Quasi due anni fa, scrissi un articolo per replicare a una puntata di Presa Diretta dedicata agli OGM: pur ribadendo la stima per Riccardo Iacona, gli contestai il carattere totalmente a senso unico della trasmissione in favore della transgenesi. Quel pezzo venne attaccato, oltre che da una sfilza di leoni da tastiera buoni a fare la voce grossa trincerandosi dietro nickname e account falsi, anche da Alberto Guidorzi, agronomo attivo su alcune riviste del settore e noto sostenitore degli OGM. Guidorzi mi definì esplicitamente un ‘baro’ – poi ridimensionato a un più gentile ‘ingenuo’ – per aver citato uno studio che, per quanto pubblicato su rivista scientifica, a suo dire godeva di scarso credito nella comunità degli agronomi, accusandomi inoltre di aver più o meno deliberatamente strumentalizzato alcune informazioni contenute.
Ma per quale motivo rivango un aneddoto legato a una shitstorm il cui ricordo non giova esattamente al mio povero fegato? Perché recentemente, per puro caso, mi sono di nuovo imbattuto in Guidorzi e il suo comportamento ha destato non poco la mia curiosità.
Su uno dei blog di Dario Bressanini, in un post si parla di autoproduzione di limoncello quando per qualche ragione nei commenti la discussione devia dal mio superalcolico preferito al global warming. Guidorzi interviene dichiarando immediatamente la propria posizione ‘scettica’:
Basta un minimo di conoscenza dell’argomento per sapere che le affermazioni di qui sopra saranno sicuramente ‘scettiche’ ma mostrano anche qualche problema di ‘capacità di valutazione’. Innanzitutto, nessun serio climatologo si è mai sognato di attribuire la causa dei cambiamenti climatici alla sola CO2; inoltre, sia consultando il dataseset di temperature NASA GIS sia quello Hadcrut4 (probabilmente i più accreditati nel panorama scientifico) confrontando il periodo 1977-1998 con quello 1999-2013 constatiamo un incremento della temperatura media del pianeta (calcolata rispetto al periodo di riferimento scelto per determinare l’anomalia termica globale, 1951-80 per NASA GIS e 1961-90 per Hadcrut4) rispettivamente di 0,38°C e di 0,27°C; nessuna traccia di diminuzione, quindi. La critica alla presunta eccessiva approssimazione dei modelli matematici riecheggia poi moltissima mitologia ostile alla climatologia ampiamente smentita dai fatti, chi fosse interessato può leggere un recente articolo pubblicato sul sito Climalteranti.
Se fino a qui possono sorgere dubbi sulla ferratezza di Guidorzi sull’argomento, un altro commento trasforma la perlessità in certezza:
Chi ha letto il documento più completo sul funzionamento del clima – Climate Change 2013: The Physical Science Basis, noto anche come WG1AR5, per la cronaca un tomazzo di più di 1500 pagine – conosce bene gli sforzi per ricostruire le passate condizioni climatiche del pianeta risalendo anche a precedenti ere geologiche (l’intero capitolo 5 del WG1AR5 è dedicato alle analisi paleoclimatiche), studio che ha fornito informazioni preziose per confermare il carattere prevalentemente antropico dell’attuale global warming. Per rispondere alla domanda dell’agronomo, i ricercatori hanno addotto come spiegazione più probabile per la ‘piccola era glaciale’ un sensibile calo (con successiva ripresa) dell’attività solare, la quale presenta fasi cicliche. Riferendoci ai giorni nostri, l’attività solare ha raggiunto un picco ciclico intorno agli anni Sessanta del Novecento per poi calare, mentre le temperature medie planetarie hanno registrato un costante aumento: un indizio in più a favore della spiegazione antropica.
