalmente i nostri antenati adottarono l’agricoltura perché è un metodo efficiente per avere più cibo con minor fatica. La semina di piante produce una quantità di gran lunga maggiore per acro di radici e bacche selvatiche. Basta immaginare un gruppo di selvaggi, esausti dopo una giornata alla ricerca di noci ed animali selvatici che improvvisamente si trovano davanti un frutteto con gli alberi carichi di frutta, oppure una mandria al pascolo. Quanti millisecondi pensate servano loro perché apprezzino gli innegabili vantaggi dell’agricoltura?
La linea del partito progressivista alle volte si spinge fino a dare all’agricoltura tutto il merito dello straordinario fiorire di attività artistiche che ha avuto luogo nelle ultime migliaia di anni. Dato che i raccolti possono essere immagazzinati e dato che ci vuole meno tempo per raccogliere del cibo da un orto piuttosto che raccoglierlo in natura, l’agricoltura ci ha regalato quel tempo che i nostri antenati cacciatori-raccoglitori non ebbero mai. E’ perciò merito dell’agricoltura se oggi abbiamo il Partenone e la Messa in Si minore.
Anche se il punto di vista progressivista sembra schiacciante, resta difficile da provare. Come può essere dimostrato che le vite delle persone che 10.000 anni fa abbandonarono la raccolta di bacche e radici per abbracciare l’agricoltura migliorò? Fino a poco tempo fa gli archeologi dovevano fidarsi di test indiretti, i cui risultati sorprendentemente fallirono di sostenere le tesi progressiviste.
Ecco un esempio di test indiretto: sono i cacciatori-raccoglitori del 20° secolo veramente messi peggio degli odierni agricoltori? Sparsi nel mondo ci sono alcune dozzine di gruppi di cosiddetti primitivi, come i Boscimani del Kalahari, che continuano a vivere secondo le loro tradizioni. Salta così fuori che queste persone hanno un sacco di tempo libero, dormono un bel po’ e lavorano molto meno dei contadini loro vicini. Per esempio il tempo medio impiegato ogni settimana per procurarsi cibo varia dalle 12 alle 19 ore per un gruppo di Boscimani, e 14 ore o meno per gli Hazda nomadi della Tanzania. Un Boscimane a cui era stato chiesto perché non imitasse lo stile di vita di altre tribù che avevano adottato l’agricoltura, rispose: “E perché mai dovrei, visto che ce ne sono anche troppi di balenghi in questo mondo?”
Mentre le popolazioni stanziali hanno un’alimentazione con alto contenuto di carboidrati (come riso e patate), la miscela di piante ed animali selvatici della dieta degli ultimi cacciatori-raccoglitori assicurano un più alto contenuto di proteine ed un migliore equilibrio di altri nutrimenti. In uno studio si evidenzia come l’assunzione giornaliera di cibo dei Boscimani (in un mese di abbondanza di cibo) fu di 2140 calorie e 93 grammi di proteine, considerevolmente più alta della dose quotidiana suggerita per persone di dimensioni analoghe.
E’ quasi incredibile che i Boscimani, che si nutrono di 75 piante selvatiche, possano morire di fame come successe alle centinaia di migliaia di agricoltori irlandesi e alle loro famiglie durante la carestia del 1840. E così le vite degli ultimi cacciatori-raccoglitori, almeno, non sono né pericolose né brutali, nonostante le coltivazioni li abbiano spinti entro i peggiori territori al mondo. Né le moderne società di cacciatori-raccoglitori che hanno condiviso le risorse con società dedite all’agricoltura ci raccontano molto sulle condizioni precedenti alla rivoluzione agricola.
Le tesi progressiviste si basano su assunti relativi ad un lontano passato: la vita dei popoli primitivi migliorò quando passarono all’agricoltura. Gli archeologi possono datare quel passaggio distinguendo i resti di piante e animali selvatici da quelli addomesticati presenti nelle discariche preistoriche. Come si può dedurre la salute da rifiuti preistorici e quindi provare direttamente gli assiomi progressivisti? La questione ha trovato risposta solo in tempi recenti, in parte grazie a nuove tecniche di paleopatologia che studia i segni di malattie nei resti di popolazioni antiche. In alcune situazioni fortunate il paleopatologo ha quasi la stessa quantità di materiale da analizzare di un moderno patologo. Alcuni archeologi trovarono nel deserto del Cile, per esempio, mummie in ottimo stato di conservazione le cui condizioni mediche alla data della morte potevano essere determinate tramite autopsia. E le feci di antichi Indiani che vivevano nelle caverne del Nevada erano sufficientemente integre da poter essere esaminate nella ricerca di parassiti intestinali.
Generalmente gli unici resti umani a disposizione degli studiosi sono gli scheletri, che permettono però una sorprendente serie di deduzioni. Tanto per cominciare uno scheletro rivela a quale sesso appartenesse l’individuo, il suo peso e l’età approssimata. Nei pochi casi in cui ci sono molti scheletri si può fare una tabella di mortalità esattamente come quelle usate dalle compagnie di assicurazione per calcolare l’aspettativa di vita ed i rischi di morte ad una determinata età. I paleopatologi possono anche calcolare i rapporti di crescita misurando le ossa delle persone a differenti età, esaminare i denti per osservare i problemi di smalto (segni di malnutrizione infantile) e riconoscere le cicatrici lasciate sulle ossa da malattie come anemia, tubercolosi, lebbra, etc..
Un esempio diretto di cosa abbiano imparato i paleopatologi dagli scheletri riguarda i cambiamenti storici nell’altezza. Gli scheletri di Grecia e Turchia mostrano che l’altezza media dei cacciatori-raccoglitori verso la fine della glaciazione era di 1,80m per gli uomini e 1,70 per le donne. Con l’adozione dell’agricoltura le altezze crollarono e nel 3000 AC si stabilizzarono in 1,60m per gli uomini e 1,50 per le donne. Nei tempi classici le altezze molto lentamente aumentarono, ma tanto Greci che Turchi moderni non hanno ancora riguadagnato le altezze medie dei loro distanti antenati.
Un altro esempio di paleopatologia al lavoro è lo studio degli scheletri Indiani presenti nei tumuli delle valli dell’Illinois e dell’Ohio. A Dickson Mounds, situato presso la confluenza dei fiumi Spoon e Illinois, gli archeologi hanno estratto circa 800 scheletri che rendono l’idea dei cambiamenti nella salute di quella popolazione quando decise di adottare la coltivazione intensiva di mais attorno al 1150 a.C. Gli studi di Georges Armelagos e dei suoi colleghi dell’università del Massachusetts mostrano come questi primi agricoltori pagarono un alto prezzo per questo nuovo stile di vita. Paragonati ai cacciatori-raccoglitori che li precedettero, gli agricoltori avevano circa il 50% di problemi in più allo smalto dentale (il che indicava malnutrizione), il quadruplo di anemia causata da deficienza di ferro (evidenziata da avanzata osteoporosi), il triplo di lesioni ossee che rivelavano malattie infettive in generale, ed un aumento delle condizioni degenerative della spina dorsale, probabilmente a causa del lavoro troppo duro.
“L’aspettativa di vita alla nascita nelle comunità pre-agricole era di circa 26 anni” afferma Armelagos” mentre in quelle agricole era di 19 anni. Quindi questi episodi di difficoltà alimentari e malattie infettive stavano seriamente minacciando la loro capacità di sopravvivenza”. Le prove suggeriscono che gli Indiani di Dickson Mounds, come molte altre popolazioni primitive, si dedicarono all’agricoltura non per scelta ma per la necessità di nutrire un sempre maggiore numero di individui. “Non penso che i cacciatori-raccoglitori adottarono l’agricoltura se non quando furono costretti, e quando lo fecero scambiarono qualità con quantità” dice Mark Cohen della State University di New York, coeditore assieme ad Almelagos di uno dei più rilevanti libri del campo: “Paleopathology at the Origins of Agricolture”. “Quando iniziai ad affermare queste cose dieci anni fa, non molti mi davano ragione. Adesso invece è diventata una voce rispettabile, quantunque controversa, nel dibattito in corso.”
Esistono almeno tre serie di motivi per spiegare perché l’agricoltura fu pessima per la salute. Primo, i cacciatori-raccoglitori avevano una dieta molto varia mentre i primi agricoltori ottenevano la maggior parte del loro cibo da uno o più raccolti ricchi di amido. Gli agricoltori avevano a disposizione molte calorie a costo di un’alimentazione poco nutriente (oggi solo 3 piante ricche di carboidrati -grano, riso e mais- provvedono alle calorie consumate dalle specie umane, anche se ognuna è deficitaria di certe vitamine o aminoacidi essenziali alla vita). Secondo, perché a seguito della dipendenza da un limitato numero di raccolti gli agricoltori sono a rischio morte per fame nel caso un raccolto vada a male. Ed infine, il semplice fatto che l’agricoltura incoraggiasse le persone ad aggregarsi in affollate società, molte delle quali poi avevano scambi commerciali con altre società affollate, portò al diffondersi di parassiti e malattie infettive (alcuni archeologi sostengono che fu l’affollamento e non l’agricoltura a portare le malattie, ma rimane un dilemma del tipo uovo-gallina perché l’affollamento incoraggia l’agricoltura e viceversa).


