C’era una volta…ma probabilmente ci sarà in futuro!

E' una speranza!!

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Alcuni mesi fa inviai su questo blog un lavoro a cui detti il titolo “Recente passato…prossimo futuro!?”
In questo lavoro parlavo delle modalità che si seguivano al mio paese di nascita (un paese della Lucania) fino alla fine degli anni cinquanta del secolo scorso relative alla costruzione delle case, di porte e finestre e dell’arredamento interno delle case. Nel lavoro mettevo in evidenza soprattutto la distanza che i materiali necessari per la costruzione e l’arredamento della casa avrebbero dovuto percorrere prima di fare parte della casa stessa: i materiali per la costruzione delle case venivano dalle immediate vicinanze del paese (per esempio i mattoni, i coppi e altri laterizi venivano prodotti in dieci fornaci disposte nelle immediate vicinanze del paese, la calce veniva prodotta in due fornaci situate vicino a una cava distante una decina di km dal paese, ecc.), le porte, le finestre e l’arredamento interno venivano prodotti dalle falegnamerie del paese e la stessa cosa valeva per la costruzione di ringhiere, inferriate e altro che venivano prodotti dalle “forge” del paese, ecc.
Con questo link rimando all’articolo pubblicato sul blog nel caso qualcuno volesse leggerlo interamente:
http://www.decrescita.com/news/recente-passato-prossimo-futuro/

Un articolo di Simone Zuin
L’articolo “Gli europei sono disposti a spendere di più per prodotti con maggior durata” di Simone Zuin pubblicato su questo blog il 6 aprile (al link http://www.decrescita.com/news/gli-europei-disposti-spendere-piu-prodotti-maggior-durata/ ) mi ha ispirato questo articolo con cui intendo parlare delle modalità che si seguivano in passato per prolungare la vita delle cose, sia dei beni di consumo che dei beni strumentali. Il riferimento territoriale non sarà il mio paese di nascita ma altri luoghi come le città di Bologna, di Bergamo e altri luoghi ancora.
Simone Zuin con quell’articolo ha fatto riferimento a uno studio svolto in ambito europeo e che ha messo in evidenza come gli europei fossero disposti a spendere di più per prodotti che garantiscono una vita maggiore.
Prima di andare avanti devo fare una considerazione su quello studio fatto in ambito europeo a cui ha fatto riferimento Simone: ho l’impressione che il sistema informativo-pubblicitario dica tutto e il contrario di tutto, nel senso che si soddisfano tutte le sensibilità della popolazione. Del resto dice il proverbio che “il cliente ha sempre ragione” e il sistema informativo è finanziato dalla pubblicità per cui si soddisfano tutte le esigenze dei consumatori, sia di coloro che la vogliono cotta sia di coloro che la vogliono cruda, sia di coloro che la vogliono calda sia di coloro che la vogliono fredda! (questo ovviamente non è una critica all’articolo di Simone ma è un modo di inquadrare il risultato di quello studio in un ambito più ampio!). Si soddisfano quindi anche le esigenze di coloro che desiderano oggetti che garantiscono una vita maggiore…tanto, stante l’attuale cultura, quello che viene risparmiato con l’acquisto di tali oggetti sarà consumato per acquistare altro (c’è il paradosso di Jevons sempre in agguato!!).
Penso che il problema si risolverà reimpostando tutto il nostro sistema di valori, trasformando ciò che si risparmia acquistando prodotti che durano più a lungo non nell’acquisto di altri prodotti ma nella produzione di tempo (a tale riguardo invito a leggere un articolo pubblicato alcuni anni fa sul blog Risorse, Economia e Ambiente di Aspoitalia al seguente link http://aspoitalia.blogspot.it/2012/01/la-produzione-di-tempo.html ).
Questo è un tema a cui alcune volte ho già accennato e che in futuro sarà necessario affrontare approfonditamente. In ogni caso per arrivare a questo sarà necessario che arrivino tempi interessanti (“Ti auguro di vivere in tempi interessanti” dice una vecchia maledizione cinese!).