Fonte: Skepticalscience
Ma i dubbi degenerano quando Guidorzi, per sostenere le sue tesi, linka il famigerato (climatologicamente parlando) intervento di Carlo Rubbia in Senato del 2013*:
Abbiamo già sviscerato le criticità di quel video, dove il premio Nobel se ne esce con affermazioni sconclusionate sul clima al tempo di Annibale e allude a un inesistente raffreddamento del pianeta (il medesimo a cui si riferiva Guidorzi). Per inciso, mi sorprende la mancata reazione di Dario Bressanini il quale, ogniqualvolta si discute sui suoi blog di OGM e argomenti affini, enfatizza come l’unica vera scienza sia quella pubblicata su riviste specialistiche operanti in regime di peer review; in questa occasione, sembra invece ritenere normale che le affermazioni di un fisico delle particelle mai occupatosi di clima vengano usate per ‘smentire’ la ricerca specializzata che si attiene agli scrupolosi test di verifica, revisione tra pari in testa.
Quando un commentatore del blog meglio informato mette in discussione le parole di Rubbia, Guidorzi ribatte:
Mettiamo da parte Rubbia e torniamo alla dichiarazione di Guidorzi sui ‘modelli climatici molto approssimativi’. Se è prematuro affermare ‘con sicurezza assoluta’ l’influenza antropica sul global warming, possiamo invece essere certi della fondatezza delle teorie alla base dei processi di manipolazione genetica? (vista la preparazione non proprio eccelsa di Guidorzi in fatto di clima, non avrà nulla in contrario se anch’io mi faccio coraggio e mi inoltro su di un tema così complesso e delicato).
Uno dei capisaldi della transgenesi si fonda sul cosiddetto ‘dogma centrale della biologia’, ossia l’ipotesi che a ciascun gene sia associata la produzione di una determinata proteina; tuttavia, si direbbe che nel mondo scientifico il consenso intorno a tale teoria stia vacillando. Ne avevo già sentito parlare leggendo il libro Vita e natura. Una visione sistemica di Fritjof Capra e Pier Luigi Luisi; la critica è stata confermata da Denis Noble e da altre fonti accademiche, chi vuole approfondire può trovare diversi riferimenti autorevoli in Rete. Scrive ad esempio Giuseppe Barbiero, biologo dell’Università della Valle d’Aosta:
La crisi del dogma centrale sta facendo franare l’impianto epistemologico dell’ingegneria genetica. L’ingegneria genetica attuale si fonda infatti sull’assoluta certezza che il prodotto genico derivato da una sequenza di DNA sia unico e incontrovertibile, non possa cioé subire alcuna modifica post-trascrizionale. La scoperta di strati molecolari nascosti di informazione genetica mina alla base la certezza e rende più consapevoli gli scienziati dei limiti di una tecnologia che appare per molti versi inadeguata. I dubbi e gli interrogativi diventano pertinenti quando l’incertezza è tale da condizionare l’esito di programma di ricerca importanti.
Lungi da me esprimere giudizi di merito, ma mi chiedo: ripensando alla perplessità avanzate da Guidorzi nei confronti dei modelli climatici, alla luce delle nuove acquisizioni in materia di biologia molecolare è ragionevole dichiararsi ‘scettici’ riguardo alla modificazione genetica chiedendo una ‘spiegazione più convincente’ dei processi della vita oppure facendolo si dà prova soltanto di comportamento reazionario e antiscientifico? Una buona risposta a tale interrogativo potrebbe anche aiutarci a capire l’enorme differenza che intercorre tra il Dr Guidorzi-Jekyll sostenitore del rigore documentario in questioni agronomiche e il Mr Guidorzi-Hyde che, in fatto di climatologia, si dimostra molto più disinvolto nell’uso delle fonti e sembra adottare un criterio un po’ partigiano di ‘sicurezza assoluta’.