Foto 5 Il saccheggio e la distruzione della città di Susa da parte degli Assiri

Le epidemie non avevano vita lunga quando le popolazioni erano aggregate in piccoli gruppi che cambiavano continuamente di posto. Tubercolosi e diarrea dovettero attendere l’arrivo dell’agricoltura per affermarsi, così come il morbillo e la peste arrivarono quando si svilupparono le grandi città.
Oltre a deficit alimentari, morte per fame ed epidemie, la società agricola ha portato un’altra maledizione all’umanità: profonde divisioni di classe. I cacciatori-raccoglitori avevano pochissimo cibo immagazzinato e nessuna risorsa alimentare concentrata come frutteti o mandrie: si sostentavano grazie ad una varietà di animali e piante selvatiche. A seguito di ciò non potevano esserci né Re né classi parassite che ingrassavano grazie al cibo sottratto ad altri.
Solo all’interno della società agricola poteva nascere una élite di robusti nullafacenti che prosperavano alle spalle di una popolazione devastata dalle malattie. Gli scheletri delle tombe greche a Micene (1500 AC) suggeriscono che la stirpe reale usufruisse di una dieta migliore, dato che le spoglie reali erano di 5-8 cm più grandi ed avevano denti migliori (di media, un rapporto di uno a sei di denti cariati o mancanti). Tra le mummie cilene del 100′ d.C. le élites si distinguono non solo dagli ornamenti e monili d’oro ma anche per un quarto di lesioni ossee dovute a malattie.
Contrasti simili relativi ad alimentazione e salute persistono attualmente su scala globale. Alle popolazioni di paesi ricchi come gli USA suona ridicolo magnificare le virtù dei cacciatori-raccoglitori. Peccato che gli Americani siano una élite che dipende da petrolio e minerali molto spesso importati da paesi con problemi di alimentazione e salute.
Se si potesse scegliere tra essere un contadino Etiope oppure un Boscimane del Kalahari, quale sarebbe secondo voi la scelta migliore?
Le società dedite all’agricoltura hanno anche incoraggiato la diseguaglianza tra i sessi. Liberate dalla necessità di trasportare i loro bambini nel corso della loro esistenza nomade, e costrette a produrre più braccia per dissodare i campi, le donne di queste società tendono ad avere un numero maggiore di gravidanze rispetto alle loro controparti nomadi, con conseguente perdita di salute. Tra le mummie cilene, per esempio, le donne avevano maggiori lesioni ossee a seguito di infezioni rispetto agli uomini.
Le donne appartenenti a società agricole erano a volte trattate come bestie da soma. Nelle attuali comunità agricole della Nuova Guinea si vedono spesso donne traballanti sotto il peso di verdure e legna da ardere, mentre gli uomini camminano a mani vuote. In un mio viaggio per studiare degli uccelli locali, ho offerto dei soldi ad alcuni abitanti di un villaggio in cambio del trasporto di rifornimenti fino al campo base in montagna. Il collo più pesante era un sacco da 50Kg di riso, che assegnai ad una squadra di 4 uomini. Quando mi riunii alla spedizione, gli uomini stavano trasportando solo carichi leggeri, mentre una donna minuta, che pesava meno del sacco di riso, camminava piegata sotto al suo peso, sostenendolo con una corda legata alle tempie.
Per quanto riguarda l’affermazione secondo cui l’agricoltura avrebbe favorito la fioritura delle arti grazie ad un maggiore tempo a disposizione, resta da sottolineare come i moderni cacciatori-raccoglitori abbiano almeno tanto tempo libero quanto gli agricoltori. Tutta l’enfasi sul tempo libero inteso come fattore critico sembra essere frutto di un malinteso. I gorilla hanno avuto tempo libero in abbondanza per costruire il loro Partenone, se ne avessero avuto voglia.
Mentre le scoperte tecnologiche post-agricole hanno reso possibili nuove espressività ed una migliore conservazione delle opere, opere pittoriche e scultoree di enorme valore furono prodotte dai cacciatori-raccoglitori già 15.000 anni fa ed erano ancora prodotte fino al secolo scorso da popolazioni di cacciatori-raccoglitori come gli Eschimesi e gli Indiani del Nordest.
Quello che balza agli occhi, quindi, è che con l’avvento dell’agricoltura la vita delle élites migliorò, mentre quella delle persone comuni subì dei peggioramenti.
Invece di ingoiare la propaganda progressivista che ha stabilito che l’agricoltura fu un bene per noi, ci dobbiamo chiedere come ne siamo stati intrappolati, nonostante gli evidenti svantaggi. Una risposta può essere trovata nell’adagio “la forza fa la legge”. L’agricoltura può sostenere molte più persone rispetto alla caccia, sebbene a scapito della qualità di vita (le popolazioni dei cacciatori-raccoglitori raramente superano la densità di una persona ogni dieci kmq, mentre quelle dedite all’agricoltura hanno densità medie 100 volte superiori).
Parzialmente questo succede perché un campo interamente seminato a piante commestibili può sfamare molte più bocche che un campo disseminato di erbacce. Parzialmente, pure, è perché la vita nomade dei cacciatori-raccoglitori li obbliga a distanziare di 4 anni ogni figlio anche tramite infanticidio, dato che la madre può trasportarne solo uno, almeno fino a che non è in grado di seguire il gruppo con le sue gambe. Siccome gli agricoltori non hanno tale limite, possono (e spesso lo fanno) procreare ogni due anni.
Quando la densità della popolazione dei cacciatori-raccoglitori lentamente salì alla fine della glaciazione, le tribù si trovarono di fronte una scelta difficile: o garantire cibo per ognuno adottando l’agricoltura, oppure limitarne la crescita. Alcune tribù scelsero l’agricoltura, incapaci di vedere in anticipo i mali di tale scelta, e sedotti dalla temporanea abbondanza di cui approfittarono finché l’espansione della popolazione non azzerò il surplus alimentare. Queste popolazioni diventarono troppo numerose e si spostarono su nuovi territori oppure sterminarono le popolazioni di cacciatori-raccoglitori, perché un centinaio di contadini malnutriti riescono a sconfiggere un cacciatore in buona salute.
Non è quindi che i cacciatori-raccoglitori abbandonarono il loro stile di vita, ma che quelli sufficientemente intelligenti da non abbandonarlo furono costretti a vivere all’interno di aree a cui i contadini non erano interessati.
A questo punto è istruttivo ricordare la lagnanza secondo cui l’archeologia è un lusso che riguarda un passato remoto, ma non offre alcuno spunto per il presente. Archeologi impegnati nello studio del passaggio all’agricoltura hanno ricostruito uno stadio cruciale nel quale noi abbiamo commesso il peggiore errore nella storia dell’uomo.
Obbligati a scegliere tra limitare la popolazione o aumentare la produzione alimentare, abbiamo scelto quest’ultima e ci siamo ritrovati nel mezzo di malnutrizione, guerre e tirannie.
I cacciatori-raccoglitori hanno praticato lo stile di vita più di successo e maggiormente duraturo di tutta la storia umana. In contrasto, stiamo ancora combattendo contro i seri guai in cui ci ha cacciati l’agricoltura, e non è detto che riusciremo a risolverli.
Supponiamo che un archeologo debba spiegare la storia umana ad un visitatore alieno. Potrebbe illustrare i risultati dei suoi scavi con l’ausilio delle 24 ore dove un’ora rappresenta 100.000 anni di vita passata. Se la storia umana inizia a mezzanotte, oggi saremmo quasi alla fine del nostro primo giorno.
Abbiamo vissuto come cacciatori-raccoglitori per la quasi totalità della giornata: da mezzanotte fino all’alba, a mezzogiorno e al tramonto. Alle 11:54 abbiamo adottato l’agricoltura. Mentre la nostra seconda mezzanotte si avvicina, riuscirà l’impegno delle popolazioni agricole spinte da fame a diffondersi fino ad inghiottirci tutti? O porteremo forse a termine le seduttive benedizioni che stanno dietro alla facciata appariscente dell’agricoltura ma che finora ci sono sfuggite?

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Commento al saggio di Jared Diamond

L’utilizzo del saggio di Jared Diamond è servito solamente a evidenziare le differenze nelle condizioni di salute e di vita nelle popolazioni umane col passaggio da una alimentazione basata sulla carne, sul pesce e su vegetali spontanei a quella basata su cereali, legumi e pochi ortaggi. Non sono d’accordo però sull’analisi complessiva (ma anche su alcune analisi particolari) che questo studioso fa di questo passaggio: ritengo che ci furono dei motivi molto validi nel passaggio da una vita basata sulla caccia e/o pesca e raccolta di vegetali spontanei a quella basata sulla coltivazione di piante e sulla pastorizia, e che quindi esso non fu il “peggiore errore nella storia della razza umana”, che non fu nemmeno un errore tout court ma, all’opposto, fu una scelta molto “razionale” (questo ovviamente è un altro argomento e nel caso qualcuno volesse conoscere il giudizio che dò del passaggio dal modo di vita basata sulla caccia e raccolta di vegetali spontanei a quella basata essenzialmente su cereali, legumi e vegetali vari si può vedere il mio saggio “Il tempo della crescita: l’esplosione demografica nel neolitico” pubblicato su questo blog e raggiungibile al seguente indirizzo:
http://www.decrescita.com/news/crescita-lesplosione-demografica-nel-neolitico/ )

Conclusioni

Col presente lavoro si vuole solamente dimostrare che certe affermazioni, certe posizioni, certe scelte di vita o di alimentazione (che sono sempre libere e legittime ma che non devono sfociare nel fanatismo) devono basarsi su documenti seri e su ricerche affinché possano essere in qualche modo valide e/o vincolanti anche per altre persone.

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Sono nato in Lucania nel lontano 1951 e abito a Bologna da circa trent’anni. Ho sempre avuto interesse, da più punti di vista, verso i “destini” (sempre più dialetticamente interconnessi) dell’umanità: da quello dei valori culturali che riempiano l’esistenza a quello delle condizioni materiali di vita (dall’esaurimento delle risorse naturali ai cambiamenti climatici, ecc.). Ho visto nel valore della “decrescita” un punto di partenza per dare un contributo alla soluzione dei gravi problemi che l’umanità ha di fronte.

35 Commenti

  1. Cito dall’articolo: “Incontrare i pigmei è stata una esperienza straordinaria. Sono la gente più pacifica che io abbia conosciuto. Gentili, di grande dignità, anche spiritosi. Detestano la violenza e ne rifuggono. Se sono in disaccordo discutono, litigano rumorosamente…”

    Prima contraddizione: come si fa ad affermare ipocritamente che i pigmei non sono violenti…se uccidono comunque? Uccidono Animali…quindi SONO violenti.

    “…magari si picchiano – anche fra marito e moglie, sono tutti e due forti uguali – ma è rarissimo che ricorrano alle armi… Gli omicidi sono rari.”

    Seconda contraddizione: “gli omicidi sono rari”…ma ci sono, e non è un bene. “Litigano e si picchiano”…quindi sono violenti, anche perchè si ammette che le armi sono a loro disposizione create appunto da loro. Ma un arma può anche essere una grossa pietra da lanciare in testa a qualcuno, o peggio scaraventarlo giù da un dirupo.