Come si faceva una volta!
In questo articolo, come già ho accennato, farò riferimento al rapporto che c’era una volta fra l’uomo e le cose (utensili e altri oggetti della più diversa natura). Non si seguiva il criterio dell’”usa e getta” ma dell’”usa e riusa”. Era possibile prolungare la vita delle cose riparandole o ripristinando la loro funzionalità.

Foto 1
Foto 1 Le colonie vichinghe

Successe in Groenlandia molti secoli fa
Jared Diamond nel suo saggio “Collasso – Come le società scelgono di morire o vivere” tratta anche del collasso delle colonie vichinghe in Groenlandia.
Questa grande isola fu interessata da una, seppur minuta, colonizzazione vichinga nei secoli a cavallo fra la fine del primo e gli inizi del secondo millennio d.C. e questo studioso si è interessato, come si diceva, dei motivi che portarono quelle colonie vichinghe al collasso.
Per avere una idea delle condizioni che si crearono in queste comunità in conseguenza del collasso a cui andarono incontro è bene riportare quanto questo studioso dice in merito ai ritrovamenti di oggetti usati e soprattutto di quanto dice di un coltello usato.
“…questi ritrovamenti mostrano la grande penuria di metallo in Groenlandia; anche secondo gli standard la quantità di oggetti metallici trovati nei siti vichinghi britannici e delle isole Shetland, e persino in quelle islandesi e di Anse-aux-Meadows, in Vinlandia, è assai maggiore. I chiodi sono i reperti più comuni a Anse-aux-Meadows, e ne sono sati trovati molti anche nei siti islandesi, nonostante l’Islanda fosse molto più povera. Ma in Groenlandia la penuria di ferro era estrema. Alcuni chiodi di ferro sono stati rinvenuti negli strati archeologici più profondi, ma non ne è stato trovato quasi nessuno negli strati più recenti, poiché il metallo era diventato troppo prezioso per essere gettato via. In tutta la Groenlandia non si è trovato nemmeno un frammento di elmo o di spada, ma solo due pezzi di una cotta di maglia, probabilmente appartenuti alla stessa armatura. Gli strumenti di ferro erano riutilizzati e riaffilati ripetutamente, fino a quando l’uso non li riduceva a mozziconi. Tra gli oggetti rinvenuti negli scavi di Qorlortoq mi ha colpito l’aspetto sofferto di un coltello la cui lama, quasi del tutto consumata, era ancora montata sul manico originario, ormai troppo lungo rispetto a quel mozzicone tagliente. Questo strumento, pur così malridotto, doveva avere avuto ancora valore per chi lo possedeva, al punto da essere stato riaffilato un’ultima volta prima della fine.”
Jared Diamond, Collasso – Come le società scelgono di morire o vivere, (2005 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino), pag. 266

Foto 2
Foto 2 Rovine degli insediamenti vichinghi in Groenlandia

Succede adesso
Adesso per strada si vedono cose che sono buttate via anche se sono ancora utilizzabili oppure, in alcuni casi, mai usate. Su questo blog ho pubblicato diversi articoli in cui parlo di questo fenomeno e che vi invito a leggere ( i link sono i seguenti http://www.decrescita.com/news/le-vie-infinite-del-consumismo-2/ http://www.decrescita.com/news/saldi-luglio-2014-effetti-collaterali/ http://www.decrescita.com/news/il-riciclaggio-dei-regali-e-lo-spreco/

Questo articolo, come si diceva, vuole trattare delle modalità che si seguivano in passato per prolungare la vita delle cose, sia dei beni di consumo che dei beni strumentali, riparandoli o ripristinando la loro funzionalità.

