Dialettica e onestà intellettuale

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Qualche settimana fa, sul gruppo Facebook di MDF è stato condiviso un articolo della Veganzetta riguardante le polemiche attorno a Cowspiracy, siccome mi sono occupato del documentario su DFSN ho voluto segnalare il mio contributo aggiungendo alcune riflessioni personali. Ha risposto al commento l’autore dell’articolo, Paolo Scroccaro, con il quale ho iniziato un fitto scambio di opinioni.

A un certo punto però, contrariamente al solito, ho smesso di replicare al mio interlocutore, per quanto si fosse rivelato interessante e nonostante la discussione fosse ancora molto accesa, essenzialmente per due ragioni: la prima è che, dopo oramai più di vent’anni di discussioni in Rete, ho constatato che i dibattiti prolungati hanno la brutta tendenza a trasformarsi in flame, anche quando sono coinvolte persone pacate e ragionevoli. La discussione faccia a faccia si compone di atti paralinguistici – espressioni del volto, toni della voce, gestualità – purtroppo assenti nel contesto digitale, ma essenziali per una precisa comprensione del messaggio quanto la mera decodifica del testo. Un batti e ribatti su di una piattaforma Web rischia di assumere i contorni di una battaglia per l’ultima parola, mentre i 🙂 e altri strambi emoticon hanno ben poco da spartire con veri sorrisi, suonano più che altro canzonatori; con il risultato che toni ragionevolmente polemici, ironici o provocatori (o semplicemente un po’ sbrigativi, per rispamiare tempo alla tastiera) che di persona sarebbero tollerati senza problemi, on line rischiano di far degenerare il confronto.

La seconda ragione è più profonda e stringente: per quanto pregevole, lo scambio di vedute con Scroccaro stava assumendo pericolosamente i contorni di una contesa veganesimo vs decrescita (ulteriormente scomponibile in antropocentrismo vs non antropocentrismo, ecologia ‘profonda’ vs ecologia ‘superficiale’…), e io non avevo la benché minima intenzione di elevarmi a paladino della decrescita, sia perché non credo necessiti di cavalieri di ventura (specialmente della mia discutibile levatura!) sia per l’assurdità di una simile difesa d’ufficio, totalmente estranea al mio carattere.

Sono il primo a riconoscermi innumerevoli difetti – altri mi vengono gentilmente segnalati: recentemente su FB ho scoperto di soffrire di “ego ipertrofico” – ma mi reputo una persona intellettualmente onesta, non sono un doppiopesista e detesto assumere comportamenti palesemente incoerenti, atteggiamento che nella vita mi ha impedito di aderire a gruppi e movimenti organizzati, dove tavolta per il bene supremo della causa bisogna saper fare buon viso a cattivo gioco o riconoscere la superiorità dei fini sui mezzi. Circa un anno fa, Maurizio Blondet sul sito http://lastella.altervista.org ha scritto un articolo intitolato Ma quale celiachia. Chiamatela Roundup, denunciando il glifosato di causare la celiachia: sul momento ha attirato la mia attenzione, ma dopo averlo letto sono rimasto alquanto perplesso e, a differenza di molti altri decrescenti ed ecologisti vari, ho evitato di condividerlo tenendolo ben distinto dal materiale informativo che da tempo diffondo contro l’erbicida ex brevetto Monsanto (Claudio Della Volpe ha dimostrato che i miei dubbi erano più che giustificati in un articolo pubblicato sul blog della Società Italiana di Chimica, rivelando la non scientificità delle affermazioni contenute e meritandosi l’accusa di difendere l’agrobusiness, proprio lui che di solito viene incolpato di demonizzare l’agricoltura industriale). Ugualmente, quando nella recente campagna referendaria No-Triv mi sono occupato di redigere i materiali informativi su DFSN, ho accuratamente evitato allusioni su possibili rischi sismici causati dalle estrazioni – malgrado l’indubbia presa sul pubblico che avrebbero provocato – giocando sull’ambiguità tra estrazioni convenzionali e tramite fratturazione idraulica (fracking), queste ultime realmente capaci di provocare terremoti ma non impiegate in Europa. Senza pretese di onniscienza, cerco in ogni situazione di distinguere il vero dal falso e il buono dal cattivo, evitando di sminuire, ingigantire o peggio ancora di distorcere e strumentalizzre determinati fatti al solo scopo di far prevalere la mia ‘fazione’. Forse Gramsci sbagliava pensando che la verità sia rivoluzionaria, ma di certo la menzogna non lo è.