    Sono profondamente confuso, non comprendo a sufficienza questa “tirata in ballo” dei pigmei che, per quanto possano a me sembrare simpatici (ma non lo sono), sono inconcludenti e non consoni al tema trattato…ovvero la stretta correlazione tra violenze sugli Umani e violenze sugli Animali. I pigmei uccidono Animali tramite acuta efferatezza, abilità e crudeltà. Ma soprattutto lo fanno con strumenti sì antichi (archi o frecce o pugnali) ma in ogni caso artificiali e dotati di tecnica micidiale, ovvero non lo fanno a mani nude perchè incapaci di completare l’assassinio.

    Da premettere che uccidere Animali a scopo alimentare ANCORA non è un reato nella civiltà a noi consona, ma lo è farlo verso altri Animali non utili all’alimentazione Umana (a parte la vivisezione, la caccia, la pesca sportiva ed altre pratiche di profitto opportunista purtroppo erroneamente definite lecite dalla legge giuridica). Quindi mi sembra abbastanza ipocrita e fuorviante perseguire ANCORA teorie retrograde e ripetitive circa una naturalezza Umana nel praticare uccisioni Animali.
    Questo è un fatto, poi non capisco perchè citare i pigmei…a cosa serve conoscere e quindi assimilare i comportamenti di un popolo/specie (non razza – definizione errata e discriminatoria) lontano dalla civiltà industrializzata? A mio parere nulla, anzi è un assist terribile per comprendere come l’essere Umano moderno sia totalmente fuori da ogni giusta ed equa ragionevolezza.
    Si dice: “…magari si picchiano – anche fra marito e moglie, sono tutti e due forti uguali – ma è rarissimo che ricorrano alle armi… Gli omicidi sono rari.” ——-come dire: “io sono un pacifista ma ogni tanto picchio mia moglie perchè mi fa incazzare, ma solo poche volte.”

    Chi siano Francesco e Luigi Luca Cavalli Sforza poco importa, ed anche le loro tesi su una ipotetica visione pacifica di certe popolazioni…perchè appunto sono solo supposizioni personali. Il Progetto Link-Italia è ben altra cosa, perseguito e patrocinato da numerose organizzazioni.

    Caro Armando apprezzo il tuo sforzo nel contestare documenti evidenti ed autorevoli…ma non puoi dire: “L’autore degli articoli indicati, oltre a dare per certo cose che, penso, siano solamente sue opinioni, dà sempre indicazioni molto generiche sul materiale da consultare e che metterebbe in evidenza le correlazioni indicate.”———–mi ripeto ancora una volta: non sono miei vaneggiamenti, ma esiste uno studio valido e conclamato a livello internazionale che testimonia i fatti descritti nell’articolo da me affrontato. Se tu continui a rifiutare le evidenze è un TUO problema e solo tuo…io non posso farci nulla. Non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire, e continuare ad esporre fatti storici non cambierà la sostanza. Anche perchè è necessario ed urgente confrontarci su eventi strettamente attuali o abbastanza recenti, e non certamente su storie vecchie ed arcaiche. Gli Animali uccidono solo per istinto di sopravvivenza, l’essere Umano no…ed è una certezza. Inoltre di quale fanatismo parli? Ti ridicolizzi da solo se mi accusi di prepotenza, in quanto il mio agire non è riconducibile a nulla di offensivo o presuntuoso. Io riporto fatti con la collaborazione di un gruppo di persone colte ed autorevoli, tu cosa fai? Copi ed incolli testi scolastici?

    Cito ancora: “È probabile che abbiano preso dagli agricoltori l’attuale abitudine di “comprare” la moglie, non con denaro perché non hanno denaro, ma con servizi per i futuri suoceri, magari lavorando per loro, cioè in sostanza andando a caccia per un anno o due. Un uomo per sposarsi deve dimostrare di essere in grado di catturare selvaggina, quindi di poter mantenere una famiglia, e nel momento in cui porta via una donna ai genitori deve dare qualcosa in cambio, per rimpiazzare il contributo che la moglie portava al sostentamento alla famiglia di origine.”————ovvero una sconfitta per tutte le battaglie sociali effettuate nell’ultimo secolo appena concluso, che hanno visto la donna emanciparsi rispetto ad un maschilismo brutale e deleterio. E’ molto grave definire la moglie “un oggetto da comprare”. Semplicemente assurdo.

    Ancora: “invece secondo una certa cultura adesso abbastanza in voga (come quella espressa da Roberto Contestabile), i pigmei, per il fatto di praticare la caccia (che, come dice Cavalli Sforza, per i pigmei “…è chiaramente un lavoro, è necessaria per vivere, ma è anche un lavoro divertente”), avrebbero dovuto essere criminali assassini…”————-dove l’hai letto? Continui a vaneggiare, in sostanza hai riportato un reportage dettagliato di persone dedite a pratiche primitive quando io ho enunciato ben altri accadimenti…ovvero non c’entra nulla, ma proprio nulla.

    Il sermone poi continua su una critica approssimativa e dunque molto inaffidabile sull’agricoltura che, a detta di tale Jared Diamond, sia il peggior errore della razza (ancora razza? non esistono razze ma specie) Umana.

    Sono molto perplesso, e spero non solo io. Questo perchè: “Faccio una gran fatica a dialogare con persone che fingono o non riescono a capire determinati argomenti.” (Roberto Contestabile)

  2. Faccio un intervento un po’ come osservatore esterno un po’ come admin. E anche perché constato che Armando e Roberto, due persone che ritengo intelligenti e acute, nelle interazioni tra di loro danno luogo a contenuti che non riflettono spesso le loro capacità, ma si traducono in dialoghi tra sordi.
    Partirei dal primo presupposto: il relativismo del pensiero che, si potrà contestare o meno, esiste. Qualche giorno fa, su Facebook si parlava di aborto e con un interlocutore antiabortista si è verificato un altro dialogo tra sordi perché, se uno considera o meno l’embrione una persona con relativi diritti, cambiano completamente le prospettive e ciò che appare una ovvietà a uno diventa un abominio intellettuale per l’altro. Penso che Roberto debba accettare questo: esistono persone che non associano l’uccisione di animali a scopo alimentare una violenza o comunque la ritengono giustificata; per questo l’esempio della società dei pigmei risulta tanto differente ai due.
    Credo che invece Armando malinterpreti decisamente le posizioni antispeciste. Il problema non è la società dei pigmei bensì quella dell’Antropocene, dove (segnalo un ottimo articolo di Jacopo Simonetta https://ugobardi.blogspot.it/2018/05/il-peso-dellumanita-sul-pianeta.html) abbiamo ridotto la biomassa selvatica a briciole e creato un sistema industriale di produzione della carne dagli impatti ecologici altissimi.
    A differenza di Roberto, condivido l’analisi di Diamond, c’è solo un piccolo problema: ai fini pratici attuali, è totalmente inutile. Non viviamo in un mondo che può tornare alle sue origini primitive, agricoltura e industrializzazione hanno reso tutto così artificioso che pretendere di riscoprire una presunta ‘purezza antropologica’ non avrebbe senso.
    La critica all’antispecismo quindi, per non apparire prestestuosa, va inserita all’interno della nostra società (e non in altre) e del dominio a cui ha assogettato la natura.

    • In risposta al commento di Igor Giussani del 21/04
      Igor ha scritto:
      “Credo che invece Armando malinterpreti decisamente le posizioni antispeciste. Il problema non è la società dei pigmei bensì quella dell’Antropocene, dove (segnalo un ottimo articolo di Jacopo Simonetta https://ugobardi.blogspot.it/2018/05/il-peso-dellumanita-sul-pianeta.html) abbiamo ridotto la biomassa selvatica a briciole e creato un sistema industriale di produzione della carne dagli impatti ecologici altissimi.
      A differenza di Roberto, condivido l’analisi di Diamond, c’è solo un piccolo problema: ai fini pratici attuali, è totalmente inutile. Non viviamo in un mondo che può tornare alle sue origini primitive, agricoltura e industrializzazione hanno reso tutto così artificioso che pretendere di riscoprire una presunta ‘purezza antropologica’ non avrebbe senso.
      La critica all’antispecismo quindi, per non apparire prestestuosa, va inserita all’interno della nostra società (e non in altre) e del dominio a cui ha assoggettato la natura.”
      In un commento del 1 giugno di Roberto Contestabile al suo articolo sta scritto: “Gli Animali d’affezione costituiscono una componente rilevante ed importante dell’odierno nucleo familiare. Approssimativamente il 68% delle famiglie americane “possiede” un Animale (82,5 milioni di Animali – Fonte: 2013-14 American Pet Product’s Association National Pet Owners’ Survey). Questo dato rappresenta un incremento del 62% in appena un anno,… al link https://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=https://www.petfoodindustry.com/articles/3515-appa-releases-2013-14-national-pet-owners-survey&prev=search
      Ma se vai a https://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=https://www.petfoodindustry.com/articles/3515-appa-releases-2013-14-national-pet-owners-survey&prev=search
      trovi scritto (il riferimento è al 2010):
      “Il sondaggio del proprietario di animali da compagnia dell’Appa ha rilevato la seguente suddivisione di animali domestici negli Stati Uniti: 78 milioni di cani, 86,4 milioni di gatti, 151,1 milioni di pesci d’acqua dolce, 8,61 milioni di pesci di mare, 16,2 milioni di uccelli, 16 milioni di piccoli animali, 13 milioni di rettili e 7,9 milioni di animali cavalli.
      Nell’articolo si trova scritto che è stata sostenuta una spesa di 48,35 miliardi $ (il riferimento è sempre al 2010).
      Tenendo conto dell’incremento del numero di animali domestici che ci sarà stato in questi ultimi anni è da pensare che sarà aumentato anche la spesa complessiva sostenuta per il loro mantenimento.
      Caro Igor, nell’Antropocene ci sono anche queste spese. Sono sostenibili?
      Un consiglio a Roberto Contestabile: quando fai riferimento a ricerche internazionali e altro, mantieniti sempre sul vago altrimenti rischieresti di prendere lucciole per lanterne (hai scritto “82,5 milioni di Animali – Fonte: 2013-14 American Pet Product’s Association National Pet Owners’ Survey). Questo dato rappresenta un incremento del 62% in appena un anno,…”: posso sapere dove hai preso questi dati?)
      Cordiali saluti
      Armando

      • No non lo sono, però Armando stai deviando dal mio discorso. Il mio concetto era che oggi in Occidente (ma in senso molto allargato) non mangiare carne significa non partecipare a un processo che non ha il minimo barlume di sostenibilità, quindi è un fatto positivo. Fa parte di quei comportamenti – non procreare, non usare automobile, ecc – che evitano di impattare ulteriormente sul pianeta. Il riferimento con il pigmeo che caccia in un contesto abbondantemente dentro i limiti di carico è totalmente fuorviante.

