Diritto di replica #3

2
1800

LUCA SIMONETTI

prima parte

3) Terzo capitolo: fonti omesse. http://www.decrescita.com/news/decostruendo-contro-la-decrescita-3/?doing_wp_cron=1420324154.3053820133209228515625

– Mi scuserete se qua me la caverò rapidamente. L’idea di DFSN è che avrei dovuto citare una quantità di altri testi, possibilmente più recenti. Ma perché? Il mio libro non era, né intendeva essere, un esame dettagliato di LTG, altrimenti avrei dovuto dedicargli un intero libro, anziché un solo capitolo! Ho spiegato quali sono le mie obiezioni, sulle quali peraltro (lo ripeto) DFSN non ha finora speso mezza parola, limitandosi a parlare delle mie fonti; tanto mi bastava e mi basta tuttora, perché l’argomento del mio libro è la decrescita, non LTG. E la cosa è tanto più paradossale in quanto successivamente DFSN spende sforzi erculei allo scopo di dimostrare (erroneamente, come vedremo) che nella decrescita LTG è ben poco citata.

– Questo senza nemmeno entrare nel merito dei testi che secondo DFSN avrei fatto male ad omettere, sui quali peraltro è più che lecito avanzare pesanti riserve. Cominciando da Tainter e Cosenza (specie il secondo), si tratta di due grotteschi esempi di filosofia della storia fuori tempo massimo, due libri in cui la presunzione eguaglia quasi l’ignoranza dei fatti. Il libro di Dupuy invece – un testo filosofico, completamente diverso da LTG e letteratura similare – è molto interessante, ma definirlo discutibile sarebbe eufemistico. Mi limito a rilevare che nessuno di questi testi aggiunge alcunché alla valutazione di LTG, mia o di chiunque altro.

– Ci sono poi richiami a testi, che non ho letto, secondo cui alcuni dei valori previsti nello scenario-base di LTG sarebbero conformi a quelli realmente riscontrati nel 2008. Duole ricordare un fatto banale, ma sacrosanto (che peraltro Giussani ben conosce, visto che lo ha usato1): che cioè anche un modello errato può fornire risultati passabilmente corretti. Il modello tolemaico, per esempio, forniva risultati notevolmente esatti, ma era, ciononostante, errato; anche la medicina omeopatica qualche volta fa bene, benché non abbia il minimo fondamento scientifico; persino l’astrologia, di tanto in tanto, “ci azzecca”; e c’è sempre il famoso orologio rotto, che come si sa due volte al giorno indica la data esatta. Il modello di LTG è errato perché è intrinsecamente viziato; il fatto che alcune delle sue “previsioni” siano corrette è irrilevante.

– Il libro di Bardi su LTG è molto utile, ma come ho già detto non ha un contenuto originale, è un testo fondamentalmente compilativo. Inoltre, esso stesso è il frutto di una cernita abbastanza idiosincratica dei testi; ad esempio, non menziona né Smil né Cole. Infine, ignora quasi del tutto le critiche al modello non provenienti da economisti, e quanto ad alcune di queste critiche (come quella di Nordhaus, o quella di “Models of Doom”) l’impressione è che non le abbia nemmeno capite benissimo, o comunque che le tratti in modo fortemente biased e non obiettivo. Ecco perché non ne ho parlato. Quanto all’essere Bardi (per il quale ho la massima stima) “un po’ troppo ossessionato dall’ansia di voler difendere a tutti i costi i Meadows”, mi spiego subito. Bardi ha la tendenza, bizzarra in uno studioso della sua competenza, a considerare ogni opposizione a LTG in una chiave complottistica. Ci sono dei buoni esempi alle pp. 59 e 91 e ss. del suo libro, zeppe di illazioni alquanto azzardate.