Per ricollegarci al tema centrale di questo articolo, quando si parla di veganesimo sembra impossibile non adottare una posizione che sia totalmente ‘pro’ o radicalmente ‘anti’. Chi come me, pur non aderendo al veganesimo, vi riconosce una scelta di sostenibilità alimentare superiore alla propria pratica quotidiana (nel mio caso riduzione e consumo critico della carne ma non sua abolizione), sembra non avere diritto di cittadinanza. Medesimo discorso per Cowspiracy: si ama e si difende a spada tratta ogni sua affermazione, anche la più discutibile e azzardata, oppure lo si deve condannare in toto. Ragionare sui numeri e sulla metodologia impiegata dal documentario, per avvicinarsi il più possibile alla verità su determinati fenomeni, senza subire accuse di ‘fiancheggiare’ questo o quell’altro, non è un’opzione prevista. E si potrebbe allargare la panoramica ad altri temi, ad esempio i vaccini: panacea universale o complotto delle multinazionali, impossibile ammetterne i benefici tangibili pur riflettendo sui rischi di un impiego eccessivo e indiscriminato. E per riallacciarmi alla decrescita, apprezzo il movimento che la caratterizza e mi piace identificarmi con esso perché delinea bene le mie sensibilità e le mie principali preoccupazioni, ma ne riconosco anche i limiti e non lo difendo per partito preso.

Attenzione: il senso generale del mio discorso non è ‘la verità sta nel mezzo’ – circostanza che anzi capita piuttosto raramente – le ragioni possono benissimo essere appannaggio di una parte sola. E non sto neppure propugnando un’irrangiungibile e neppure auspicabile obiettività assoluta.

Ho affermato spesso che, così come sostengo la biodiversità nel mondo naturale, altrettanto la ritengo valida nell’universo sociale, nel senso che in qualsiasi campo risultati positivi possono provenire soltanto dalla sinergia di strategie e sensibilità differenti, specialmente se lo scopo è cercare di comprendere a fondo le dinamiche della realtà, talmente complesse da non poter essere afferrate attraverso un unico punto di vista. I problemi nascono quando si trasforma la propria visione in una vera e propria monocultura, con il risultato di farne un totem il quale, alla maniera di un velo, impedisce la comprensione e favorisce invece la creazione di steccati tra le persone.

Scrive Simone Weil in Appunti sulla soppressione dei partiti politici:

Capitava sovente di vedere negli avvisi di assemblee: il Sig. X … esporrà il punto di vista comunista (sul problema in oggetto). Il Sig. Y … esporrà il punto di vista socialista. Il Sig. Z … esporrà il punto di vista radicale.
In che modo questi infelici potevano conoscere il punto di vista che dovevano esporre? Chi potevano essi consultare? Quale oracolo? Una collettività non ha lingua ne penna. Gli organi di espressione sono tutti individuali. La collettività socialista non risiede in alcun individuo. Così la collettività radicale. La collettività comunista risiede in Stalin, ma egli è lontano; non si può telefonargli prima di parlare in una riunione.
No, i signori X …, Y …, Z … consultavano se stessi. Ma siccome erano onesti, si mettevano dapprima in uno stato mentale particolare, in uno stato simile a quello in cui li aveva posti così sovente l’atmosfera degli ambienti socialisti, comunisti, radicali.
Posti in questo stato mentale, se ci si lascia andare alle proprie relazioni si produce naturalmente un linguaggio conforme ai “punti di vista” comunista, socialista, radicale.
A condizione, beninteso, di proibirsi rigorosamente ogni sforzo di attenzione per scoprire la giustizia e la verità. Se un tale sforzo venisse compiuto si rischierebbe – orrore! – di esprimere un “punto di vista personale”.
Oggi infatti si pensa che la tensione verso la giustizia e la verità corrispondono ad un punto di vista personale.