  3. Caro Igor, il discorso di fondo è un altro ovvero cercare di confrontarsi su tematiche attuali ed estremamente consequenziali. Non è una questione di critica all’antispecismo, che tra le altre cose non ha mai affermato di essere la soluzione a tutti i mali recenti, bensì la consapevolezza che esiste un problema, grave, causato solo ed esclusivamente dall’operato Umano. Ciò è conseguenza diretta dell’antropocentrismo secolare applicato senza sosta su più fronti, e menzionare un ristretto popolo ai margini della civiltà moderna…scusami…non c’entra un bel niente.
    Mi sarei aspettato una critica, come spesso avviene, più costruttiva e larga di vedute. Ma ho solamente letto una serie di argomentazioni inconcludenti pure per un sostenitore accanito della Descrescita. Non riesco a percepire lo spunto che dovrebbe risollevarmi dal mio ruolo, soprattutto perché la mia non è una posizione di difesa ma di denuncia. Lo sfruttamento sui generis, di cui gli Animali occupano l’apice, è una tragica realtà…ignorarlo significa farne parte in maniera complice.

  4. Roberto Contestabile, non ci siamo!
    Non ci siamo per niente!
    Dopo che hai riportato la mia espressione:
    “L’autore degli articoli indicati, oltre a dare per certo cose che, penso, siano solamente sue opinioni, dà sempre indicazioni molto generiche sul materiale da consultare e che metterebbe in evidenza le correlazioni indicate.”,
    dici: ” ———–mi ripeto ancora una volta: non sono miei vaneggiamenti, ma esiste uno studio valido e conclamato a livello internazionale che testimonia i fatti descritti nell’articolo da me affrontato. Se tu continui a rifiutare le evidenze è un TUO problema e solo tuo…io non posso farci nulla.”
    No caro Roberto Contestabile: questo non è un problema mio ma un problema tuo perché devi essere tu a darmi il titolo, l’autore e il committente di questo “studio valido e conclamato a livello internazionale che testimonia i fatti descritti nell’articolo da me affrontato”; … e devi dirmi anche dove sia possibile reperire questo studio al fine di poterlo consultare.
    Ho notato però che hai abbassato le penne perché adesso parli di “uno studio…” (quindi solamente uno!) invece in precedenza avevi parlato in altri termini. Per esempio avevi detto:
    “Il Maltrattamento e/o l’Uccisione di Animali in quanto seme e tratto caratteristico della violenza interpersonale e di ogni altro comportamento criminale è da molto tempo dimostrato nella letteratura scientifica accademica – Utah University, Northwestern University, Massachussetts University, Harvard University, Florida Unuversity, American Psychiatric Association, World Health Organization, ecc. – e investigativo giudiziaria anglosassone – Federal Bureau of Investigation (F.B.I.), Office of Juvenile Justice and Delinquency Prevention (O.J.J.D.P.), Scotland Yard, New South Wales Police Force (Australia NSW Police Force), Canadian Police, ecc.”,”.
    Avevi scomodato anche il Federal Bureau of Investigation (F.B.I.) e Scotland Yard, la Canadian Police, ecc.
    Non ci siamo caro Roberto Contestabile!
    Armando

    • Caro Armando, con tutto il rispetto, io credo che tu non capisca. Niente di personale, ti invito gentilmente a cambiare tono e modalità nell’esporre i tuoi commenti. Che tu non voglia credere ad un bel niente, ma solo a quello che più ti aggrada, buon per te.

      Di prove ne esistono in quantità infinita, e non spetta a me esporle e dibatterle in quanto persona non autorevole (io denuncio o al limite commento).

      A tal proposito propongo la lettura del “Rapporto dettagliato sul Maltrattamento Animale nel 2017” divulgato dalla “Leal – Lega Antivivisezione” che opera da 40 anni al fine di garantire metodi sostitutivi in ambito medico/scientifico. Uccisioni compiute in Italia da esseri Umani nei confronti di altri esseri viventi. Il volume scaricabile gratuitamente dal sito http://www.leal.it/ vanta bel 1075 pagine di approfondimenti mirati ed essenziali circa la situazione Animale oggi.

      “Il Rapporto sul Maltrattamento Animale in Italia oltre che a rendere l’idea dei numeri e della crudeltà dei reati nei confronti degli Animali, è costruito lasciando tutta l’evidenza dei casi di reati nei loro confronti: articoli e segnalazioni cercati e intercettati su internet. L’impaginazione prevede lo spazio alle prefazioni, sommari, copie di articoli che riportano i reati nei confronti degli Animali, le trasposizioni grafiche e i casi Link in collaborazione con la dott.essa Francesca Sorcinelli, presidente di Link-Italia (APS). Anticipiamo che i casi Link, dal significato che assume la parola inglese link-legame in discipline quali psicologia, psichiatria, criminologia, vittimologia e scienze investigative che indica una stretta correlazione tra il maltrattamento e/o uccisione di Animali e comportamenti devianti, antisociali e criminali.”

      Vista l’enormità dei casi di violenza perpetrata ai danni degli Animali, è d’obbligo attribuire una correlazione verso altri crimini efferati, più specificatamente verso Umani.

  5. “Per tutti noi, e’ piuttosto familiare lo stereotipo dell’Indiano delle Pianure: un cacciatore di bufali, vestito con pelli decorate, elaborati copricapi di piume e mocassini di pelle, alloggiato in una tenda di pelle, padrone di cani e cavalli e disinteressato ai vegetali. Ma questo stile di vita, un tempo adottato quasi esclusivamente dagli Apache, si diffuse non più di un paio di centinaia di anni fa. Non e’ rappresentativo della maggior parte dei nativi americani di oggi o di ieri. In realtà, lo stile di vita legato ai bisonti e’ un risultato diretto dell’influenza europea, come vedremo in seguito.
    Nell’alimentazione degli Indiani Choctaw del Mississippi e dell’Oklahoma, i piatti principali erano vegetali. Un manoscritto francese del diciottesimo secolo descrive le propensioni vegetariane dei Choctaw nell’edilizia e nell’alimentazione. Le abitazioni erano costruite non con delle pelli, ma con legno, fango, corteccia e canne. L’alimento principale, consumato quotidianamente in ciotole di terracotta, era una zuppa vegetariana a base di mais, zucca e fagioli. Il pane veniva fatto con mais e ghiande. Altri piatti tipici erano mais tostato ed un porridge di mais. La carne, sotto forma di piccoli animali selvatici, era un piatto raro. Gli antichi Choctaw erano, innanzi tutto, agricoltori. Anche i vestiti erano realizzati con vegetali, abiti con ricami artistici per le donne e pantaloni di cotone per gli uomini. I Choctaw non si sono mai ornati i capelli con delle piume.”

    Rita Laws (da cui è tratto questo suo testo) è Choctaw e Cherokee. Quindi nessuno più di lei sa come vivevano questi nativi d’america prima dell’avvento del colonialismo europeo.
    Vive e scrive in Oklahoma, e il suo nome significa: “luminoso sentiero della pace”, ovvero ciò che per lei rappresenta il vegetarismo.

    Ho riportato questo breve testo per avvalorare la tesi che non basta menzionare un popolo (i pigmei) per giustificare, e quindi fuorviare, il carnismo.
    Il carnismo si è diffuso maggiormente ed enormemente con l’avvento della rivoluzione industriale, e con la creazione di tutte le relative macchine di morte.
    Ciò che è accaduto di recente, inevitabilmente, è una diretta conseguenza dei tempi e modi applicati.
    Aggiungo inoltre, e mi riferisco specificatamente a chi si ostina ad ignorare l’evidenza dei fatti da me descritti, che se vogliamo parlare anche di Decrescita a mio avviso è estremamente necessario rivedere la propria posizione, soprattutto a riguardo di usi ed abitudini strettamente personali.

    • Scusa Roberto ma c’è qualcosa che non va nel tuo modo di ragionare!
      Fatto salvo la legittimità di ogni posizione in merito ai problemi che stiamo trattando vedo che hai un modo di ragionare che non è scientifico: stabilisci delle relazioni che non esistono o forzi queste relazioni, non riesci a seguire il filo logico dell’argomento, ti perdi in mille rivoli, non accetti che altri possano avere opinioni diverse dalle tue, metti in bocca ad altri cose che non sono mai state dette, usi espressioni molto offensive, ecc.
      Il tuo modo di ragionare non scientifico lo dimostra il tuo ultimo commento quando dici :” Rita Laws (da cui è tratto questo suo testo) è Choctaw e Cherokee. Quindi nessuno più di lei sa come vivevano questi nativi d’america prima dell’avvento del colonialismo europeo.”
      Non entro nel merito delle cose dette da Rita Laws ma nella relazione che stabilisci fra il fatto che Rita Laws sia Choctaw e Cherokee e il fatto che siano vere le cose che dice in merito a quelle popolazioni indiane prima dell’avvento del colonialismo europeo.
      Se una persona nata e che vive a Milano fa un saggio sulla storia di Milano nel 18° secolo non vuol dire che questo saggio sia valido. Un’ altra persona nata e che vive a Milano potrebbe fare un altro saggio (sullo stesso periodo e sullo stesso argomento) facendo delle considerazioni diverse da quelle fatte dall’altra persona…e poi non è necessario che uno sia nato e viva a Milano per fare un valido saggio sulla storia di Milano del 18° secolo!
      Potrei fare considerazioni simili a quello di sopra in merito a tante altre cose che hai detto.
      Armando

  6. Cito dal commento:
    “Se una persona nata e che vive a Milano fa un saggio sulla storia di Milano nel 18° secolo non vuol dire che questo saggio sia valido. Un’ altra persona nata e che vive a Milano potrebbe fare un altro saggio (sullo stesso periodo e sullo stesso argomento) facendo delle considerazioni diverse da quelle fatte dall’altra persona…e poi non è necessario che uno sia nato e viva a Milano per fare un valido saggio sulla storia di Milano del 18° secolo!
    Potrei fare considerazioni simili a quello di sopra in merito a tante altre cose che hai detto.
    Armando”
    ———————————————————————————————————————————–
    In termini comprensibili, posso sapere cosa significa?