Ammettendo di essermi levato qualche sassolino dalla scarpa, ci tengo a precisare che non c’è nulla di sbagliato in Alberto Guidorzi e che il problema non risiede nella sua persona, si potrebbero citare svariati studiosi che, soprattutto per quanto concerne le problematiche ambientali, mostrano analoghe idiosincrasie. Tutta la questione va spersonalizzata e inquadrata invece alla luce di quella profonda riflessione epistemologica sull’oggettività della scienza che ha avuto in Thomas Kuhn il suo iniziatore e di cui Marcello Cini è stato probabilmente l’esponente di maggior spicco nel nostro paese: in poche parole, la constatazione che la scienza non è un’opinione (o se preferite “non è democratica”, per dirla alla Burioni), ma non è neppure neutrale.
La modificazione genetica rappresenta infatti la punta di diamante dell’agricoltura industriale, la quale si trova abbastanza a disagio parlando di global warming, essendo una consistente fonte di gas serra.
Emissioni globali di gas serra per settore (Fonte: IPCC)
Per giunta, si tratta di un settore legato a doppio filo alle risorse fossili per quanto attiene all’uso di combustibili per i macchinari, alla produzione di fertilizzanti e ritrovati di sintesi chimica, alla creazione di economie di scala. Si stima che, per ogni caloria di cibo prodotta, ne occorrano 4-5 sotto forma di input – solo per citare un dato, dal 1970 a oggi la produzione mondiale di cibo è più che raddoppiata, ma l’impiego di fertilizzanti è triplicato. Ricercando la produttività fine a se stessa, tutti i miglioriamenti di efficienza (maggior resa per ettaro, minor input di fertilizzanti o pesticidi a parità di raccolto, ecc) sono incappati nel paradosso di Jevons o comunque si sono rivelati soluzioni-tampone incapaci di ottemperare a un serio criterio di sostenibilità. Insomma, con o senza transgenesi, l’agroindustria sarà sempre assetata di petrolio e gas e, con il picco delle risorse convenzionali di idrocarburi oramai prossimo o addirittura già alle nostre spalle, può sperare di sopravvivere e prosperare solamente sviluppando l’estrazione da shale o sabbie bituminose, tecniche di cui sono note le gravi esternalità ambientali: non proprio le premesse ideali per accettare convintamente l’influenza antropica sui cambiamenti climatici.
Insomma: Mr Hyde climatico non rappresenta il ‘lato oscuro dell’onesto ricercatore’; è semplicemente il coerente e logico corollario del competente, professionale e rigoroso agronomo Dr. Guidorzi.
PS: se la scienza non è neutrale ovviamente non lo sono neppure io, che cerco di mettere insieme fatti ed esprimo valutazioni inevitabilmente ‘di parte’ e non da un inesistente punto di vista equidistante. Il mio dovere non è pertanto di ricercare un’impossibile imparzialità quanto agire con correttezza e onestà, evitando di stravolgere e mistificare quella che (per quanto riesco a capire nel mio piccolo) è la realtà dei fatti, cercando semmai di evidenziare aspetti a mio parere sottovalutati e trascurati. In questo senso, il mio contributo sarà certamente opinabile – e a tratti forse ‘ingenuo’ – ma non certo opera di un ‘baro’.
*E’ bene ricordare che, così come lo studio da me citato avrebbe ottenuto scarso consenso nella comunità agronomica, numerosi ricercatori hanno stigmatizzato le imprudenti esternazioni di Rubbia. Qui ad esempio si può leggere la replica di Claudio Della Volpe. Inoltre, non si può dimenticare come il premio Nobel nel 2014 per dimostrare le proprie tesi climatiche ricorresse ancora al dataset di temperature Hadcrut3 benché fosse già stata rilasciata da due anni la versione 4, la quale ha ritoccato al rialzo i calcoli sulla temperatura media del pianeta rispetto alla precedente, indebolendo ulteriormente le già fragili ipotesi del fisico friulano. Senza voler minimamente paragonare questo comportamento alle manipolazioni di Federico Infascelli, siamo comunque di fronte a un pessimo esempio di rigore scientifico.