Decrescita, veganesimo, antispecismo, ecc. subiranno il medesimo destino delle vecchie ideologie? Da luci per illuminare la realtà si trasformeranno in fari accecanti?

Immagine in evidenza: frase attribuita ad Aristotele (“sono amico di Platone, ma ancora più amico della verità”)

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Nasco a Milano il 7 febbraio 1978. Sono un docente precario di italiano e storia nella scuola superiore, interessato ai temi della sostenibilità ambientale e sociale. Insieme a Jacopo Simonetta ho scritto 'La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell'umanità, edito da Albatross Il Filo.

10 Commenti

  1. “Il cliente ha sempre ragione!” dice un vecchio proverbio
    Allo stesso modo si potrebbe dire che “I consumatori hanno sempre ragione.”
    L’informazione e la cultura oggigiorno sono finanziati dalla pubblicità. Ma nell’informazione e nella cultura finanziati dalla pubblicità non c’è processo educativo.
    Non ho figli ma in passato ho fatto l’insegnante per una quindicina di anni: ricordo che il mio comportamento era dettato dal raggiungimento di un obiettivo educativo (per semplificare diciamo che cercavo di fare lezione e di fare apprendere qualcosa alle classi); nel raggiungimento di questo obiettivo il criterio che seguivo non era l’approvazione da parte delle classi (sto semplificando ma penso che sia chiaro il senso di ciò che sto dicendo).
    Nel campo dell’informazione e della cultura finanziate dalla pubblicità (che è buona parte dell’informazione in televisione e nel Web) bisogna invece dare ragione a tutti perché tutti sono consumatori.
    Una conseguenza di questa situazione è che nell’informazione e nella cultura finanziate dalla pubblicità non c’è memoria. I vari personaggi televisivi che intervengono nei vari programmi non rispondono per le cose dette in passato (magari in passato hanno detto cose [magari poi risultate non vere] diverse dalle cose che stanno dicendo al presente [nessuno poi dirà qualcosa se risultassero non vere]).
    Altre conseguenze sono i continui battibecchi (che nel gergo delle comunità virtuali sul Web si chiama flame[1]) che avvengono nelle comunità virtuali (come newsgroup, forum, blog, chat o mailing list) che il Web mette a disposizione
    Ovviamente le cose sono ancora più complesse: c’è il problema del rapporto con le reali condizioni di vita dei partecipanti a quelle comunità virtuali, c’è il problema dell’immenso potere che Web mette nelle mani della gente…ma mi fermo qua!
    Ciao
    Armando
    [1] per il significato di “flame” si veda https://it.wikipedia.org/wiki/Flame

    • Ciao Armando,
      comprendo quello che dici e approvo, non so però quanto descritto da te si adatti al caso che ho raccontato io, perché in gran parte riguarda persone che non hanno interessi economici in ballo nel sostenere determinate posizioni: il vegano che difende a spada tratta Cowspiracy, l”onnivoro’ che vuole confutare qualsiasi aspetto del veganesimo, ecc. C’è un altro aspetto della questione, entrato prepotentemente in gioco con la diffusione di Internet: che puoi reperire fonti più o meno referenziate per sostenere tutto e il contrario di tutto, articoli scientifici (quindi non siti su altervista, roba seria) pro ogm e contro ogm, pro nucleare e contro nucleare, pro alimentazione senza prodotto animali e contro ecc. Ovviamente non siamo sprofondati nella cloaca postmoderna del pensiero debole dove tutto è valido, esiste una ‘verità’ che non si può mai raggiungere completamente ma alla quale puoi avvicinarti (o allontanarti) ma ci vuole uno sforzo enorme e inevitabilmente limitato. Da qui forse la tendenza ad affidarsi ad assiomi che poi si tramutano in dogmi…
      Quanto alla dialettica da Web, sono giunto alla conclusione che molti dei flame che la caratterizzano sono dovuti al fatto che in Rete è molto più facile sembrare persone caratterialmente forti e decise, perché hai tutto il tempo di preparare le tue reazioni, fare tagli e copia/incolla… le titubanze personali si camuffano molto bene, non nascondo che all’inizio è questo che ha attirato una persona abbastanza introversa come verso la Rete. Forse hai trovato spunti per i tuoi prossimi articoli su DFSN!