    Caro Armando (probabilmente sarò moderato per quello che sto per dire) io credo che tu non capisca realmente determinati argomenti, non li capisci perchè non sono alla tua portata, e sinceramente ho l’impressione che neanche tu conosci realmente ciò che scrivi (o meglio riporti).
    Ho citato Rita Laws perchè è Choctaw e Cherokee, e l’ho fatto solo per dimostrare che la tua tesi sui pigmei è fuori contesto ed incongruente, ridicola. Ma tu continui a non capire, continui ad affermare teorie strampalate, poco chiare e prive di fondamento, come il virgolettato sopra che non ha nessuna logica.

    Vuoi fare mille considerazioni? Falle, ma il risultato non cambia. Dici che io sono offensivo…ma ti rileggi?

    Ne stai facendo una questione personale e buon per te, perchè così aumenti la prepotenza di una persona chiusa dentro il suo ego ignorante. Vuoi continuare su questa linea? Accomodati, non servirà a nulla in ogni caso. Anche perchè tu sei solo ad affermare tesi improponibili, retrograde e privi di attualità (ovvero non sono conciliabili con l’attuale presente). Diversamente da te io faccio parte di un gruppo di condivisione composto da innumerevoli persone impegnate in una nuova consapevolezza. Un ideologia probabilmente troppo avanti anche per un personaggio come te.
    Io non sono offensivo, dico la verità: lo sfruttamento Animale, e relative correlazioni, sono una tragica realtà riportata da più fonti. Fattene una ragione, milioni di persone sono perfettamente coscienti di questo macabro presente. Su questo non ci dubbi a riguardo.

    E con questo mio ultimo intervento chiudo questo confronto becero e privo di costruzione (non si può discutere con chi non riesce a vedere oltre il proprio naso). Peccato, poteva nascere un bel dibattito.

    • Roberto Contestabile dice: “In termini comprensibili, posso sapere cosa significa?”
      Se interviene qualcun altro per dire che non ha capito l’esempio che ho fatto potrei spiegarlo un’altra volta.
      Armando

  7. https://www.grain.org/article/entries/5825-big-meat-and-dairy-s-supersized-climate-footprint

    They (Big meat and dary) would also condemn the 600 million small-scale farmers and 200 million herders who depend on livestock for their livelihoods and who do feed billions of people every day with moderate amounts of meat, dairy and eggs.

    600 milioni di contadini e 200 milioni di allevatori che dipendono dal bestiame per la loro sopravvivenza e che nutrono miliardi di persone ogni giorno con moderate quantità di carne, latticini e uova.

    Essere vegani è un’opzione che ci possiamo permettere qui in occidente, sia per rispetto verso gli animali ma anche e soprattutto di quelle popolazioni che si vedono espropriate della loro terra per far posto a monocolture finalizzate all’allevamento intensivo, di cui noi, ricchi, (si fa per dire) siamo i beneficiari.
    Bisogna stare attenti a non mettere gli animali prima degli uomini.
    Per questo l’antispecismo non può essere applicato universalmente, e neanche il veganesimo (almeno per ora). Gli anatemi che si leggono per esempio sulla “veganzetta” vanno bene in certi contesti e in altri no.
    Spiace esprimere dei pareri sugli articoli pubblicati, ma secondo me Boccone non ha tutti i torti a dire che certe argomentazioni dovrebbero essere un po’ più fondate.

    • Ciao Angelo
      Grazie dell’intervento.
      Purtroppo noi in Occidente ci permettiamo dei lussi che vanno a danno di tutto il mondo.
      Qualche anno fa provai a fare i calcoli sulle spese che si sostengono in Italia per gli animali da compagnia (essenzialmente cani gatti e cavalli). (ne trattai in un articolo pubblicato su questo blog e raggiungibile col link http://www.decrescita.com/news/che-cosa-e-la-decrescita/
      Erano molti miliardi di € all’anno.
      Adesso l’importo sarà enormemente maggiore visto l’aumento del numero degli animali da compagnia che c’è stato negli ultimi anni.
      Ogni supermercato ha un piccolo reparto riservato ai cibi per gli animali ed esistono negozi specializzati che vendono cibi e altri prodotti per gli animali. Del resto basta vedere la quantità di spot pubblicitari che sono in continuazione mandati in onda sui mass media e che riguardano cibi per cani e gatti (questi spot mettono in risalto la qualità della carne o del pesce contenuti in questi prodotti).
      Quanto la decrescita arriverà allora ognuno farà i conti in tasca all’altro e tutti dovranno modificare i propri comportamenti (nessuno sarà escluso, a cominciare da me).
      Allora si vedrà se potremmo permetterci di destinare molti miliardi di € all’anno per tenere milioni di cani, gatti e altri animali. Di sicuro non apriremo gelaterie per cani (ho appreso questa notizia leggendo l’articolo di Roberto Contestabile “Spezza la catena della violenza. AssoVegan e VeganOk con Link-Italia (APS)” e che è raggiungibile all’indirizzo http://www.promiseland.it/info/ ).
      Un cordiale saluto a tutti
      Armando

      • Il ministero dello sviluppo economico da anni ha già individuato il settore in questione come destinatario di politiche incentivanti in considerazione delle enormi potenzialità di crescita che sono già ben avviate e potrebbe addirittura permettere all’italia un ruolo primario a livello internazionale. L’individuazione di tale settore si ripercuote in diversi settori che sembrerebbero toitalmente distaccate (basti pensare che le indicazioni ministeriali alla rai chiedendo di caldeggiare il settore al momento ddella ripartizione dei tempi del palinsesto radio-tv. ) Questo in poche parole significa che i soldi delle nostre tasse vanno ad alimentare non solo i profitti delle società del settore e dell’indotto ma anche a favore di svariate propagande diffuse attraverso le scuole, attraverso associazioni (destinatarie di fondi perduti) ed anche spot pubblicitari che arrivano anche a rimpinguare il conto di Rocco Siffredi ( nella campagna non abbandonare…..).
        Quando vediamo uno spot “non l’abbandonare” pensiamo che è stato pagato con i soldi destinati alla crescita economica.
        Purtroppo però ci sono persone come il contestabile che abbocca a propagande fasulle e arriva a concludere che i macellai sono potenziali killer, offendendo in maniera degna solo della sua persona chiunque trovi offensivo nei confronti di migliaia di lavoratori diffondere castelli in aria che NON HANNO ALCUN VALORE SCIENTIFICO ma possono attecchire solo su menti che hanno grosse problematiche psicologiche di misantropia ma non solo. Purtroppo sono proprio queste le persone di cui si nutrono ONG e associazioni varie che reclutano manovalanza – del tutto inconsapevole – che si attivi sul campo facendo anche proselitismo verso propri simili con patologie analoghe. Queste persone si caratterizzano per l’estrema incapacità di dialogare e fornire argomentazini concrete e che seguano un filo logico, concentrando i loro commenti sull’aggressività, la provocazione, con frequenti sillogismi innalzati a giustificazioni.
        Ed il fatto che promulghi queste pseudo teorie su un sito come questo invece che su un sito per animali dovrebbe far capire molto.

        • “Ed il fatto che promulghi queste pseudo teorie su un sito come questo invece che su un sito per animali dovrebbe far capire molto.”

          Tendenzialmente i sostenitori dell’antispecismo sono molto ostili alla decrescita causa alcune dichiarazioni di Latouche sul veganesimo. Roberto invece ha sempre ribadito la necessità di coniugare il veganesimo con una visione ecologista radicale pena il rischio di trasformare tutto in futili mode all’insegna del salutismo, un fatto che gli è costato molte polemiche con dei vegani. Per il resto lui si è sempre rapportato senza alcun problema con gente che sa non condividere le sue abitudini alimentari o non aderiscono alla sua visione animalista radicale (gente come il sottoscritto, tanto per capirci), e questo non era mai stato un problema. Se fosse il misantropo pazzo mentale che viene descritto più che una valanga di insulti non ci avrebbe mai riservato.
          L’unica cosa che mi sento di dirle è questa: se credo davvero di avere a che fare con un pazzo mentale, cessi qualsiasi interazione con Roberto.

          • Ho cliccato per curiosità al link al tuo blog e sono rimasto non poco sorpreso dal trovarci nella home un mio articolo scritto per questo sito. Sono molto felice, sia perché è stata citata correttamente la fonte sia perché, se noi piccole realtà non facciamo rete tra di noi, ci limitamo all’autismo comunicativo più totale, tuttavia è una cosa che stona un tantino con la tua constatazione contro il nostro sito.

    • Anche la prostituzione, lo spaccio di stupefacenti, il commercio internazionale di armi (di cui l’Italia è il principale esportatore), la pornografia e con essa la pedofilia soprattutto via web generano miliardi e miliardi di euro. E tutto ciò, con ben altro ancora come le guerre per esempio, sfama milioni di persone. Quindi qualcuno vuole ammettere ipocritamente che sia tutto giusto? In sostanza già avviene, perché non si vedono immense proteste di piazza o picchetti permanenti davanti alle istituzioni. Nessuno protesta se le armi vendute dall’Italia, anche clandestinamente ad organizzazioni criminali, uccidono migliaia di donne, uomini e bambini. Eppure qui si ha il coraggio di contestare la correlazione tra il genocidio Animale e i principali crimini dell’Umanità. Qui si ha l’arbitrio di rivendicare il consumo di carne non necessario solo per un vizio di gola e lusso.
      Milioni di contadini ed allevatori nel mondo potrebbero campare a sufficienza se ci fosse un equa e giusta ridistribuzione delle risorse, non rinchiudendo miliardi di Animali in capannoni angusti per far arricchire i colossi della zootecnia, ivi comprese le lobby del meat food.
      Si continua a giustificarsi e ad affermare tesi retrograde che non hanno nessun fondamento morale, e lo si fa in un luogo dove l’etica e l’equazione del commercio sostenibile dovrebbe prevalere…rispetto ad un concetto carnista ormai in decadenza.