– Mi astengo dal fare ulteriori commenti a proposito della teoria entropica di Georgescu-Roegen, perché con DFSN ne ho già parlato e, a differenza di LTG, è un campo di studi del tutto sterile: non solo perché la comunità dei fisici l’ha completamente respinta, ma soprattutto perché l’entropia, anche nel senso improprio e metaforico di G.R., è un fenomeno di ordine talmente elevato da non riguardare nemmeno in misura minima l’attività economica o la sopravvivenza dell’umanità sulla Terra (la Terra cesserà di essere abitabile molto prima della morte termica dell’universo). E’ questa la ragione per cui nel libro non ne ho nemmeno parlato.

– Una risposta la devo invece a questa strabiliante tesi di DFSN. “In definitiva, Simonetti (e chichessia) può nutrire qualsivoglia opinione su I limiti dello sviluppo… Tuttavia, è opportuno distinguere la doxa dalla sophia. Simonetti, in spregio a qualsiasi rigore metodologico sull’uso delle fonti, attacca il Rapporto con armi dialettiche risalenti al 1999-2005, ignorando – in certi casi deliberatamente – la letteratura scientifica più recente sui limiti della crescita. Come si può chiamare questo atteggiamento? Fideismo? Opportunismo argomentativo? Wishful thinking? Ideologia?” Questo atteggiamento (di DFSN) invece io lo chiamo così: un bellissimo non sequitur. Io ho sostenuto che World3 è un modello sbagliato perché a) usa variabili eccessivamente eterogenee, b) ipotizza relazioni di feedback eccessivamente rigide, non dimostrate e (in alcuni casi) anche smentite dai dati storici, e c) perché non incorpora prezzi e costi. DFSN si guarda bene dal replicare su nessuno di questi punti; invece prende di mira il fatto che ho omesso di citare delle fonti che vorrebbe avessi usato, e a criticare quelle che cito, perché “risalenti al 1999-2005”. E direi che su questo punto non occorre insistere ancora.

– Concludo su una nota più lieve. DFSN mi chiede perché me la prenda tanto con LTG (“E poi perché tanto accanimento su I limiti dello sviluppo allo scopo di denigrare la decrescita?”) e mi rimprovera di inserire una nota con due citazioni, “rispettivamente di Orlando [rectius: Alfredo] Todisco e Pier Paolo Pasolini, risalenti ai primi anni Settanta, cioé a più di vent’anni prima che la parola ‘decrescita’ fosse mai stata pronunciata (Simonetti, un po’ come Berlusconi con i ‘comunisti’, tende a vedere ‘decrescenti’ ovunque)”. Ragazzi, forse sarà il caso però che questo, più che a me, lo diciate a Latouche e a Piero Bevilacqua. Infatti quest’ultimo ha pubblicato di recente – è uscito ad ottobre 2014 – nella collana diretta da Latouche per Jaca Book (intitolata “I precursori della decrescita”) un libriccino proprio su Pasolini: Pasolini. L’insensata modernità. A p. 7 di questo testo si legge: “Collocare Pier Paolo Pasolini tra i precursori della decrescita è la proposta challenging, sfidante, come dicono gli americani, ma certamente ben fondata, che mi ha lanciato Serge Latouche. E occorre dire che il maturo Pasolini, lo scrittore di saggi e articoli della prima metà degli anni Settanta del ‘900, si presta agevolmente alla sfida”. Questo per quanto riguarda Pasolini (anche se, secondo me, il vero precursore della decrescita non era tanto PPP, quanto il meno noto Todisco). Sulla teoria di DFSN per cui non sarebbe lecito parlare di precursori della decrescita, insomma, non solo non sono d’accordo io, ma come vedete non è d’accordo nemmeno Latouche…

