Croce e delizia: il reddito di cittadinanza

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“…Bisogna riprendere la rivendicazione di un reddito di sussistenza. Il suo fine non è perpetuare la società del denaro e della merce, né perpetuare il modello di consumo dominante nei cosiddetti paesi sviluppati. Il suo fine, al contrario, è sottrarre i disoccupati e i precari all’obbligo di vendersi: “liberare l’attività dalla dittatura dell’impiego”… Come dice un testo di un’associazione di disoccupati tra le più influenti in Francia, il reddito di sussistenza deve “darci i mezzi per dispiegare attività infinitamente più gratificanti di quelle alle quali ci si vuole costringere”, ricchezze intrinseche che nessuna impresa può fabbricare, che nessun salario può acquistare delle quali nessuna moneta può misurare il valore”. (Andrè Gorz)

Sono oramai diversi anni che il reddito di cittadinanza (o basic income), da tematica prettamente di nicchia, sta assumendo anche in Italia una certa rilevanza mediatica, specialmente dopo il referendum svizzero per proporne l’adozione a livello confederale (poi bocciato) e alcune dichiarazioni pubbliche di esponenti del M5S nonché dello stesso Beppe Grillo (non entro nel merito delle loro proposte). Oramai si sta trasformando nel classico argomento che divide tra demonizzatori (“il reddito di cittadinanza trasformerà tutti in mantenuti sfaticati”) e profeti di libertà (“il reddito di cittadinanza è la vera giustizia sociale che emanciperà finalmente dalla schiavitù del lavoro”); atteggiamenti buoni per titoli a nove colonne e per il click-baiting, non certo per una discussione razionale.

Personalmente ritengo che i vantaggi di una sua implementazione superino i presumibili svantaggi (che esistono e non vanno negati), trovo però che alcuni accaniti sostenitori siano paradossalmente da annoverare tra i  peggiori nemici del basic income, non rendendosi conto di avanzare argomentazioni apparentemente solide ma in realtà sconcertanti sotto diversi punti di vista.

La maggioranza dei propugnatori infatti reclama la necessità di tale strumento per combattere la disoccupazione da innovazione tecnologica, aderendo né più né meno alla visione mainstream di un futuro sempre più robotizzato e automatizzato. A mio giudizio, tale quadro si espone ad alcune sostanziali criticità:

1) Proposto in questi termini, il basic income sarebbe piaciuto da matti agli antagonisti di Marx (non a caso ha destato l’interesse di Milton Friedman) e delle sue previsioni sul crollo del capitalismo a causa della disoccupazione provocata dagli investimenti in macchinari per sostituire il lavoro umano e mantenersi competitivi sul mercato: il reddito di cittadinanza assume le vesti di un antidoto alla rivoluzione socialista. Nel XXI secolo è ovviamente cosa buona e giusta abbandonare qualsiasi ortodossia marxista e non rimanere ancorati alle vecchie logiche socialiste, tuttavia per chi sostiene il superamento del capitalismo (come normalmente fanno i sostenitori del basic income) si tratta di un paradosso non da poco;

2) L’utopia di un mondo ipertecnologico e robotizzato non è piuttosto una nefasta distopia da respingere con tutte le forze? Magari gli automi rimpiazzassero i minatori e tutte le professioni usuranti, pericolose e alienanti. Ma non c’è il rischio concreto di trasformare il reddito di cittadinanza nel pretesto per rinunciare a qualsiasi controllo sociale sullo sviluppo tecnologico, ostentando una rassegnazione quasi fatalista? La disoccupazione è davvero l’unica ragione per cui temere la sostituzione tout cort degli esseri umani con le macchine?

3) C’è poi il nodo più controverso per tutti coloro che sono allo stesso tempo sostenitori della decrescita e del reddito di cittadinanza: su di un pianeta assetato di energia e materie prime ma ricco in compenso di inquinamento e degrado ambientale, la presunta utopia dell’automazione totale è realmente attuabile su scala globale? Anzi: è ragionevole anche solo pensare  di mantenere il già considerevole livello tecnologico attuale, specialmente in un contesto post picco petrolifero? Non è che paventando il rischio della disoccupazione tecnologica si finisce per dare concretezza a un fantasma di cui bisognerebbe denunciare innanzitutto il carattere aleatorio?

