Falsità e ignoranza aleggiano massicciamente intorno al referendum del 17 aprile. Cerchiamo di smontare le principali obiezioni al SI.
“Sostenere il SI significa rendere l’Italia dipendente dall’estero e pensare solo al proprio giardino, perché così facendo le trivellazioni saranno spostate in Africa e Asia”
Chi sostiene posizioni di questo tipo, portando come prova i piani dell’ENI di perforazioni in Mozambico, semplicemente non conosce l’argomento di cui sta parlando. I giacimenti metaniferi italiani hanno raggiunto il picco di produzione da tempo, già negli anni Novanta, e sono in fase inesorabilmente declinante, come si evince da questo grafico della IEA:
Secondo l’Espresso, i pozzi entro le 12 miglia dalla costa (quelli interessati dal quesito referendario) assicurano appena il 3-4% del fabbisogno annuo di gas e l’1% di quello del petrolio. A chi fosse preoccupato per la dipendenza dall’estero, segnaliamo che attualmente l’Italia esporta il 2,9% della produzione di metano e il 9,4% di quella petrolifera (dati IEA). Inoltre, il fabbisogno italiano di gas nel periodo 2006-13 è calato del 17% (le importazioni sono scese quasi del 20%) e quello complessivo di energia primaria del 14,2%.
“Con questo referendum si mettono in discussione migliaia di posti di lavoro”
Le stime variano a seconda delle fonti interpellate: il vicesindaco di Ravenna Gianantonio Mingozzi paventa la perdita di 3.000 posti di lavoro solo nel distretto della città romagnola, secondo ASPO Italia – che riporta fonti FEEM – sono in ballo qualche migliaio di posti di lavoro, tenendo a mente che anche la chiusura dei pozzi e la bonifica delle piattaforme creerà dell’occupazione. Qualunque siano le cifre in questione, una cosa è certa: difficile immaginare posti di lavoro più precari di quelli legati a un settore che dagli anni Novanta è in fortissima contrazione. Dal grafico mostrato in precedenza si evince chiaramente che solo le rinnovabili hanno garantito un minimo di ripresa nella produzione energetica domestica.
“Le trivelle non costituiscono un freno per lo sviluppo delle energie rinnovabili”
Nel dossier Rinnovabili nel mirino, Greepeace riporta che nel 2014 l’Italia si è i classificata al nono posto in Europa per i finanziamenti ai combustibili fossili, con 13,2 miliardi di dollari; nello stesso anno, gli investimenti in rinnovabili sono crollati del 60%, un dato secondo Bloomberg causato dai tagli retroattivi contenuti nel cosiddetto decreto “Spalma-Incentivi”, firmato dall’attuale presidente del consiglio Matteo Renzi. E’ fuori di dubbio che il sostegno alle trivelle crei, più o meno direttamente, un danno allo sviluppo delle rinnovabili, del resto gli obiettivi italiani al riguardo sono meno ambiziosi di quelli europei:
“Il mantenimento delle trivellazioni oggetto del referendum non viola gli impegni presi anche dal governo italiano nella Conferenza sul clima di Parigi COP21”
Alla Conferenza sul clima di Parigi è stato preso un impegno – quello di contenere entro la fine del secolo l’aumento della temperatura media del pianeta di 1,5° C rispetto all’inizio dell’era industriale – che, se preso seriamente, impone oneri molto rilevanti e urgenti: un terzo delle riserve mondiali di petrolio, metà del gas naturale e l’80% del carbone non potranno essere usati da qui al 2050. Dovendo scegliere quali risorse di idrocarburi conservare per la transizione energetica fossil free, l’unica opzione sensata è quella di investire in giacimenti dotati di riserve di grande entità e ancora lontani dal picco di produzione – condizioni ben lontane da quelle dei pozzi interessati dal referendum del 17 aprile, che invece presentano tutte le caratteristiche ideali per un accantonamento immediato.
“Le casse dello Stato risentiranno del mancato introito delle royalties in seguito alla sospensione delle trivellazioni”
Premesso che le royalties italiane sono tra le più basse al mondo, il Ministero per lo sviluppo economico ha quantificato in 38 milioni di euro il gettito garantito dalle trivellazioni entro le 12 miglia, una perdita quindi non particolarmente rilevante.
“Le trivellazioni entro le 12 miglia non comportano problematiche di carattere ecologico-sanitario”
I sostenitori delle trivellazioni ostentano al riguardo le bandiere blu ottenute da alcune località della riviera romagnola interessate dalla presenza di impianti di estrazione, il parere non negativo dell’ISPRA e un danno ambientale limitato a piccoli sversamenti di petrolio da parte di alcune piattaforme mediterranee. E’ certo però che, dopo aver superato il picco di produzione, l’attività di estrazione diventa più complicata con conseguente aumento dei rischi.
“E’ troppo comodo non volere le trivelle nel proprio giardino e poi non modificare i propri stili di vita”
Un ragionamento ineccepibile (per quanto provenga per lo più da persone che non promuovono alcuna variazione dello stile di vita), che andrebbe però rapportato con alcuni trend incontestabili. In Italia il consumo complessivo di energia primaria è in calo ed è tornato ai livelli dei primi anni Novanta, mentre quello di derivati del petrolio addirittura è crollato fino a raggiungere le quote più basse degli ultimi quarant’anni.
La spiegazione di questo declino energetico, chiaramente, è da imputare più al perdurare della crisi economica (e secondariamente all’evoluzione tecnologica) che a una mutata consapevolezza. Tuttavia, si può scegliere se cavalcare questi andamenti oppure cercare di alterarne il corso: votare SI al referendum del 17 aprile è un modo – per quanto da solo non sufficiente – di prendere atto di un cambiamento epocale. Come ha affermato il sismologo Enzo Boschi:
“Dobbiamo abbandonare lo sfruttamento di idrocarburi e cominciare a immaginare il futuro che vogliamo. Il referendum è un momento importante per entrare in questa logica anche perché noi cittadini non abbiamo molte altre occasioni per intervenire sulla strategia energetica italiana. Tutto questo anche se il quesito, in realtà, si riferisce a un dettaglio. Un dettaglio da cui partire per una riflessione moderna, di respiro ampio”.
Igor, grande summa. Il mio apprezzamento te l’ho appena dimostrato condividendo immediatamente questo tuo utilissimo articolo.
Ringrazio Simone Bianchi per avermi mandato l’articolo sulla situazione reale degli idrocarburi in Italia e del ridotto consumo degli stessi da parte degli italiani. Per conto mio, sono ora certa che voglio essere con quelli del “Si”.
La cosa che lascia perplessi Gloria è che non parliamo di segreti di stato, ma di dati di pubblico dominio… ho visto che nei tg RAI fanno una rubrichetta di 2 minuti sul referendum dove fanno parlare uno per il SI e uno per il NO (cioé non andare a votare, come ha ricordato ieri Renzi), mentre i giornalisti potrebbero fare due ricerche su Internet e tirarne le conclusioni da soli…