Inoltre DFSN cerca di dimostrare, mediante alcune opere di decrescenti, in particolare Latouche, che non esisterebbe affatto un “culto” o una “fissazione monomaniacale” della decrescita per LTG, dato che dedicherebbero pochissimo spazio all’opera dei Meadows. Ma questo vuol dire solo che nessuno tra i decrescenti si è mai preso la briga di studiare seriamente LTG. Ciò però non impedisce ai decrescenti di fare regolarmente un rituale lip service, e sovente degli sperticati elogi, a LTG. Ve lo dimostro con Latouche, ma potrei facilmente far lo stesso con Pallante e con tanti altri. Latouche scrive in Per un’abbondanza frugale (p. 32) che “la visione degli autori del rapporto del Club di Roma va al di là della semplice crescita zero ed anticipa in qualche modo le proposte della decrescita”, attribuendo ai Meadows anche un’anticipazione della teoria della “decolonizzazione dell’immaginario”. Nel Breve Trattato si dedica a un’esegesi storica dei precursori di LTG (p. 24). In La scommessa della decrescita attribuisce a LTG “analisi rivoluzionarie” (p. 23) e ne riparla pure diffusamente in Come si esce dalla società dei consumi (p. 37-40). Ma poi, quale esempio migliore della stessa DFSN? Questa – in persona di Giussani – mi ha detto e ripetuto che LTG è cruciale, che tutto sta e cade insieme a questa teoria, che se fosse corretta dovremmo inevitabilmente adottare la sobrietà, il riciclo, il riuso, e insomma la decrescita2

4) Quarta puntata: Sul picco del petrolio.

http://www.decrescita.com/news/decostruendo-contro-la-decrescita-4/?doing_wp_cron=1420324262.1388750076293945312500

– Infine, DFSN si diffonde in un esame delle teorie sul picco del petrolio. Secondo loro, nel libro accennerei “molto en passant al tema del picco del petrolio, presentandolo sostanzialmente come una teoria non suffragata da fatti, una predizione di Cassandra rimasta costantemente inavverata”. Be’, non è vero: nel libro scrivo invece (a p. 64) che, anche se fossero esattamente conosciute le riserve attuali di petrolio, questo non ci direbbe ancora nulla circa l’andamento della produzione, perché non sappiamo nulla di come si svilupperà la domanda, che dipende da due fattori imprevedibili, cioè l’evoluzione della tecnologia da un lato, e dei prezzi dall’altro. Quindi, non è che si tratta di una teoria non suffragata dai fatti: si tratta invece di una teoria inutile. E’ per questo che ne tratto solo cursoriamente nel libro, e non perché non conosca il lavoro dei peakoilisti. Anche l’analisi che DFSN fa dell’articolo di Smil da me citato pecca proprio di questa incapacità di cogliere “il velen dell’argomento”: Smil non critica il lavoro dei peakoilisti perché è sbagliato, ma perché è semplicistico. E i fatti di oggi ce lo mostrano abbondantemente. Al momento attuale, infatti, il prezzo del petrolio è diminuito in maniera sostanziale, in virtù della crisi che ha portato alla riduzione della domanda, tanto da mettere attualmente fuori gioco alcuni importanti giacimenti in America e nel Mare del Nord, che sono profittevoli solo ad un prezzo più elevato. Tutto questo, e molto altro che potrei aggiungere, serve semplicemente per dire che la sola variabile “fisica” del prelievo di petrolio, quale che sia la forma che assume, ci dice ben poco su quella che sarà la produzione reale, sulla quale influiscono in maniera decisiva la tecnologia e i prezzi. Aggiungo, anche se la cosa non ha molta importanza, che non ho mai “sminuito” la figura di Hubbert, e sono davvero curioso di sapere dove l’avrei fatto.

– In conclusione: quel che ho voluto mostrare, nel capitolo su LTG, è solo ed esclusivamente che chi usa LTG e/o analoghi tentativi di fissare un limite ‘fisico’ all’attività economica per gridare all’apocalisse si sbaglia, che le cose sono molto più complicate di quanto non paia in questi modelli ipersemplificati, e infine che non esiste alcun consenso in materia. Il che non vuol dire che non si debbano prendere sul serio gli allarmi: ma tra il non credere in nulla e il credere in tutto c’è un oceano di opzioni possibili e ragionevoli.

Il resto, come si dice, alla prossima puntata.

1 Ha scritto infatti in un commento a http://www.decrescita.com/news/diritto-di-replica-1/ : “Se il futuro ti darà ragione … non sarà certo per le ragioni che esponi in Contro la decrescita, così come certi sacerdoti egiziani indovinavano le eclissi non certo per il loro modello astronomico.”