      Caro Angelo, esistevano popolazioni egrege dedite al consumo prettamente vegetale già prima che i nostri predecessori progettavano le macchine.

      Il vegetarismo, oggi veganismo, è sempre esistito…ma noi crediamo alle virtù dei bigmac. Che tristezza.

    • E poi caro Angelo di vegani (o presunti tali) che contestano l’antispecismo, con relative consapevolezze alimentari e non, sinceramente mi sa tanto di pentito che ritorna a nutrirsi di Animali e loro derivati. Un fallimento, in sostanza, quindi figuriamoci se dovessimo dare credito a tali soggetti.
      Le prese di posizione esistono e vincono principalmente per una questione di coerenza e correttezza. Tutto il resto è squallida ipocrisia.
      Hai citato Veganzetta, quindi presumo almeno che hai letto qualche articolo d’approfondimento, e mi piacerebbe dunque se avvessi almeno il coraggio di menzionarne uno che non soddisfi i requisiti da te individuati. Adriano Fragano sarà sicuramente d’accordo nell’autorizzare una proficua citazione.

      • Leggo sempre la veganzetta. Apprezzo anche gli articoli di Fragano. Qualche volta non sono d’accordo. Capita anche tra i commentatori all’interno del suddetto sito. C’è pluralità di vedute. Non è squallida ipocrisia, un fallimento, mancanza di coerenza e correttezza, pentimento, mancanza di fondamento morale, decadenza. Ma cosa scrivi? Proprio tu, che denunci violenza dappertutto, usi la violenza verbale? Perchè non mi trovo completamente d’accordo con le tesi antispeciste lo trovi scritto nel commento in alto. Leggi…. E se devi esprimere un’opinione fallo in merito a qualcosa di preciso. La storia delle prostitute ecc è quella che viene usata per rendere evidente l’immoralità del PIL, ma con gli allevatori africani che sopravvivono con il loro bestiame, o con la pratica dell’allevamento di qualche animale da cortile per pura sopravvivenza, c’entra ben poco. Vuoi condannare questa gente perchè non sono antispecisti? Fallo pure. Condannerai, per fortuna solo a parole, direttamente o indirettamente, qualche miliardo di persone della specie umana. Un’ultima cosa: la guerra arricchisce poche persone e ne affama moltissime altre. Infatti vedi che la gente muore di fame soprattutto dove ci sono le guerre. Ribadisco che certe affermazioni dovrebbero essere più fondate.

        • La guerra arricchisce poche persone?

          Vedo che sei poco informato in materia: gli scontri bellici sono, da sempre, motivo essenziale per espandere predominazione su altri popoli e relative risorse. Era così ai tempi degli antichi Romani e lo è oggi in Siria e tutto il Medio Oriente. Hai presente le lobby delle armi americane, e in parte anche italiane e quindi europee? Mi riferisco a centinaia di miliardi di capitali che ogni anno girano il pianeta finananziario. Non è necessario essere bravi economisti per capire che dove c’è una guerra, e in questo momento nel mondo ce ne sono diverse centinaia, c’è profitto e speculazione.

          Tornando al concetto antispecista, tu stesso hai detto che non è applicabile ad altri contesti ma solo al “nostro”…non hai spiegato il perché. In questo articolo si è citato il popolo dei pigmei in quanto cacciatori, ma l’essere Umano nella sua storia non è stato solo un assassino ma ha fatto ben altre cose. Di recente lo è diventato in modo più sanguinario proprio per l’utilizzo della tecnica, ma in passato ci sono casi ben documentati, ed io ho ne ho citato uno, in cui molti popoli non uccidevano Animali per sport o vezzo personale.
          In Africa quei pochi allevatori sono a conti fatti più antispecisti del miglior vegano europeo, questo perché in termini statistici la civiltà industrializzata genera miliardi di vittime all’anno anche solo accendendo una lampadina o inserendo una presa di corrente (ribadisco: statisticamente parlando). Possediamo mezzi e strumenti altamente qualificati ed evoluti eppure nel 2018 il principale mezzo di locomozione (l’auto) funziona esattamente come 100 anni fa, questa la dice lunga di strategie e poteri forti ovvero speculazioni su ciò che utile rispetto al giusto.
          Il veganismo oggi in quanto parte del sistema ancora non è utile al profitto opportunista, ed ecco la risposta a chi si ostina a rigettarlo. Che sia giusto lo sanno anche i più incalliti estimatori della bistecca…ma mentono a loro stessi per una questione di status sociale. La carne ed affini è ancora simbolo del consumismo moderno e quindi sono tutti daccordo nel perseguirla.

          Per quanto riguarda Veganzetta…attendo un articolo da dibattere.

          • Mamma mia, ricostruiamo il ragionamento. Tu scrivi:
            “Anche la prostituzione, lo spaccio di stupefacenti, il commercio internazionale di armi (di cui l’Italia è il principale esportatore), la pornografia e con essa la pedofilia soprattutto via web generano miliardi e miliardi di euro. E tutto ciò, con ben altro ancora come le guerre per esempio, sfama milioni di persone.”
            Io rispondo:
            la guerra arricchisce poche persone e ne affama moltissime altre. Infatti vedi che la gente muore di fame soprattutto dove ci sono le guerre.
            Poi tu:
            gli scontri bellici sono, da sempre, motivo essenziale per espandere predominazione su altri popoli e relative risorse. (Quindi non solo sfamano, ma addirittura generano ricchezza) (e non morti e denutrizione)
            Dunque, eravamo partiti dall’allevamento nelle regioni povere del pianeta. Che secondo me è giustificato dalla necessità. Poi tu mi dici, no, non si può giustificare, come non si giustifica la prostituzione e la guerra per il solo motivo che sfamano le prostitute e i militari, gli addetti all’industria bellica, i colonizzatori, i pigmei (e i pigmei?) (non ci voglio nemmeno pensare). Anche le Lobby. Cosa ti dovrei rispondere? Che gli allevatori poveri vanno messi sullo stesso piano delle prostitute (poverette anche quelle), degli spacciatori, dei commercianti di armi, dei pornografi e addirittura dei pedofili? Ma poi mi dici che sono più antispecisti loro dei vegani europei. E buonanotte!

  8. Caro angelo, da una persona che ragiona come l’autore dell’articolo in questione non potevo certo aspettare che mi capissi.

    Per la cronaca, senza dubbio le guerre devastano le popolazioni che le subiscono ma dall’altra parte c’è chi guadagna sulla loro pelle (anche un ingenuo dovrebbe saperlo). Stessa cosa per le altre vittime di altri contesti.
    Ma mi sembra di capire che il concetto non sia chiaro, e inizio a dubitare anche che tu sia “vegano” davvero. Questo perché non si può menzionare un ideologia con tale leggerezza senza concepire le vere cause dello specismo attuale, che ribadisco è la principale causa di sofferenza degli esseri viventi.
    Sei tu che hai definito giusto l’allevamento Animale, che ribadisco è uno sfruttamento in ogni caso. Io ho fatto solo una paragone statistico, se non capisci la differenza per parafrasi, è grave il tuo ragionamento non certo il mio (ribadisco).

    Cito: “Bisogna stare attenti a non mettere gli animali prima degli uomini.”

    Dici che sei vegano da più di 20 anni, ma…o hai sbagliato presa di coscienza oppure sei molto molto confuso. E visto che dici di seguire Veganzetta…rileggi qualche bell’articolo e citalo qui, sarà sicuramente utile.

    Aggiungo: personalmente ho fatto riferimenti esplicativi su fatti, nomi e circostanze ivi compreso il documento della Leal divulgato di recente. In sostanza c’è un bel po’ di materiale da leggere e condividere, per cui mi sembra anche inutile patteggiare tra di noi visto che le argomentazioni sono di un certo spessore ma soprattutto di una particolare drammaticità.

  9. Hai scritto tu che la guerra sfama milioni di persone. Quindi ci sono persone che fanno la guerra per sfamarsi? I militari? Oppure c’è chi si sfama producendo armi, i 70.000 dipendenti della Finmeccanica? Oppure ancora ci sono state e ci sono ancora categorie sociali che traggono vantaggio dal fatto che il loro paese, tramite le guerre fatte in passato, si trova economicamente avvantaggiato rispetto a quelli che sono stati sfruttati e si sfamano per questo motivo? Tutto questo secondo te, per dire che non sempre sfamarsi è morale. Quindi, seguendo il tuo ragionamento, se condanniamo moralmente chi si sfama con la guerra, dobbiamo condannare anche chi si sfama uccidendo o sfruttando il lavoro degli animali. A questo punto hai scomunicato gran parte della popolazione terrestre solo per il fatto che si sfama.
    Poi però mi dici che sono un ingenuo perché dovrei sapere che con la guerra c’è chi si arricchisce. Ma non si parlava di sfamarsi? Nota che sto seguendo soltanto il filo principale delle tue argomentazioni (più che altro cercando di ricostruire un senso dove ci sono soltanto sentenze buttate a caso).
    Quindi se vogliamo proprio cogliere il punto della questione dovremmo chiederci, può l’allevatore povero liberare tutta la sua mandria rinunciando a sfruttarla, condannando se stesso e tutte le persone che dipendono da lui a morire di fame, per coerenza con l’antispecismo? E cosa dovrebbe fare Contestabile visto che vive e si sfama in un paese che fa parte della Nato.