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Foto 3 Alle volte sono buttate via cose mai usate, come messo in evidenza dalla suolatura integra di questa scarpa

Nel titolo di questo articolo si fa riferimento alla possibilità che quelle modalità che “c’erano una volta” possano ritornare in futuro. Affinché ciò possa avvenire è necessario che la situazione cambi (e cambierà sicuramente in peggio, come si accennava poco sopra) ma è necessario che cambi una situazione più immediata, più vicina al problema che si sta esaminando: è necessario che le cose siano fatte per durare e che quindi è necessario che varino i modi di produzione e di progettazione e la qualità dei materiali usati (a tale riguardo qualche anno fa scrissi un articolo per il blog di Aspoitalia dal titolo “Ombrelli cinesi” che vi invito a leggere al seguente link http://aspoitalia.blogspot.it/2011/03/ombrelli-cinesi.html )
Adesso è meglio entrare nel merito corredando l’articolo con alcune foto.
Una cosa da dire preliminarmente è che la riparazione o il ripristino della funzionalità delle cose poteva avvenire in sede fissa oppure in modo ambulante oppure ancora in occasione di sagre o fiere o mercati periodici. Attualmente succede che coloro che svolgono queste attività in occasione di fiere o mercati periodici hanno anche una sede fissa.

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Foto 4 Riparazione di sedie in occasione di un mercato settimanale a Bergamo

Ma quali erano le cose che si prestavano a essere riparate oppure ripristinate nella loro funzionalità? Erano moltissime e andavano dall’abbigliamento agli utensili da cucina, dagli attrezzi agricoli a quelli dei laboratori artigianali e tante altre cose ancora non legate a un ambito particolare: si portavano le camicie dal sarto per fare rivoltare il colletto o i polsini, si portavano le scarpe dal calzolaio per fare riparare la tomaia oppure la suolatura, si facevano affilare i coltelli o le forbici quando passava l’arrotino, si facevano riparare gli ombrelli quando passava l’ombrellaio, si chiamava in casa il falegname per fare restaurare i mobili oppure il tappezziere per rifare la tappezzeria delle poltrone, si portavano le sedie alla falegnameria, l’orologio dall’orologiaio, si portavano le zappe e altri attrezzi agricoli alle “forge” per farli ”battere” (era questo il termine usato al mio paese), …..

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Foto 5 Riparazione di ombrelli e affilatura di coltelli a Bergamo in occasione di un mercato settimanale

Poco sopra si diceva che affinché convenga riparare o ripristinare la funzionalità delle cose è necessario che queste siano di qualità altrimenti non converrebbe. Potrei fare moltissimi esempi. A una artigiana di Bergamo (di cui si è allegata una foto) ho chiesto quanto sarebbe costata la riparazione che stava facendo, cioè la sostituzione di una seduta di una sedia): la risposta è stata 25 €. La riparazione consisteva nel rifare la seduta, intrecciando manualmente le corde che la componevano (è ovvio che si sarebbe potuto risparmiare sostituendo completamente la seduta con una già predisposta e prodotta industrialmente). Ho pensato che affinchè convenga una simile riparazione è necessario che la sedia sia di qualità o che abbia un significato affettivo altrimenti con quella somma si potrebbe comprare una sedia nuova.
Ricordo che un mio amico mi disse di avere comprato un orologio dai “cinesi” e di averlo pagato 5 €. Ho chiesto come andasse e mi ha detto che andava benissimo e che quando si fosse esaurita la pila lo avrebbe buttato via e ne avrebbe comprato un altro perché il prezzo per cambiare la pila sarebbe corrisposto al prezzo di acquisto di un nuovo orologio.
L’anno scorso ho chiesto presso un laboratorio per le riparazioni di abbigliamento quanto sarebbe costato cambiare la cerniera a un impermeabile. Questo capo di abbigliamento lo usavo da più di 10 anni, soprattutto di inverno quando andavo in bicicletta al lavoro. Mi ha detto che sarebbe costato 4 € ogni 20 cm più una quota fissa (che non ricordo): in poche parole sarebbe costato più di 20 € ma considerando che all’interno di una tasca si stava “sfilando”, che il bordo in fondo si era un po’ deformato e che da qualche tempo non uso più la bicicletta, ho deciso di non farne niente.

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Foto 6 Si vanno sempre più diffondendo laboratori per la riparazione di capi di abbigliamento

La stessa cosa potrebbe dirsi per gli ombrelli. Sono in vendita ombrelli che costano 2-3 €: in questo caso non conviene ripararli. La riparazione converrebbe solamente per ombrelli di una certa qualità per cui sarebbe accettabile una spesa di 3-4-5 € per la riparazione. Lo stesso discorso vale per i coltelli: solo per coltelli di una discreta qualità è possibile sostenere il costo di 2-3 € per l’affilatura.