2 Sempre in un commento a http://www.decrescita.com/news/diritto-di-replica-1/ : “la questione su LTG (ma non solo: anche quella di aver ridotto il problema ecologico solo a quello) è centrale e collegata a gran parte delle altre (…). Quindi la veridicità di LTG costringerebbe tutti a ragionare in termini di decrescita necessaria: la nostra versione, la decrescita felice, è una di queste opzioni. Ma il business as usual non sarebbe più un’opzione possibile”.

2 Commenti

  1. “IL MIO E’ UN LIBRO SULLA DECRESCITA NON SU LTG”
    Tutto il libro è basato sull’assunto che la decrescita è solo una filosofia individuale e che non esiste alcun problema ambientale (non è che vengano negati: di questioni drammaticamente all’ordine del giorno come il global warming non si parla proprio) o di esaurimento risorse (‘confutazione’ ad hoc di LTG) che potrebbe portarci a trasformazioni radicali del sistema economico.
    Se invece le preoccupazioni dei decrescenti fossero giustificate, l’effetto che questo libro farebbe sul lettore sarebbe una cosa del tipo: “beh, alcune idee dei decrescenti [‘decrescenti’: l’idea distorta che se ne fa il lettore sulla base del ‘diritto al canone’ che permette a Simonetti di inserire nella decrescita senza motivo nostalgici del paleolitico, un terrorista, pensatori prefascisti, giusto per far apparire i suoi avversari dialettici gente irrazionale e pericolosa] saranno anche discutibili, ma questo avvocato sa solo criticare senza proporre nulla che sia proseguire con il business as usual”. L’intero impianto del libro si basa sul presupposto che le preoccupazioni ambientali sono ‘catastrofiste’, e per stare in piedi bisogna evitare i problemi o ‘confutarli’ attraverso dubbi ragionamenti.

    “MI SCUSERETE SE QUA ME LA CAVERÒ RAPIDAMENTE. L’IDEA DI DFSN È CHE AVREI DOVUTO CITARE UNA QUANTITÀ DI ALTRI TESTI, POSSIBILMENTE PIÙ RECENTI. MA PERCHÉ?”
    Forse perché la scienza progredisce ed è possibile che le ricerche più recenti presentino più elementi delle vecchie? Forse perché si sarebbe data un’immagine più realistica della considerazione che ha LTG nella comunità scientifica, visto che in Contro la decrescita viene dipinto come un vecchio rottame della ricerca dimenticato da Dio e dal mondo?
    Comunque, al di là delle polemiche sulla metodologia, la correttezza e l’onestà intellettuale si misurano sulla coerenza con cui noi riconosciamo di usare lo stesso metro di misura ai nostri avversari dialettici. Mutatis mutandis, se invece di LTG e del ‘canone dei decrescenti’ ci fossero gli OGM e il ‘canone dei sostenitori degli OGM’, in base al suo stesso metodo Simonetti vi consentirebbe senza colpo ferire le seguenti azioni:

    – dire che gli OGM sono pericolosi sulla base di studi di dieci anni fa, senza che abbiate minimamente citato ricerche più recenti (anche se venisse fuori che le conoscevate ma le avete omesse volontariamente perché troppo ‘compilative’ o argomenti simili)
    – realizzare un ‘canone dei sostenitori degli OGM’, dove gente come Simonetti, Bressanini e Pascale viene accomunata a Mengele e all’eugenetica del Reich, ai transumanisti e a scientology;
    – dedurre da ciò che i vari Simonetti, Bressanini e Pascale sono ‘portatori seminali di idee del nazismo’ e presentarli quindi come nemici della democrazia, anche se nella loro vita non si sono mai sognati di dire nulla di vagamente nazista in vita propria; questo, come ci ha spiegato Simonetti nel Primo Diritto di Replica, è permesso allo studioso in ossequio alla ricerca dei precedenti storici.

    Ovviamente prendo le distanze da questo punto-elenco di idiozie, che però si desumono applicando il metodo-Simonetti al di là della decrescita. Sarebbe solo un modo di gettare fango sui miei avversari dialettici che non mi appartiene e sconsiglio a chiunque di ricorrervi.