  2. Lo specchio infranto della realtà… le verità …

    Più che di “verità”, forse, occorrerebbe cercare, con estrema umiltà, di comprendere la realtà liberandoci dei millenari convenzionali strati distorcenti le nostre percezioni.
    Altrimenti si ripiomba inesorabilmente nei modelli confezionati ad hoc dalla minoranza egemone reggente…

    <>
    Jack Folla
    Alcatraz, un dj nel braccio della morte
    trasmissione radiofonica
    [Diego Cugia]

    P.S.
    “La verità era uno specchio che cadendo dal cielo si ruppe.
    Ciascuno ne prese un pezzo e vedendo riflessa in esso la propria immagine,
    credette di possedere l’intera verità.”
    Mevlana Rumi, Sec. XIII

    “La realtà, come un paesaggio, ha infinite prospettive. Tutte egualmente veridiche e autentiche.”
    José Ortega y Gasset

    “Supponi ora che le catene vengano sciolte e sia guarita la mancanza di discernimento…”
    Platone,
    Il mito della caverna

  3. La questione di fondo è inerente a come si concepisce il termine “ambiente “.
    Se si pensa all’ambiente come qualcosa di inanimato (privo di anima), si giustifica il suo sfruttamento.
    Fatto questo bisogna solo trovare il modo di sfruttarlo nella giusta misura.
    Se invece si intravede in tutto il processo della vita un senso non puramente materiale (in questo senso si possono trovare delle bellissime argomentazioni nel libro”reinventare il sacro” di Stuart Kauffman) allora diventa essenziale il “rispetto “.
    Che rispetto c’è nell’allevare e macellare crudelmente un animale in assenza di reale necessità? Visto che è stato oramai ampiamente dimostrato che il veganesimo, dal punto di vista nutrizionale, non ha nulla da invidiare alla dieta onnivora?
    Si potrebbe obiettare che in certe regioni l’allevamento è l’unica fonte di sostentamento possibile. Bene, ma non è il caso dei paesi occidentali. Qui da noi chi mangia carne va’ al supermercato e compra una anonima bistecca prodotta in un allevamento intensivo chissà dove, con tutti gli impatti ambientali del caso e magari pensa che i vegani non sono onesti intellettualmente.
    Angelo

    • Ecco la classica situazione che in contesto Web rischia di degenerare… con assoluta pacatezza ti posso chiedere Angelo se la frase “Qui da noi chi mangia carne va’ al supermercato e compra una anonima bistecca prodotta in un allevamento intensivo chissà dove, con tutti gli impatti ambientali del caso e magari pensa che i vegani non sono onesti intellettualmente.” è rivolta a me?

      • No, ho pensato a un normalissimo onnivoro italiano alle prese con la sua bistecca e con i luoghi comuni sul veganesimo.
        Angelo

        • “Era inevitabile di conseguenza la creazione di allevamenti lager in cui trattare gli animali come macchine in modo da accrescere al massimo il rendimento dei capitali investiti e di accelerare al massimo il tempo del loro rientro (e c’e’ chi sostiene che la filosofia non ha attinenze pratiche con la vita, quando la teoria degli animali come machinae animatae veniva sostenuta da Cartesio gia’ nel XVII secolo, ben prima che se ne potessero immaginare le applicazioni concrete”
          Maurizio pallante “Ricchezza ecologica”