Qual è in definitiva la mia posizione? Credo che il reddito di cittadinanza possa essere un mezzo (e non un fine, come mi pare già diventato per tanti) di grande utilità se inserito nella cornice ideale delineata da Gorz nella citazione in apertura di articolo, cioé come diritto esistenziale slegato da considerazioni meramente pratiche, diversamente dalle tradizionali indennità erogate dal welfare state. Se si trasforma in uno specchio per le allodole al fine di colmare le lacune del business as usual e alimentarne le mitologie futuristiche, il confine tra strumento di emancipazione e meccanismo di dominazione potrebbe rivelarsi alquanto labile.

Immagine in evidenza: Il 4 ottobre del 2013, gli attivisti svizzeri di “Generation Grundeinkommen” scaricarono 8 milioni di monete in una piazza di Berna (Svizzera), per festeggiare l’esito della raccolta di oltre 125.000 firme che costrinsero il governo ad indire un referendum per decidere sull’inserimento del concetto di “reddito di base” nella costituzione federale. (Fonte Wikipedia)

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Nasco a Milano il 7 febbraio 1978. Sono un docente precario di italiano e storia nella scuola superiore, interessato ai temi della sostenibilità ambientale e sociale. Insieme a Jacopo Simonetta ho scritto 'La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell'umanità, edito da Albatross Il Filo.

5 Commenti

    • Cortesemente, serafico ti rispondo che non conoscendo appunto nel merito la proposta di quello che il M5S chiama ‘reddito di cittadinanza’ ho evitato di esprimere qualsiasi commento al riguardo, limitandomi a dire che hanno contribuito a diffondere il termine presso l’opinione pubblica.

  1. Siamo arrivati al punto in cui gli schiavi combattono tra loro per l’opportunità di farsi schiavizzare, mentre i padroni se la tirano pure: realtà batte fantascienza dieci a zero.

    Se dopo qualche anno di schiavitù una persona, che ipoteticamente si vedesse garantire un reddito minimo di sussistenza, decidesse di passare il resto dei suoi giorni stravaccata sul divano ne avrebbe tutto il diritto. Per quanto mi riguarda basterebbero anche solo le vessazioni subite durante il percorso scolastico obbligatorio per esigere un risarcimento vita natural durante.

    Sbaglia clamorosamente, tuttavia, chi ritiene che questa sia la naturale disposizione dell’animo umano: è la schiavitù stessa a generare la pigrizia, come ci insegnano quotidianamente tutti quei bambini che, non ancora soggetti al ricatto schiavista, muoiono dalla voglia di intraprendere una moltitudine di attività, non certo perché allettati dalla prospettiva di un premio ma semplicemente in quanto desiderosi di esprimere sé stessi e le loro vocazioni.

    Probabilmente questo lo sa molto bene chi ha avuto la pensata del famigerato “reddito di cittadinanza” a 5 stelle, che ho avuto modo di studiare punto per punto. Trattasi di una subdola operazione orwelliana con cui ci si è appropriati di una definizione che non rispecchia per nulla quanto si vorrebbe mettere in pratica (un po’ come chiamare “missione di pace” un bombardamento, per intenderci), in quanto si limita a estendere il sussidio di disoccupazione, vincolando obbligatoriamente la persona all’infernale e degradante circuito dei centri per l’impiego (dei quali si parla ancora troppo poco, e troppo bene) senza schiodarsi di un solo millimetro dal dogma Produci -> Consuma -> Crepa che è all’origine di buona parte dei problemi del nostro tempo.

    Nel giro di un paio d’anni la proposta dei grillini passerà, e allora potremo scordarci per sempre il reddito minimo di sussistenza perché sulla carta ce l’avremo già, mentre di fatto avremo l’esatto contrario di quanto suggerito da Gorz.

  2. Non sono convinto che siano state valutate tutte le conseguenze derivanti dell introduzione di un concetto rivoluzionario.il discorso merita approfondimento notevoli e valutazioni.molto ponderate. Una considerazione superficiale che mi assale è quella della società immensamente spaccata tra cittadini e lavoratori. I primi destinati del reddito per discendenza e i secondi arrivati da guerre o carestie e costretti a lavorare. Per quanto tempo potrebbe durare questo equilibrio? Credo molto poco e si arriverebbe ad una insurrezione simile alle storiche guerre dei pezzenti….

    • Ovviamente la situazione descritta può durare molto poco tempo ancora. E devo dire che mi sembra uno scenario più plausibile di quell’automazione totale che creando disoccupazione universale renderebbe necessario il reddito di cittadinanza.

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