    “IL MODELLO DI LTG È ERRATO PERCHÉ È INTRINSECAMENTE VIZIATO; IL FATTO CHE ALCUNE DELLE SUE “PREVISIONI” SIANO CORRETTE È IRRILEVANTETE”
    Lasciamo decidere autonomamente il lettore se dopo le corrispondenze osservate da Turner nello studio del 2008 (le corrispondenze sono quasi identiche riguardo a numero abitanti pianeta -non tassi di nascita e morte – output industriale pro capite, consumo risorse non rinnovabili, inquinamento e sono molto simili per quanto riguarda la produzione agricola) l’atteggiamento di Simonetti (disinteresse totale per i riscontri empirici) sia giustificato o ricordi Don Ferrante che nega l’esistenza della peste. Rimandiamo anche questo articolo di Uboldi http://www.decrescita.com/news/modelli-teorici-dimostrazione-empirica-e-vaclav-smil-prima-parte/ che spiega che i modelli con variabili non omogenee si possono usare in statistica, con tutti i rischi del caso.
    Simonetti non ha letto le fonti proposte e linkate nella decostruzione, mi dispiace perché ciò significa che ha avuto veramente pochissimo tempo libero. Non prendo neanche in considerazione che non li abbia letti di proposito, memore della lezione di vita che a suo tempo mi diede:

    “Ho paura che qui sia all’opera una sorta di riflesso condizionato: leggi parole e frasi che non ti piacciono, ti si rizzano i capelli in testa, cominci a strillare “nontisentonontisentonontisento” e scappi. Non è che sia un modo particolarmente fruttuoso per “confrontarsi”, nevvero. E non depone benissimo neanche sulla serietà con cui certe idee vengono abbracciate e sostenute. Ma contento te…” [L.SIMONETTI]

    QUESTO ATTEGGIAMENTO (DI DFSN) INVECE IO LO CHIAMO COSÌ: UN BELLISSIMO NON SEQUITUR. IO HO SOSTENUTO CHE WORLD3 È UN MODELLO SBAGLIATO PERCHÉ A) USA VARIABILI ECCESSIVAMENTE ETEROGENEE, B) IPOTIZZA RELAZIONI DI FEEDBACK ECCESSIVAMENTE RIGIDE, NON DIMOSTRATE E (IN ALCUNI CASI) ANCHE SMENTITE DAI DATI STORICI, E C) PERCHÉ NON INCORPORA PREZZI E COSTI. DFSN SI GUARDA BENE DAL REPLICARE SU NESSUNO DI QUESTI PUNTI; INVECE PRENDE DI MIRA IL FATTO CHE HO OMESSO DI CITARE DELLE FONTI CHE VORREBBE AVESSI USATO, E A CRITICARE QUELLE CHE CITO, PERCHÉ “RISALENTI AL 1999-2005”.
    Dopo averci rimproverato di leggere il suo libro sonnecchiando, ricambiamo la cortesia: abbiamo riportato lo studio di Rodger che arriva a conclusioni esattamente opposte alle sue sulla base di confronti tra ipotesi e riscontri concreti operati da Turner. Per noi (+ Rodger, +Turner, +Bardi, +Jay e Hall) World3-scenario base si è dimostrato attendibile su abbastanza variabili da ritenerlo sufficientemente adeguato alla realtà che deve descrivere. Quindi abbiamo replicato su tutta la linea con studi che negano il problema della rigidità e che dimostrano che le ‘smentite storiche’ riguardano solo aspetti marginali del modello. E’ uscito anche un nuovissimo articolo di JM Jancovici, WORLD3 & croissance mondiale: confrontation, che conferma i riscontri storici di World3 modello base.

