Si fa un gran parlare di alcune tecniche di coltivazione proposte come il futuro del settore e dell’umanità. Una tra queste è l’idroponica, ossia una tecnologia indoor che consente di coltivare “fuori suolo”, sostituendo la terra con un substrato inerte (argilla espansa, fibre di cocco, ecc), in serre supercontrollate in cui il sole è sostituito dai neon, utilizzando compost perlopiù inorganici. L’idea è quella di ricreare un’eterna primavera per indurre le piante a produrre tutto l’anno, in assenza di parassiti e con maggior rispetto per l’ambiente. Le considerazioni da fare a riguardo sono diverse e ne faremo solo alcune e solo in nuce:
1) IPERPRODUZIONE E SPRECO ALIMENTARE: non abbiamo bisogno di produrre di più, ma di consumare meglio e di sprecare meno. Gli agricoltori, a causa dello strozzinaggio cui sono sottoposti dalla Grande Distribuzione, sono spesso costretti a lasciare nel campo i loro prodotti perché, raccogliendo e rivendendo a prezzi bassissimi, non riescono nemmeno a coprire i costi di produzione. I consumatori, d’altro canto, buttano in Europa circa 88 milioni di tonnellate di cibo l’anno (fonte http://www.ilfattoalimentare.it/spreco-alimentare-europa.ht…). Insomma, il problema non è la produzione, ma la cultura dello scarto, la distribuzione delle ricchezze e le economie di scala.
2) ELEVATI INVESTIMENTI: per cominciare una coltivazione idroponica, così tecnologicamente avanzata, l’investimento iniziale è ingente. In sostanza, è un’agricoltura industriale ancora una volta riservata alle grandi aziende e destinata a schiacciare i piccoli operatori del settore https://www.idroponica.it/
3) IMPATTO AMBIENTALE: l’advertising intorno all’idroponica spinge moltissimo sul deperimento delle risorse del pianeta, soprattutto dell’acqua, cui questa tecnica pone rimedio utilizzandone (rispetto ai metodi tradizionali) circa il 90% in meno. Ed è vero. Il problema, però, non può essere risolto sempre a valle. Se c’è un problema di scarsità dovuto all’antropizzazione fortissima del pianeta, dovremmo seriamente riflettere su come arginare questo fenomeno: nessuno pensa ad esempio che sono gli allevamenti intensivi a determinare un consumo d’acqua spropositato (vedi LA RIVOLUZIONE AGRICOLA/2 e http://www.repubblica.it/…/philip_lymbery_farmageddon-1075…/)
4) E L’AGRI-CULTURA? Tutti dimenticano che l’agricoltura non è un settore produttivo come un altro. Le innovazioni tecnologiche in agricoltura sono molto importanti, ma non devono mai travalicare il significato della parola stessa: viene da “ager” (campo) e “colere” che vuol dire certamente coltivare, ma anche “venerare”. E’ lo stesso verbo che veniva utilizzato per gli dei.
Quindi, nel tentativo di ampliare questo “settore produttivo” perlopiù al solo scopo di fare soldi su soldi, dimentichiamo che la terra ha un valore molto più alto di quello ascritto in un bilancio. La Terra dei Fuochi parla chiaro: allontanandoci da ciò che è codificato dentro di noi, abbiamo distrutto il mondo.