Sin dalla notte dei tempi l’uomo si è ingegnato per inventare nuovi oggetti che aiutino a difendersi, mangiare, esplorare, vivere.
Si dice che la scienza e la tecnologia, non siano responsabili delle scelte di coloro che usano i prodotti del progresso in maniera smodata, sbagliata, rovinando ogni cosa che è presente sul nostro pianeta, dal moscerino fino alla pietra. Questo è vero, ma allora a chi è ascrivibile tale responsabilità?
Mi sento sempre dire che Noi siamo più fortunati rispetto alle generazioni precedenti che avevano più miseria, una speranza di vita minore, però ascoltando storie di generazioni passate mi sono accorta di come allora, anche nella più nera miseria, fosse presente un piccolo pezzo di terra pronto a sfamare i contadini che se ne occupavano,
Il nuovo millennio è oramai simbolo di vita facile dove tutto è a portata di un clik, dove quasi ogni cosa si può avere pagando con una banconota; un tempo, quando si stava peggio, vi erano, oltre i genitori, anche i nonni che trasmettevano ai nipoti: calore affetto saggezza, il nonno era una figura importante, da rispettare, oggi molto spesso è il computer o video gioco quello che più tiene compagnia ai bambini
E’ vero, i nostri nonni e forse anche i nostri genitori, non hanno avuto le comodità che sono state riservate ai nostri figli, a loro bastava una corda per saltare, o un albero per arrampicarsi e magari costruire su di esso un fortino per giocare agli indiani.
Quando ancora le strade non erano invase dal traffico i bimbi giocavano in esse, erano piacevole quelle voci, quelle risate innocenti, quelle liti genuine, quei ginocchi sbucciati, quelle lacrime che la mamma con calore asciugava.
I giocattoli, sempre umili, erano costruiti dal babbo o dal nonno, spesso con oggetti recuperati dagli oggetti che si tenevano in casa.
Erano forme che i ragazzi vedevano nascere dalle mani dei loro genitori, dei loro nonni, , e con loro inventavano la costruzione, la loro fantasia era un gioco, un gioco da fare insieme alle persone che li amavano e li aiutavano a crescere
Oggi tutto questo è solo un ricordo, buono per i libri di storia o per qualche documentario che oramai non interessa più a nessuno, oggi è tempo internet, computer, video giochi, ma tutta questa modernità avrebbe dovuto aggiungersi ad ieri non sostituirlo, annientarlo.
Mi sono sentita dire che ogni singola invenzione può essere buona o cattiva: dipende da come viene usata. Certamente , ma a questo io aggiungerei dipende anche dall’ uso smodato o contenuto che facciamo di ogni cosa che usiamo, quindi impariamo a vedere i prodotti del progresso non come oggetti che sostituiscono, ma che aiutano l’uomo nelle sue mansioni
Il progresso ci ha dato prodotti che ci danno una mano a vivere meglio, però non dimentichiamoci che alla fine ciò che veramente conta è quanto fiato abbiamo, quanta strada sanno fare le nostre gambe, quanto peso sanno alzare le nostre braccia, quanti progetti sa partorire la nostra mente, e quanta volontà di migliorare le cose esiste ancora in noi.
Mi sono spesso sentita rimproverare il racconto del passato, a detta di alcuni, non serve, bisogna guardare avanti, giusto, ma quando avanti c’è poco o niente altro non resta che voltarsi indietro,ricordare e provare a riprenderci ciò che abbiamo dimenticato.
Un tempo il passato era parte del presente, era una storia da capire da ritrovare, come quella di questi giovani che si misero in cammino in cerca della terra dei loro padri, forse anche noi dovremmo metterci alla ricerca della terra dei nostri antenati e da li ricominciare
E’ questa la storia sette ragazzi di Gressoney, in cerca del Paradiso perduto dei loro avi.
Nelle tre valli principali del Monte Rosa era cosa comune, ancora nel settecento , credere , che in qualche recesso del massiccio del Monte Rosa, dovesse trovarsi la Verlorne That, (la valle perduta).
Un luogo un tempo ricco di campi e fiori e delizie, abbandonato dai Walzer all’avanzata dei ghiacciai.
Il racconto si arricchiva ogni volta di particolari nuovi, narrando di cacciatori che l’avevano intravista da lontano, o di contrabbandieri e pastori che si erano imbattuti in un regno magico da cui erano fuggiti spaventati. La curiosità cresceva e dilettava i montanari a sognare il mistero,di questa valle presunta , fantasticando su suoi tesori nascosti, sulle sue magie e sortilegi.
Finchè il 15 agosto del 1778 sette giovani gressonari si muovono di notte per precedere alla riceca della valle perduta.
In un ora la carovana raggiunge il Colle di Satz .
Una volta giunti sulla cresta essi ne seguono il filo fino al ghiacciaio che viene raggiunto alla spuntare del giorno.
Dopo una breve di sosta la comitiva, dei sette alpinisti, si rimette in marcia in cordata, con in testa il più anziano
Distanziati circa tre metri l’uno dall’altro si aiutano col bastone ferrato, hanno ai piedi le racchette e si arrampicano in un tacito accordo: ogni qualvolta il capo-cordata si dovesse fermare tutti dovranno arrestarsi, mantenendo sempre la corda ben tesa tra l’uno e l’altro.
Ad ogni metro che salivano, l’aria si faceva sempre più rarefatta e questo oltre a provocare dei dolori alla testa, rendeva il respiro affannoso e difficile, per cui dovettero fermarsi più volte per ingerire alimenti atti a tonificare l’organismo debilitato. Ma lo stomaco rifiutava qualsiasi cibo che non fosse pane e cipolle.
Infine raggiungono una roccia caratteristica che battezzano Entdeckungsfels, (la Roccia della Scoperta), nei pressi del colle del Lys. Non vedono però, nessun mitico pascolo degli avi, né scorgono i segni delle leggende, ma rimangono affascinati da un fiume di ghiaccio che si inabissa nel bacino svizzero del Corner.
I sette ragazzi pur non trovando il paradiso degli antichi Walzer, aprono involontariamente la strada al luogo che poi sarebbe diventato la meta e il luogo delle avventure e dei giochi degli alpinisti futuri.
E’ uno schifo