    “RAGAZZI, FORSE SARÀ IL CASO PERÒ CHE QUESTO, PIÙ CHE A ME, LO DICIATE A LATOUCHE E A PIERO BEVILACQUA. INFATTI QUEST’ULTIMO HA PUBBLICATO DI RECENTE – È USCITO AD OTTOBRE 2014 – NELLA COLLANA DIRETTA DA LATOUCHE PER JACA BOOK (INTITOLATA “I PRECURSORI DELLA DECRESCITA”) UN LIBRICCINO PROPRIO SU PASOLINI: PASOLINI. L’INSENSATA MODERNITÀ”
    Pasolini è sicuramente un precursore della decrescita, il fatto è che Simonetti ripete a ogni piè sospinto che per i decrescenti LTG è una vacca sacra ripetuta come un mantra in modo ‘ingenuo’, quindi forse sarebbe stato meglio riferirsi a una persona di oggi, visto che il mondo pullula di ‘decrescenti ingenui’, a sentire lui. Invece ha dovuto fare un salto indietro a quasi quarant’anni anni fa.

    “LTG E’ UN FONDAMENTO DELL DECRESCITA E GIUSSANI LO VUOLE NEGARE”
    Dopo aver fatto i complimenti a Simonetti per aver trovato una decina di pagine circa di riferimenti su 250 o più complessive (chiaro simbolo di ‘ossessione per LTG’), non mi deve convincere che LTG sia stato un lavoro pionieristico e fondamentale per l’ambientalismo tutto. Il fatto però è che, in materia di studi sui problemi ambientali, i decrescenti non sono rimasti fermi a più di quarant’anni fa: è molto più probabile che oggi si interroghino sui rapporti aggiornati annualmente dell’IPCC, del Living Planet Report, della IEA, tutte cose che Simonetti ignora completamente in Contro la decrescita malgrado siano attualissime. Siccome nell’ultima puntata abbiamo malignato parecchio sulla ragione di queste strane omissioni e siamo sicuri che replicherà molto seccato, rimandiamo la discussione al riguardo.

    QUESTIONE MODELLI-TECNOLOGIA
    E’ molto strana anche la posizione di Simonetti sui modelli previsionali. Malgrado i riscontri empirici, l’avvocato romano boccia World3 e rimane sostanzialmente ignavo di fronte al modello del picco di Hubbert (che, ricordiamoci bene, ha previsto con ottima approssimazione il picco della produzione statunitense e di quella mondiale – sembra che la CIA l’abbia usato anche per calcolare quello sovietico, effettivamente verificatasi negli anni 80 proprio come da modello – come si evince dai dati della IEA sul petrolio convenzionale riportati nella puntata 4 della decostruzione), in compenso nel libro promuove la curva di Kuznets che, come i lettori potranno autonomamente informarsi al di là della decostruzione, è in assoluto il modello meno affidabile – però è quello che viene in sostegno alle tesi di Simonetti, e guarda caso ottiene il suo plauso.
    Ma se i modelli empiricamente funzionano, che cosa significa? Che in realtà tali modelli contemplano la variabile sviluppo tecnologico e che questo si può prevedere statisticamente, non è vero che il futuro è un totale salto nel buio iperpostmoderno!
    E non è vero affatto che questi modelli sono inutili: i picchisti è dall’inizio del nuovo millennio che segnalavano il rischio di un balzo in alto dei prezzi, effettivamente verificatosi nel 2006 con la prima ‘punta’ a $80 al barile. Quanto alla situazione di oggi, essa dimostra l’utilità del modello peakoil, se soltanto si volesse interpretarlo razionalmente. Il petrolio convenzionale si trova nella fase discendente del picco di produzione, le riserve con alto EROEI stanno finendo e i bassi prezzi mettono in difficoltà giacimenti del mare del nord e petrolio da fracking perché queste hanno EROEI basso e sono convenienti sono con prezzi alti. Indirettamente è anche la dimostrazione del ragionamento di fondo di LTG: le risorse ci sono ancora ma diventano antieconomiche. Se invece di accusarci di catastrofismo o di pensare che dal nulla nasceranno chissà quali tecnologie che oggi non sappiamo neanche immaginare, basterebbe guardare ai grafici che abbiamo riportato nella puntata 4, si noterebbe che indicano un declino netto del petrolio convenzionale e il tentativo di sostituirlo con risorse a basso EROEI. Notare che anche la puntata 4 deve essere stata letta ben distrattamente da Simonetti, se dice che è semplicistica perché basata esclusivamente sul ‘prelievo fisico’, quando invece è incentrata proprio nel contraddire i ragionamenti che fanno riferimento esclusivamente ai volumi. Insomma, il ‘cobra Smil’ se voleva essere velenoso si è decisamente morso la lingua…e in Contro la decrescita Hubbert finisce in una nota al capitolo ‘I limiti della crescita’ insieme a una lista di ‘cassandre’ dalle profezie non realizzate.
    Quanto allo sviluppo tecnologico, a sentir Simonetti sembra che che salti fuori all’improvviso come i funghi. Gli rendo merito che, per sostenere la sua tesi, è ricorso a esempi ottocenteschi e fuori luogo, ma senza spacciare per imminenti e fattibili reattori a fusione o autofertilizzanti, la diffusione di massa delle celle combustibili a idrogeno, la geoingneria… Ma oggi sappiamo incomparabilmente molte più cose dell’Ottocento sui fenomeni naturali e sul mondo, la tecnica e la scienza non sono appannaggio di pochi geni isolati capaci di tirare fuori dal cilindro risorse da un mondo quasi completamente sconosciuto.
    Notare poi come poi nelle sue osservazioni sulla tecnologia ignori concetti come il paradosso di Jevons che, in una società basata sulla crescita economica, vanificano qualsiasi conquista nel campo dell’efficienza.