  4. Ciao Igor
    Può darsi che abbia male interpretato ciò che hai scritto ma intendevo dire che l’informazione e la cultura veicolata dalla televisione e dal Web è finanziata dalla pubblicità; questa informazione e cultura dà ragione a tutti (l’importante è che si consumi) con la creazione di tanti “orticelli autosufficienti e autoreferenziali” per cui non c’è più processo dialettico, che consiste (per esempio in un dibattito fra due persone su un blog) in un arricchimento reciproco, con la rinuncia ad alcune proprie posizioni e all’acquisizione di alcune altre dell’altra persona con cui si dibatte.
    Un altro problema è quello della memoria. La televisione e il web non hanno memoria. Tutto è rivolto al presente, non c’è passato e non c’è futuro (la televisione e il Web diventano uno sfogatoio di consumatori: probabilmente ciò porta a un incremento dei consumi). Hai fatto riferimento a Maurizio Blondet; in passato ho letto qualcosa di questa persona e ricordo le previsioni che faceva (per es. di guerre che sarebbero scoppiate): vorrei invitare questo signore a vedere quelle previsioni e poi a confrontarle con quanto effettivamente avvenuto!
    Ovviamente, come accennavo nel precedente commento, la realtà è molto complessa e ci sono tanti altri aspetti di cui tenere presente e che invece non ho considerato negli interventi che ho fatto.
    Ciao e a presto
    Armando

  5. Gandhi disse :
    “Dio è verità,
    anzi,
    la Verità è Dio”.
    .—-
    LA VERITA’ E’ COME UN IMBUTO CON LA PARTE STRETTA RIVOLTA IN BASSO :
    PIU’ LA CONSEGUI, PIU’ TI AVVICINI ALL’ UNICO BUCO DI USCITA.
    MOLTI DI NOI SONO AGGRAPPATI LUNGO IL BORDO E NON VOGLIONO RICONOSCERE LA VERITA’. PER LASCIARSI ANDARE, BISOGNA LIBERARE LA MENTE DA MOLTI PENSIERI CHE SONO I GANCI CHE CI TRATTENGONO DAL SCIVOLARE SUL FONDO.
    .—-
    LE PICCOLE VERITA’ E LA GRANDE VERITA’.
    Ci sono le piccole verità e la Grande Verità.
    Cerchiamo di non impelagarci con le piccole verità.
    Immaginiamo di essere dentro un imbuto.
    Si raggiunge il buco di uscita, la parte più stretta, nella parte bassa, e lì sta la Grande Verità.
    Non serve una grande mente per comprenderla.
    Essa è semplice.
    Afferma che siamo tutti uno, tutti collegati, e che l’essere umano deve cooperare, non competere.
    Che dobbiamo rispettare le altre forme di vita, che sono espressione della forza come pure lo siamo noi.
    Che sono forza non solo gli esseri umani, gli animali, le piante, ma anche le rocce, l’acqua e l’aria.
    Se invece restiamo nella parte alta dell’imbuto, senza mai scendere alla sua uscita, restiamo impelagati nelle piccole discussioni senza capire il senso profondo della realtà.
    Dobbiamo scendere sul fondo, conoscere la Grande Verità.
    Poi, possiamo anche risalire e immergerci nelle frivolezze, cercando di portare i nostri fratelli esseri umani giù, a capire la Grande Verità.
    Gli animali, le piante, le rocce, l’acqua e l’aria vivono 24 ore al giorno, tutti i giorni del tempo, tutti i momenti, giù, nella Grande Verità, dove i concetti sono semplici e veri.
    E vivono conformandovisi totalmente.
    Non si intortolano nelle complicazioni.
    .—-
    Le piccole verità possono essere nascoste e mai venire comprese,
    la Grande Verità è a disposizione di chiunque, sopratutto dei semplici, si pensi ad un bambino nato senza cervello, che la rispetta suo malgrado.
    E’ chi ha la mente e le concede di dimenticare la Grande Verità, che le si allontana e diventa una minaccia per la Vita.
    .—-
    SIAMO TUTTI UGUALMENTE IMPORTANTI.
    E LA GRANDE VERITA’ E’ UNA NON TANTE GRANDI VERITA’, ESSA E’ UNA.
    LA GRANDE VERITA’ è LA VERITA’ UNIVERSALE.
    LA GRANDE VERITA’ PIEGA LE PICCOLE VERITA’.

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