Le stagioni , un tempo erano quattro, oggi non si riesce bene a capire quante siano realmente.
La terza stagione è l’autunno ed è stata presa , dai poeti, a simbolo della malinconia , non ostante i suoi stupendi colori ed i suoi frutti.
Questa stagione è ricca di tradizioni che raccontano della raccolta dei suoi frutti. La vendemmia rappresenta una di queste tradizioni, è un momento di allegria simbolo del ritrovarsi insieme per raccogliere l’uva, così come nel mese giugno ci si riuniva a raccogliere grano. Oggi forse non più, ma un tempo era una gioia cantare insieme: “andiamo a cogliere il grano “ e le fanciulle si adornavano i capelli con papaveri e spighe.
Quando l’uva giunge a maturazione la tradizione contadina ha sempre voluto che la famiglia , gli amici dessero una mano nella raccolta del frutto.
Così famiglie intere si incamminano tra i filari, per raccogliere i grappoli d’uva tagliando con la roncola o con le forbici il peduncolo che unisce il grappolo alla pianta dalla vite; l’uva colta veniva messa nei panieri , per poi essere caricata sui trattori e portata alla fattoria
Durante il raccolto e il trasporto dei grappoli l’uva deve essere trattata con la massima cura e delicatezza per non rompere gli acini, in quanto se questo avviene in fase di raccolta o trasporto dell’uva, inizieranno prematuramente e in ambiente non idoneo i processi fermentativi che influiranno negativamente sui processi della futura vinificazione.
L’uva raccolta viene, ancor oggi, portata a destinazione , dove si procede a dividerla per qualità, vengono scelti i grappoli e ripuliti da acini marci, secchi o ancora verdi, gli acini vengono staccati dal raspo in quanto il raspo contiene sostanze che renderebbero amaro il vino .
Il prodotto ripulito passa alla fase della vinificazione che prende inizio con la pigiatura dell’uva in un tino; un tempo la pigiatura veniva messa in opera con i piedi, oggi si utilizzano macchinari che svolgono anche la funzione di separare il raspo dal mosto, quest’ultimo viene lasciato a fermentare per alcuni giorni, fino a quando cessa il ribollire lieve dell’uva in fermentazione, ciò indica che il glucosio dell’uva si è trasformato in alcool
La fermentazione alcolica come noto, è dovuta ai lieviti che si trovano nelle bucce, e sono appunto quelli che hanno il compito, durante il processo di trasformare gli zuccheri presenti nel mosto in alcool e anidride carbonica, trasformazione che provocherà poi la morte dei lieviti che hanno dato vita a tale trasformazione.
Dopo la fermentazione segue la svinatura che può durare dai 6 ai 13 giorni e consiste nel travasare il mosto-vino in altri tini, per separare il mosto dalle parti solide che si sono depositate durante la fermentazione.
E’ importante che la svinatura avvenga più tempestivamente possibile in quanto più le vinacce rimangono nel mosto e più il futuro vino acquisirà un sapore acido.
Prima di procedere con la svinatura si controlla la stabilità e la resistenza del vino. I contadini usavano quella che veniva definita: “prova dell’aria”, consisteva nel lasciare una piccola quantità di vino in un bicchiere per uno o due giorni a temperatura ambiente. Dopo uno o due giorni si osservava e si valutava il vino: nel caso in cui il colore non fosse cambiato, non si osservassero fenomeni di intorbidimento e il gusto non fosse svanito, si poteva essere certi che il vino avesse ottime qualità e si procedeva con la svinatura. Nel caso in cui il colore del vino si rivelasse cambiato o intorbidito, perdendo la sua limpidezza, era opportuno rimandare il travaso aggiungendo al vino metabisolfito di potassio , per poi ripetere la prova dell’aria dopo due o tre giorni. Questo fino a che il vino non risultasse stabile
La raccolta dell’uva e la produzione del vino hanno radici storiche molto antiche .
Il libro della genesi narra che Noé, sceso dall’ Arca, piantò una vigna, e dai suoi frutti ne ricavò una bevanda che aveva tutto il profumo e il sapore dell’uva.
Il vino ha molti effetti sull’individuo, c’è chi afferma come un buon bicchiere di vino caldo faccia passare l’influenza, chi dice come un bicchiere di vino rosso a tavola faciliti la digestione e via dicendo, ma fra i tanti effetti uno è pericoloso , se il vino è bevuto in eccesso provoca nell’individuo la reazione che i giovani di oggi definiscono: sballo. e cioè di far parlare di far ridere piangere ecc..
Ma questo era già noto ad Omero che nell’Odissea con questi versi parlò del vino
“Vino pazzo che suole spingere anche l’ uomo molto saggio a intonare una canzone, e a ridere di gusto, e lo manda su a danzare, e lascia sfuggire qualche parola che era meglio tacere
In montagna ed in campagna da sempre il vino è il simbolo dell’ospitalità e dell’amicizia,.
Ricordo ancora la prima volta che entrai in casa dei miei suoceri da sempre contadini, la prima cosa che misero sulla tavola fu un fiasco di vino prodotto da loro, quello che quando lo hai bevuto lascia il bicchiere tinto di rosa
Un’altra antica tradizione è la raccolta della castagna.
Spesso si pensa alla castagna solo come la classica bruciata, ma sono molteplici le ricette che con questo frutto si possono fare, sono frutti nutrienti, che per secoli hanno garantito la sopravvivenza delle popolazioni montane e collinari, basti pensare che un castagno di settant’anni garantisce la sopravvivenza di un contadino per sei anni
Il raccolto iniziava all’alba, e non aveva soste se non che per il pranzo, anche la pioggia difficilmente fermava i braccianti , in quanto per effetto dell’umidità il riccio aumentava di peso e cadeva a terra e doveva essere raccolto subito altrimenti marciva il frutto al suo interno. Spesso i contadini lavoravano a mani nude senza attrezzi , usavano le scarpe per aprire i ricci e tirar fuori le castagne .
Oggi la raccolta delle castagne va man mano sempre più perdendosi, i castagneti sono spesso diventati selve incolte, in cui è impossibile scorgere una castagna al suolo. Pezzi di terra lasciati al degrado all’incuria, dove si può scorgere qualche cercatore della domenica che per diletto scava fra le sterpaglie in cerca di un frutto
La raccolta delle castagne aveva (ed ha dove ancora viene praticata) delle procedure ben precise, il suo lavoro iniziava i primi di settembre quando il terreno veniva perfettamente ripulito, questa opera di bonifica, durava (e dura dove ancora vengono raccolte) fino alla caduta delle castagna. Si libera il terreno di tutti quegli arbusti che possono imprigionare e nascondere i frutti che cadono, si fanno fossetti dove il terreno è più inclinato per impedire ai frutti di scivolare via.
Quando le castagne iniziano a cadere, si avvia l’opera di raccolta che inizia all’alba e costringe a camminare con la schiena piegata e gli occhi fissi sul terreno, i frutti vengono riposti in cestini , che una volta colmi vengono rovesciati del loro contenuto in sacchi di tela, oppure si ripongono le castagne direttamente nei sacchi di tela portati a spalla. Le castagne raccolte, ancora nel riccio, prima di esser poste nel cestino , vanno private del riccio stesso , operando con delle pinze di legno ( Picot e Cascai)
I sacchi vengono messi sui trattori (un tempo si usavano i muli e gli asini), per portarli in appositi locali, dove si tolgono le castagne malate o troppo piccole che vengono destinate al cibo per i maiali , quelle buone vengono poi avviate all’essiccazione.