    “QUESTA – IN PERSONA DI GIUSSANI – MI HA DETTO E RIPETUTO CHE LTG È CRUCIALE, CHE TUTTO STA E CADE INSIEME A QUESTA TEORIA, CHE SE FOSSE CORRETTA DOVREMMO INEVITABILMENTE ADOTTARE LA SOBRIETÀ, IL RICICLO, IL RIUSO, E INSOMMA LA DECRESCITA”
    Il lettore è autonomamente invitato a riflettere sulla possibilità di mantenere il business as usual, la società dei consumi e Welfare State senza crescita economica, anzi in una situazione di tracollo. Ciò vale anche quando c’è di mezzo non solo l’esaurimento delle risorse ma anche il riscaldamento globale e l’overshoot delle risorse rinnovabili, fenomeni che Simonetti ignora deliberatamente oppure presenta superficialmente in poche righe.

    PROBLEMA BARDI
    Dispiace che Simonetti non abbia espresso i suoi dubbi sul lavoro di Bardi nel libro, lo invito a confrontarsi con lui, è una persona disponibilissima e non avrà problemi a contattarlo.
    Sul perché non abbia scelto l’articolo di Cole (inteso come Matthew Cole, citato in Contro la decrescita) esso riguarda lo sviluppo sostenibile e c’è giusto un paragrafo che parla di LTG, in termini per lo più esplicativi. L’articolo di Smil, che a Simonetti sembra tanto pregnante, stringi stringi è solo una chiacchiera, senza alcun riscontro sui dati empirici, dove Smil ripete le sue perplessità sul modello World3, DYNAMO e l’uso del computer nell’analisi previsionale; per il resto tanto sarcasmo, parallelismi poco utili (quello con la Cina comunista), e l’idea che l’umanità si disinteressi di pubblicazioni scientifiche basate sull’analisi di rischi futuri.

  2. Ai rilievi di Igor Giussani , che condivido per intero, vorrei aggiungerne alcuni altri.
    Nel 2013, cioè ieri, è stato presentato un lavoro dell’Istituto di Meteorologia per l’Analisi Ambientale del CNR.( Pisa 16 settembre 2013, nel corso di una manifestazione della Federazione italiana di Scienze della Terra, “Geoitalia 2013″).
    I ricercatori hanno illustrato il risultato del loro lavoro, dal quale si evince che l’84% dei terreni agricoli del globo è a rischio inaridimento.
    Tale rischio è dovuto ai cambiamenti climatici, salinizzazione, perdita di fertilità per depauperamento della fauna edafica.
    L’Italia è assolutamente allineata a questi processi degeneri: basti pensare a cosa sta succedendo in Sicilia, Sardegna, Basilicata ( il sito dell’ISPRA è ricco di dati, in proposito)