    • E poi io non ho detto che “la guerra sfama milioni di persone” bensì che genera miliardi di profitto opportunista, ovvero ingenti capitali verso uno spauracchio gruppo di persone (le lobby). La pedofilia, la prostituzione, il pornoweb ed il commercio internazionale di stupefacenti sono solo alcune pratiche commerciali che non generano ricchezza, ovvero non sfamano (come invece erroneamente si crede) milioni di persone, bensì (come le guerre) generano ingenti introiti a beneficio di pochi e a danno di molti. Mi sembrava ovvio e scontato, e quindi non necessario di replica. L’immoralità del Pil è la crescita economica che non coincide con il reale benessere delle persone, ivi compresi i fatturati multimiliardari di case farmaceutiche che contribuiscono enormemente a creare profitto (e quindi Pil) ma che non sono indice di salute. Se la gente compra medicinali è ovvio che non sta bene. Stessa dicasi per chi uccide per “campare” (come è stato detto più volte): uccidere Animali ed Umani non è un universo distinto e separato ma assolutamente una medesima correlazione. Se poi vogliamo giustificarci ipocritamente affermando che gli allevamenti sono parte del progresso morale…allora abbiamo sbagliato luogo e tempo di sviluppo.
      Giustificare lo sfruttamento Animale tramite abili e furbe scuse altro non è che una manovra ben pianificata per continuare ad uccidere e a perseguire le predominazioni, sia che esse siano a danno di Umani che di Animali.

      Approfitto per citare alcuni brevi stralci di un testo appartenente a Michele Palatella, docente ed attivista animalista, recentemente scomparso:
      “…nelle maratone televisive per TELETHON non si mostra nessuno degli esperimenti e dei metodi di uccisione cui sono sottoposte le cavie (Animali), anzi si parla solo raramente delle cavie e in termini abbastanza neutri, senza specificare le azioni effettuate su di loro.” […] “All’alba della scienza moderna, Cartesio fornì il quadro di riferimento teorico per le nascenti scienze biologiche, applicando i concetti della fisica meccanicistica ai sistemi viventi. Sulla base della distinzione umana tra res cogitans (anima) e res extensa (corpo), lo studioso pensò che gli Animali fossero provvisti solo di meccanismi ciechi, senza la presenza di esperienze interiori, alla stregua di un orologio. I guaiti di un Cane preso a martellate erano solo una risposta meccanica che poteva essere concepita come il rumore di un ingranaggio di una macchina: nonostante le evidenti similitudini, non significava affatto che in quel momento il Cane stesse vivendo un “esperienza mentale” di dolore. Questa concezione meccanicistica, che negava persino l’istinto all’Animale, era funzionale ideologicamente alla nuova scienza al servizio della struttura capitalistica che si andava sviluppando, al progetto di dominio del mondo da parte delle classi sociali emergenti e che avevano bisogno di una tecnologia che si ponesse l’obiettivo della trasformazione della natura. Questa concezione del non Umano, per quanto improbabile e stridente con il senso comune, ebbe una lunga tradizione, che in alcuni casi continua ancora oggi, e servì ideologicamente alla scienze biologiche, psicologiche e mediche per giustificare gli esperimenti che si effettuavano, con inaudita crudeltà, su gran parte delle specie Animali.” […] “Darwin propose una teoria rivoluzionaria che davvero scosse dalle fondamenta l’antropocentrismo della tradizione metafisica e scientifica dell’occidente (ben più dell’eliocentrismo copernicano): l’essere Umano era un prodotto casuale dell’evoluzione e si era formato a partire da antenati comuni alle grandi Scimmie circa 7 milioni di anni fa. Nel ‘900 una nuova scienza naturale, l’etologia, scardinò i fondamenti scientifici della filosofia Animale originatasi da Cartesio: affascinanti studi misero in luce la complessità della vita sociale degli Animali, la raffinatezza della comunicazione (per es., nelle Api o nelle Formiche), la capacità di parlare il linguaggio dei sordomuti delle grandi Scimmie, l’intelligenza mirabile anche di specie ritenute inferiori (come i Corvi e i Pappagalli), l’esistenza di sentimenti ed emozioni (la similarità dei processi neurofisiologici e delle sostanze implicate nella percezione del dolore degli Animali) e addirittura l’esistenza di una proto-morale nelle Scimmie (anche in questo caso con esperimenti che implicavano grandi sofferenze da parte delle cavie (Animali)). La parentela di tutte le specie, la gradualità dell’evoluzione, la scomparsa dal discorso scientifico di proprietà essenziali delle specie Animali, l’eliminazione dalla filosofia razionalistica dell’anima come entità metafisica tipicamente Umana hanno reso ancora più drammatico il problema della liceità degli esperimenti sugli Animali non Umani; in realtà l’opposizione morale alla vivisezione era già vivissima durante il positivismo, quando scienziati e intellettuali cominciarono a scrivere i primi libri su ciò che succedeva nelle “camere di torture della scienza” e i primi attivisti animalisti intraprendevano manifestazioni davanti ai laboratori di medicina dell’Inghilterra.” […] “E’ ben vero che la stragrande maggioranza degli Animali usati è costituita da Topi, Ratti e cavie, ma il numero di Cani, Gatti e Scimmie utilizzate è notevole, se si considera che 300 milioni di Animali vengono uccisi all’anno nei reparti di ricerca. Il fatto, poi, che i ricercatori si premurano di tranquillizzare la gente dicendo che “trattano bene” gli Animali conferma ciò di cui sopra, la consapevolezza che la sperimentazione non è giusta dal punto di vista etico (è evidente che si tratta di una bugia o di una “falsa coscienza”, dato che il solo fatto di rinchiudere un Topo in gabbia per tutta la vita e di ucciderlo a fine “carriera” – stravolgendone le caratteristiche etologiche e sottoponendolo quanto meno ad una tortura psicologica – è ipso facto una mancanza di rispetto). Talvolta si sente spesso giustificare la SA (Sperimentazione Animale) con l’affermazione del “diritto del più forte” anche se non spesso, dato che tale teoria è di per sé una negazione della morale; anzi, la morale si costituisce proprio come la negazione del diritto del più forte, come dimostra il fatto che gli abusi sui più deboli, per es., sui bambini, sono considerati con maggiore indignazione rispetto alle violazioni (giuridiche e morali) tra pari. E poi, non credo che si sia disposti a giustificare la pedofilia, lo stupro delle bambine o le uccisioni delle donne con la teoria giuridica del diritto del più forte, soprattutto se la vittima appartiene al proprio ambito familiare. In ogni campo dello sfruttamento Animale (alimentazione, abbigliamento ecc.) il ragionamento più frequente consiste nel negare all’Animale i diritti “naturali” o la dignità della considerazione morale perché “esseri inferiori” o mancanti di proprietà appartenenti esclusivamente all’essere Umano, e che sole potrebbero inserire i non Umani nella comunità giuridica ed etica. La vita del Topo, si dice, vale meno di quella di un bambino.” […] “O siamo di fronte a “cose” e allora anche “la tortura per il puro diletto” è ammissibile (come dice il Dizionario di teologia cattolica, Oxford, 1898) o siamo di fronte a soggetti, e allora non è possibile nessuno sfruttamento, nemmeno minimo (tertium non datur). Tutto ciò è implicito anche nella giustificazione scientifica della SA: la SA funziona perché gli Animali hanno minime differenze biologiche con noi, ma queste quasi “inesistenti” differenze producono misteriosamente un’infinita differenza sul piano morale: i primi possono essere manipolati, sfruttati e uccisi anche in modo spesso crudele, i secondi invece devono godere di tutti i diritti naturali. “Eppure sono quasi uguali. Cambierà qualche gene, ma sostanzialmente sono la stessa cosa.” Incredibile come la differenza dell’1 per cento di struttura genetica determini un’infinita differenza morale. Tutta la filosofia morale dei fautori della SA è racchiusa nel semplice ma efficace slogan propagandistico: “Salveresti un topo o un bambino?”. La domanda sottintende che l’esperimento sugli Animali sia risolutivo e poi non ci sia bisogno di sperimentare sull’essere Umano; non è così, dopo la fase pre-clinica, ci sono 4 fasi di sperimentazione sugli Umani (anche qui si aprirebbe un altro discorso sulla moralità di questi esperimenti) in cui non si sa, per ammissione stessa degli scienziati, che cosa succederà. Però la domanda, in realtà mal posta, fa presa sull’individuo “medio”, che non conosce i dettagli della sperimentazione e che non sa nulla dei suoi fallimenti.”

  10. Cito:
    “Quindi, seguendo il tuo ragionamento, se condanniamo moralmente chi si sfama con la guerra, dobbiamo condannare anche chi si sfama uccidendo o sfruttando il lavoro degli animali.”

    Complimenti.

    Per il semplice fatto che devi sopravvivere tu giustifichi non solo le guerre, fin dagli albori dell’Umanità, ma anche ogni sfruttamento in atto.
    Gli Animali occupano la lista principale per genocidio perpetrato dall’essere Umano, in nome di uno sviluppo immorale e senza prospettive etiche.
    Da presunto vegano/antispecista ti rammento che ogni anno più di 150 mld di Animali vengono sterminati nel mondo in nome di una presunta sazietà (tu affermi che bisogna pur sfamarsi e quindi campare). A questi bisogna aggiungere tutti i Pesci e le vittime da altri sfruttamenti. Ho detto che ciò è insensato e facente parte di un industrializzazione forzata e violenta…e tu insieme all’autore dell’articolo dite che anche determinati popoli hanno il diritto di uccidere? Io ho menzionato i criminali noti e famodi in principali reati penali…ma magistralmente avete sviato il discorso.
    Tu affermi che l’allevatore non può liberare i suoi Animali (che non sono “suoi” di possesso ma li ha rubati tramite una moneta di scambio speculatrice) altrimenti morirebbe di fame. A parte che nessuno obbliga un chicchessia a praticare operazioni di predominio (l’allevamento intensivo moderno lo è) ma anzi esistono innumerevoli lavori che non implicano l’uccisione Animale, basta solo scendere ad un equo compromesso in termini di vittime.

    Continuo seriamente a dubitare che tu sia vegano sul serio, non perché a me piacciono le etichette (tutt’altro) ma piuttosto perché la tua posizione è molto ambigua e a dir poco enormemente contraddittoria.
    Apprezzo opinioni divergenti ma non ci di può reputare schierati e poi sputare nel proprio piatto. Diciamo che ho compreso la tua posizione e ne prendo atto, ma evitare di confrontarsi su determinati dati è da ipocriti ed ignoranti.