Da più di 15 anni lavoro presso un istituto previdenziale. Ogni tanto vedevo che venivano depositati parecchie macchine d’ufficio in uno spiazzo presso l’uscita: computer, stampanti, fotocopiatrici e altro. A un collega “informatico” ho chiesto della destinazione di quelle macchine: mi ha risposto che venivano dismesse per essere rottamate perché così prevede il contratto stipulato con le aziende fornitrici, nonostante sarebbe bastato cambiare un pezzo per ripristinare la funzionalità di quelle macchine.

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Foto 7 Fotocopiatrici dismesse

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Foto 8 L’arrotino è uno degli antichi mestieri svolti in forma ambulante con l’uso di una bicicletta

Antichi mestieri in bicicletta
A settembre dell’anno scorso a Bologna, in piazza Maggiore, si è tenuta la mostra sugli “Antichi mestieri in bicicletta”. Erano esposte molte biciclette con tutta l’attrezzatura per svolgere gli antichi mestieri di cui si diceva. I mestieri che si svolgevano portandosi sul posto con la bicicletta erano tanti: molti erano svolti anche in sede fissa, una parte consisteva in servizi che non sono in relazione al ripristino della funzionalità delle cose mediante riparazioni (dai barbieri che si recavano a casa del cliente ai venditori ambulanti di gelati, ecc.) mentre altri avevano proprio quest’ultima funzione.

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Foto 9 Quello del calzolaio era un altro dei mestieri svolti in forma ambulante

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Foto 10 Fra i mestieri svolti in forma ambulante c’era ovviamente quello dell’ombrellaio

Un modo rivoluzionario…ma che è sempre esistito!

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Foto 11 Un pneumatico usato riempito di calcestruzzo e utilizzato come supporto di un ombrellone

Un altro modo di prolungare la vita delle cose consiste anche nel cambiare la loro destinazione d’uso. Le cose, come diceva il grande antropologo Claude Levi-Strauss, sono definite solamente in parte, per cui possono essere usate anche per usi diversi da quelli per cui furono costruiti. Ciò vale non solamente per le costruzioni (come ex caserme che potrebbero essere trasformate in strutture alberghiere o studentati o ex fabbriche che potrebbero essere trasformati in gallerie d’arte o auditorium) ma per tanti altre cose (non immaginate quanti innumerevoli usi si possono fare dei pneumatici una volta esaurita la loro utilità per equipaggiare le ruote dei veicoli!!). Sull’uso delle cose per destinazioni diverse da quelle per cui furono costruite ho fatto un lavoro che fu pubblicato sul blog decrescita felice social network e che trovate al seguente indirizzo http://www.decrescita.com/news/il-pensiero-selvaggio-un-pensiero-per-la-decrescita-2/

Foto 12
Foto 12 Pneumatici disposti sulla fiancata di un peschereccio per proteggerlo dagli urti con altre imbarcazioni o contro il molo.

Fonte foto
Foto 1 da www.mondimedievali.net
Foto 2 da www.finanzaonline.com
Tutte le altre sono state fatte da me

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Sono nato in Lucania nel lontano 1951 e abito a Bologna da circa trent’anni. Ho sempre avuto interesse, da più punti di vista, verso i “destini” (sempre più dialetticamente interconnessi) dell’umanità: da quello dei valori culturali che riempiano l’esistenza a quello delle condizioni materiali di vita (dall’esaurimento delle risorse naturali ai cambiamenti climatici, ecc.). Ho visto nel valore della “decrescita” un punto di partenza per dare un contributo alla soluzione dei gravi problemi che l’umanità ha di fronte.

1 commento

  1. Una imprecisione nella citazione riportata dal testo di Jared Diamond (non cambia in nessun modo il senso del discorso). La citazione corretta inizia in questo modo: “…questi ritrovamenti mostrano la grande penuria di metallo in Groenlandia, anche secondo gli standard della Scandinavia medievale, dove il ferro non era affatto abbondante. La quantità di oggetti metallici ritrovati nei siti vichinghi britannici…
    Ciao
    Armando

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