    Se c’erano dei dubbi, possiamo levarceli menzionando la felice battuta: ” l’età della pietra non è finita perchè sono finite le pietre”.
    Dunque alle ovvie preoccupazioni, secondo le quali, ad un aumento esponenziale della popolazione (spiegato da una distribuzione statistica di tipo gamma), a saldi invariati, dovrebbe corrispondere un uguale crescita esponenziale di terreni disponibili per coltivazioni agricole, bisogna aggiungere lo scenario, ben peggiore, di una repentina quanto drastica diminuizione di disponibilità di terreni per via dell’inaridimento.

    Possiamo anche dare atto a Simonetti che, davanti a degli “hot points”, in qualche misura la tecnologia ha saputo metterci delle “pezze” per tirare avanti.
    In agricoltura la “pezza” potrebbe essere data dagli OGM, assai adatti a resistere alle piu’ disparate condizioni ambientali.
    Personalmente non mi tranquillizza il fatto che, nella catena ribosomica dei cereali qualcuno ci ficchi qualche sequenza di rRNa di lucertola o di qualche uccello, per renderli resistenti alla siccità e all’attacco dei patogeni.
    Ma forse sono stato impressionato, da piccolo, dalla lettura della Strana Storia del dottor Jakill.

    Però, traumi infantili a parte, registro un preoccupate meccanismo di omeòstasi, dove, ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
    La terra perde di fertilità? I suoli vengono sottratti per metterci pannelli solari, costruirci supermercati o per coltivare vegetali per biocarburanti? Beh, in quelli che rimangono si può sempre impiantare gli OGM.
    Del resto, proprio oggi, la UE delibera sulla possibilità che sia ciascun Paese membro a decidere che tipo di atteggiamento assumere verso gli OGM. Il solito modo pilatesco di decidere di non decidere e non scontentare le multinazionali del seme.

    Il secondo aspetto che vorrei sottolineare riguarda i modelli matematico-statistici e l’idea che Simonetti ha di essi.
    Ogni modello basato sulla relazione y=f(x) e sue complicazioni multivariate ( in relazione al numero di variabili e fattori che li compongono) è PREDITTIVO , se è empiricamente dimostrabile la loro efficacia.
    Non di meno, come ho già scritto altrove, i modelli sono sostanzialmente statici, mentre i fenomeni naturali sono tendenzialmente dinamici. ne consegue che, in assenza di feedback piu’ o meno ravvicinati, i modelli potrebbero rivelarsi non piu’ adeguati.

    Ben poche cose nascono “finite” e adatte al primo “colpo”: anche il sarto piu’ bravo fa almeno tre prove sul cliente ( e non su di un manichino) prima del confezionamento definitivo dell’abito. Infatti gli abiti industriali, che non hanno feedback ma solo standard di riferimento, hanno spesso delle “mancanze di adattamento”; a cui si deve rimediare, al momento della vendita, con delle “riparazioni”.
    Non esistono modelli semplici o modelli complicati, in astratto. Esistono modelli adeguati o inadeguati. Tutto dipende dai ricercatori, dal disegno sperimentale, dalla stratificazione dei campioni, dall’inferenza.
    Un modello è sempre ampliabile: piu’ informazioni si hanno e piu’ aumenterà la sua aderenza alla realtà.
    Viene da sè, come ha sottolineato Smil, che , se da qualche parte cade un meteorite, tutti i modelli previsionali vanno a farsi benedire.
    World3 va benissimo se, come opportunamente è avvenuto, esistono puntuali ampliamenti e aggiornamenti.
    Un ricercatore, per quanto zelante, comunque non è Amalia la fattucchiera
    Non di meno, senza modelli, non vi sarebbe alcuna predizione: giusta, o ricca di “rumori” da eliminare, che sia

Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci qui il tuo nome

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.