    Oggi sparse per il pianeta le guerre coinvolgono oltre 70 Paesi con 800 milizie armate che le combattono. In Europa (non Africa o Medio Oriente) sono 9 gli Stati teatri di eventi bellici (dove si presume ci sia ricchezza a sufficienza, grazie anche e soprattutto al colonialismo, e non dunque motivo per perseguirli).
    Dunque di quale spirito di sopravvivenza stiamo parlando?
    In America sono 6 gli Stati, e 27 tra cartelli della droga ovvero milizie e gruppi terroristi del narcotraffico.
    Dall’inizio del 2018 in Italia sono morte ammazzate dal loro “amante o compagno” 18 donne, più innumerevoli sono le vittime che hanno subito molestie di ogni tipo.
    Da questi dati, ma ce ne sono altri altrettanto drammatici, bisogna aprire un dibattito serio ed autorevole…e non giustificare stupidamente il genocidio in atto o affermare, ancora con più incoerenza, che alcune ideologie pacifiste non sono applicabili.

    Tu presunto consapevole, seguace di una tua presa di coscienza parzialmente acquisita…da che parte stai?
    Dalla parte delle vittime, o dalla parte dei seviziatori?

    (sto ancora aspettando l’articolo “incoerente” tratto da Veganzetta)

  11. Scusate tante ma mi sembra più che evidente che il CONTESTABILE E’ UN TROLL ed il nick ne è la prova. I suoi interventi hanno ottenuto lo scopo di redirezionare l’attenzione del sito da quella della decrescita.

    • Il mio nome è reale (puoi fare una ricerca sul web o recarti all’anagrafe)…il tuo piuttosto qual’è?

      E’ veramente paradossale, intervenire all’interno di questi approfondimenti gettando scredito e diffamando. Oltretutto senza nessun titolo, ma solo per il semplice gusto di creare menzogne e falsità. Il tuo comportamento è di cattivo gusto, non apporta nulla…non solo perchè non sei un autore di questo sito ma soprattutto perchè sei fuori luogo difendendo il tuo stile di vita e le tue ideologie in maniera puerile e squallida. Nessuno vuole convincerti a fare nulla, nè tanto meno è mio desiderio farti cambiare idea su ciò che tu (e solo tu) reputi coerente. Hai smentito tutto ciò che ho riportato, e credi che a me interessi? Io ho risposto riportando fatti e circostanze veritiere, non perchè facenti parte del mio lavoro bensì appartenente a personaggi autorevoli che si impegnano ogni giorno per diffondere ampie vedute di riscontri oggettivi.
      Continua pure a commentare finchè qualcuno modererà i tuo scritti, ma ciò non cambierà di una virgola quanto detto finora.

  12. Roberto Contestabile ha detto nei vari suoi interventi e articoli:
    “In ogni caso non si può negare come sia evidente il comportamento maniacale perpetrato da molti addetti alla macellazione, che si ripercuote poi all’interno della propria sfera familiare.”
    “Naturalmente quest’individui non sono degli assassini specifici, ma hanno acquisito una competenza professionale talmente adeguata che potrebbero applicarla su ogni vita senziente senza paura, rimorso o pentimento.”
    “Gli addetti dei mattatoi/macelli uccidono gli Animali in modo crudele, spietato e selvaggio…senza considerare minimamente la dignità di un essere vivente, e spesso senza neanche osservare e rispettare le regole stabilite dalle norme giuridiche. In sostanza si comportano come dei killer, ovvero assassini. Mi sembra abbastanza chiaro che l’abilità con cui praticano le uccisioni sono riportabili ad altre in campo Umano. Non ho detto che tutti i macellai ucciderebbero Umani, ma molti ne hanno capacità avendo praticato sistemi accurati di macellazione.”

    In un mio commento ho chiesto a Roberto contestabile:
    “ Ma tu quanti casi conosci di persone addette alla macellazione…e di cui sai anche del loro comportamento con la moglie e i figli? Quanti cacciatori conosci…e di cui sai del comportamento violento che hanno in famiglia?”
    Ovviamente Roberto Contestabile (che in altri casi è un leone da tastiera!) non ha risposto a queste domande
    Ricordo da bambino che alcune famiglie usavano allevare il maiale. Quando il maiale aveva raggiunto un determinato peso veniva chiamato il norcino (che da noi si chiamava scannaporci) che provvedeva alla macellazione del maiale. Quando l’allevamento familiare del maiale era molto diffuso (sto parlando degli anni ’50) esistevano ovviamente parecchi norcini.
    Non ho mai sentito parlare di comportamento violento di questi “scannaporci” all’interno della loro famiglia oppure verso altre persone.
    Una volta c’erano molte piccole macellerie. I macellai andavano nelle campagne e nelle zone di montagna ad acquistare i capi di bestiame. Poi provvedevano alla loro macellazione, lavorazione delle carni e alla loro vendita.
    Non ho mai sentito parlare di comportamento violento dei macellai verso i loro familiari e/o verso le altre persone. Vicino casa mia c’era un signore (era il padre di un mio amico) che non aveva una macelleria ma che svolgeva l’attività di macellaio per conto di altri macellai. Era una persona normalissima verso la sua famiglia e verso gli altri.
    Roberto Contestabile affronta anche (anzi soprattutto!) il problema del collegamento fra maltrattamenti agli animali da compagnia (anzi da affetto) e violenza verso membri della propria famiglia. Questo correlazione, se ci fosse, sarebbe una cosa completamente diversa dall’altro fenomeno (la macellazione degli animali per fini alimentari) ma Roberto mette tutto insieme.
    Su questo problema non ho molto da dire: se si dimostrasse vera questa correlazione non avrei nessuna difficoltà ad ammetterla. Però per dimostrare questa correlazione sono necessarie delle ricerche serie, non andare a trovare solamente i fatti che portano acqua alla tesi verso cui si è d’accordo. Potrebbe anche darsi che ci sia indifferenza fra i due fenomeni e che anzi ci potrebbero essere casi in cui persone molto affettuose verso i propri animali domestici abbiano commesso dei crimini efferati.
    Alla prossima
    Armando

  13. Essendo stato citato in alcuni commenti a questo articolo, intervengo per fornire delle precisazioni che magari possono essere di una qualche utilità, anche se sostanzialmente fuori tema.

    Igor Giussani il 31 Maggio 2018 alle 16:35 scrive:

    “Tendenzialmente i sostenitori dell’antispecismo sono molto ostili alla decrescita causa alcune dichiarazioni di Latouche sul veganesimo.”

    Non è esatto. Ci sono sostenitori dell’antispecismo che condannano alcune dichiarazioni di Latouche (https://bari.repubblica.it/cronaca/2016/07/07/news/serge_latouche_amo_la_vostra_cucina_ma_non_capisco_i_vegani_-143611982/), non certo la descescita.
    Le posizioni di Serge Latouche sull’argomento veganismo sono a dir poco grossolane nella migliore delle ipotesi, in generale dimostrano una notevole ignoranza in materia.
    Nell’articolo lo stesso intervistato ammette che “ci sono tantissimi giovani vegani che seguono i miei seminari”. I giovani di cui si parla seguono i seminari sulla decrescita perché interessati a individuare nuove metodologie e scenari possibili per un futuro di pacificazione con la Natura. Ciò che non comprende Latouche è che detti giovani sono vegani perché antispecisti e proprio in quanto tali sono interessati a ciò che lui espone, come sono interessati ad altri paradigmi che possano tornare utili alla trasformazione della società umana specista.
    A riprova di quanto affermato, mi piace segnalare una sezione dedicata alla decrescita su Veganzetta (http://www.veganzetta.org/category/decrescita-2/) e due libri a cui ho avuto la fortuna di partecipare e in cui ho tentato una possibile connessione tra decrescita e questione animale:

    1) Decrescita. Idee per una civiltà post-sviluppista
    https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=30233

    2) Immaginare la società della decrescita. Percorsi sostenibili verso l’età del doposviluppo
    https://www.terranuova.it/Il-Mensile/Immaginare-la-societa-della-decrescita2
    Nel libro è presente anche una sezione di FAQ relative alla decrescita sviluppate e presentate in occasione della Terza Conferenza Internazionale sulla Decrescita tenutasi a Venezia nel 2012
    http://www.decrescita.it/faq

    Segnalo inoltre:

    3) Antispecismo, decrescita, ecologismo: tre parti di un intero inesistente
    di Filippo Schillaci
    https://asinusnovus.net/2013/08/17/antispecismo-decrescita-ecologismo-tre-parti-di-un-intero-inesistente/

    4) Ecologia profonda, antispecismo e decrescita: superare l’umanesimo
    di Paolo Scroccaro
    https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=24161

    In relazione a quanto discusso nell’articolo posso solo dire che è del tutto fuorviante analizzare le strutture sociali di popolazioni umane primitive perché residuali ed eccezionali. L’antispecismo è una filosofia critica della società umana moderna e del suo rapporto patologico e violento con le altre società animali. La questione principale dell’antispecismo è chiaramente lo specismo che connota la società umana contemporanea. Per quanto se ne può sapere le società umane di cacciatori-raccoglitori non possono essere considerate propriamente speciste, anche se probabilmente non lo sono state per una evidente mancanza di mezzi di dominio nei confronti degli altri viventi. Vorrei anche ricordare che parlare solo ed esclusivamente di società umane di cacciatori-raccoglitori è limitante dato che prima di tali società la nostra specie è vissuta per uno lunghissimo periodo organizzata in gruppi frugivori e di raccolta (vedasi https://www.mondadoristore.it/Evoluzione-alimentazione-Carlo-Consiglio-Vincenzino-Siani/eai978883395701/).
    Non entro infine nel merito della questione violenza sugli Animali / violenza sugli Umani.

  14. Mi limito a riportare il punto di vista di un grande esponente dell’etica della compassione cosmica: “… più si è buoni, più si è compassionevoli verso tutti gli esseri, e verso gli umani… bisogna considerare che c’è posto anche per altri [oltre agli umani] presso il divino” (Plotino, Enneadi, II).
    Per quanto riguarda la decrescita e le giuste considerazioni di Adriano Fragano, non vedo proprio come l’amico Latouche possa conciliarla con l’antropocentrismo e con la trippa a buon mercato… e infatti non vi riesce proprio, e le contraddizioni restano macroscopiche: bisogna dire a Serge che tutto questo non fa bene alla decrescita (io glielo ripeto abbastanza spesso).

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