5 buone ragioni per una spesa alternativa

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Sabato mattina. Mercato della Terra di Milano.
La frase di un’amica mi sprona a scrivere il presente post, perché, evidentemente, questo messaggio non è ancora passato a sufficienza. Per chi non lo sapesse il Mercato della Terra è un evento nel quale alcuni produttori e coltivatori diretti partecipano a un mercato che porti sulle tavole dei suoi frequentatori un elevato numero di prelibatezze che sfuggono alle logiche della GDO (acronimo di richiamo mafioso per descrivere la Grande Distribuzione Alimentare). Del tutto analogo ai più celebri mercati organizzati dalla Coldiretti la domenica mattina, con una spruzzata di convivialità in più e la voglia di creare cultura del cibo.
Dopo la solita osservazione “ma la roba è troppo cara” o “il pane a 4 euro al kg!!?” mi viene da pensare che di questa cultura non se ne ha mai abbastanza.

1)

Partiamo dalla singola considerazione di costo, isolando tutto il resto. Della maggior parte dei supermercati tanto il pane quanto la verdura viaggia a prezzi notevolmente più alti rispetto a quelli di qualsiasi mercato. Basti pensare al prezzemolo: al supermercato viene “offerto” sui 15 euro al kg, al mercato è gratis!

2)

Sicurezza alimentare. Mia nonna diceva sempre “la salute è la prima cosa”. Pace all’anima sua e ai consigli di un tempo che vola via. Comprare in questi contesti ci garantisce la genuinità dei prodotti che si traduce in sapore sulle nostre tavole e corretto apporto nutritivo nei nostri corpi. Per non parlare di additivi, coloranti e conservanti che risparmiamo al nostro organismo.

3)

A chi è appassionato di cucina, così come chi appassionato di buona tavola, non sfuggiranno le evidenti differenze di gusto. Sarete liberi di fare un risotto alla zucca dolce e cremoso, di preparare dei funghi trifolati che non dimezzino il loro volume in fase di cottura o semplicemente mangiare una mela senza pesticidi. Questo è davvero un lusso non da poco. Forse alcuni non coglieranno la differenza. Ma, per forza di cose, a quest’ultimi non cadrà l’occhio sul presente post.

4)

Ritorniamo a discorsi di natura economica. Pensiamo al giro che i nostri soldi compiono al momento di acquisto di uno yogurt al supermercato. Su 2 euro ipotetici pagati, circa il 75% andrà a ingrossare il ciclo distributivo, tra trasporto, provvigione commerciale, pubblicità, stoccaggio ed esposizione tra gli scaffali. Una fetta del restante andrà alla società di trasformazione alimentare. Possiamo ipotizzare una quota inferiore all’1% residuata per il produttore di latte che, in queste logiche, si troverà con tutta probabilità a migliaia di km di distanza per sfruttare forza lavoro a basso costo e che, per sopravvivere in questo mercato, avrà attuato un sistema produttivo ad alto sfruttamento animale. Quegli stessi soldi spesi in un mercato che mette in filo diretto produttore e consumatore garantiscono il rovesciamento della logica appena esposta. La spesa andrà a coprire prevalentemente i costi del produttore, con una ricaduta evidentemente positiva sul tessuto produttivo del vostro territorio.

5)

Una mattinata diversa. Ahimè le nostre città si sono affollate di centri commerciali, supermercati e negozi di abbigliamento di fast fashion. Sembra per molti inevitabile trascorrere gran parte del proprio tempo libero a casa o affollando le casse di questi negozi. Recuperare il piacere di trascorrere una mattinata in un contesto meno ovattato, incontrando i produttori e sapere finalmente come è stato fatto un salame o un vino.
Quanto tempo è stato dedicato alla realizzazione di un determinato prodotto caseario o gli infiniti utilizzi terapeutici del miele. Oppure semplicemente parlare e godere delle risate dei bambini che giocano all’aria aperta.

3 Commenti

  1. Finalmente un pò di cultura del cibo! Ho un ristorante vicino Roma e di giorno in giorno mi accorgo di quanta ignoranza c’è nel settore eno-gastronomico…!!! Non si sa cosa si mangia, non ci si interessa affatto della provenienza del cibo, come è stato prodotto e quali danni può arrecare un alimento di dubbia qualità. Usiamo spessissimo prelibatezza locali, i cosiddetti prodotti a chilometro zero, ma non se ne apprezza più la genuinutà, e la differenza di sapore viene scambiata per “stranezza”. Tocca a noi operatori commerciali trasmettere qualche informazione, ma , come si dice, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire! Noi siamo quello che mangiamo, non dimentichiamolo mai!

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