100 miliardi di dollari

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lumacheInvestire nella fabbrica dell’ossigeno (piante & co.) o nella caccia all’anidride carbonica (la maniera più sicura ed economica? Sempre piante & co.) potrebbe convenire. L’ultimo rapporto dell’IPCC, l’organismo intergovernativo per monitorare i cambiamenti climatici (Premio Nobel per la Pace nel 2007), suggerisce -per costringere i governi ad impedire le attività che immettono nuovi gas serra- di creare e scambiare 100  miliardi di dollari nel “mercato delle emissioni” (certificati verdi). Una cifra maggiore del PIL di 2 nazioni su 3.

I gas serra sono composti del carbonio: anidride carbonica, ossido di carbonio, metano. Questi ultimi due, pur avendo un maggior effetto serra rispetto alla CO2, incidono meno sul clima essendo in quantità minori. Per diminuire il carbonio allo stato gassoso vi sono 2 modi: diminuire le immissioni o aumentare le riserve nel suolo (carbon sink).

Ignazio Marino ha annunciato che a Roma verranno insediati 2 impianti per trattare i rifiuti organici con la digestione anaerobica (DA).

La Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani (FORSU) è la componente dell’immondizia più costosa da smaltire e più pericolosa, perché può dare inquinamento olfattivo e ambientale.

Con la DA si generano 2 prodotti: il biogas e il digestato. Dal biogas si ottiene il biometano e il digestato può essere usato come ammendante in agricoltura.

Il digestato  fino a pochi anni fa non era disciplinato da alcuna legge e neanche merceologicamente inquadrabile. Il Dlgs 152 del 2006 sopperisce alla carenza, definendo il “digestato di qualità: prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di rifiuti organici raccolti separatamente”.

In seguito alle perplessità sollevate da questa legge, interveniva la Corte di Cassazione con la sentenza del 31 agosto 2012 (n.33588) decretando che il digestato derivante dalla produzione di biogas non va smaltito perché non è un rifiuto e può essere usato in agricoltura.
Quasi contemporaneamente, con la legge 134/2012, veniva proibito l’uso in agricoltura del solo digestato derivato dai rifiuti urbani (1). Anche l’Europa è dello stesso avviso:

I digestati derivanti dalla produzione di biogas sono considerati rifiuti prodotti e rientrano pertanto nell’ambito di applicazione della normativa sui rifiuti”. È la risposta del Commissario Ue all’Ambiente Janez Potočnik all’interrogazione dell’eurodeputato Andrea Zanoni, membro della commissione ENVI Ambiente, Sanità Pubblica e Sicurezza Alimentare al Parlamento europeo, sui possibili gravi effetti del digestato (2).

Insomma il digestato derivato dai rifiuti non può essere utilizzato come ammendante ma deve essere smaltito proprio come i rifiuti! Come superare l’evidente paradosso? Idea: il digestato prima di essere usato come ammendante viene “ripassato” in aerobiosi.

Sembra che questa soluzione mette d’accordo associazioni ecologiste ed ambientaliste, i ricercatori e i politici (pochi) che si sono interessati attivamente della questione. Valga per tutti l’es. della proposta di legge “Rifiuti Zero”, appoggiata attivamente dal M5S: all’art. 14.3 recita così:” l’obbligo del trattamento della frazione residua del digestato in impianti di compostaggio aerobico per la produzione di compost di qualità”(3).

Allo stato attuale il prodotto derivante, cosiddetto digestato compostato, non ha ancora alcun riconoscimento legale né documentazione scientifico-sperimentale che attesti il miglioramento delle caratteristiche di tossicità contestate al digestato da rifiuti.

Tutto questo non impedisce che il digestato compostato venga commercializzato(4) in quanto la legislazione regionale, variegata, lo permette (5) .

Prima di espandere a macchia d’olio una tecnologia non sarebbe meglio testarla in piccolo e studiarne le conseguenze? Già se Roma la adotta un altro 5% della popolazione italiana si va ad aggiungere agli impianti già operativi.

C’è da notare che con questo sistema (rimediare … a babbo morto) siamo andati avanti finora.

Che prodotto deriva da questa sorta di riciclaggio del digestato?

Noi l’abbiamo provato e in effetti è un buon concime a lenta cessione e una ottima pacciamatura.

Ma non un ammendante, perchè un digestato compostato non ha una sua flora batterica!(6)

La flora batterica non è un aspetto secondario: i primi 15-20 cm di suolo sono fertili e vitali perché contengono la flora batterica aerobica. Più si va sotto e meno è fertile. Si può aggiungere concime ed ammendanti ad un terreno senza flora batterica, non crescerà niente per almeno un anno.

Un compost di qualità viene apprezzato dalla qualità e dalla quantità della sua flora. Anche dal punto di vista merceologico, ad es. per il prezzo di mercato. I vari impianti di compostaggio a biocelle e di DA hanno –già ora- problemi per vendere il prodotto. Altri prodotti, come l’humus di lombrico, invece, restano ricercati perché contengono una flora batterica più numerosa e pregiata.

Con l’agricoltura intensiva il terreno si va impoverendo di flora batterica. La conseguenza è quel fenomeno definito “desertificazione” (7). In un Paese come l’Italia dove già senza il digestato intere regioni (fra cui la mia) sono concretamente a rischio (8).

Un altro dato che manca in letteratura sono i tempi di decomposizione e assorbimento del materiale organico rimasto nel digestato compostato. Materiale in ingente quantità: nonostante parte del contenuto in carbonio venga “usato per fabbricare” il biogas, rimane più materiale organico –in percentuale- dei rifiuti da cui deriva. Una stima prudenziale può essere circa 25.000 tonnellate al giorno solo per l’Italia.

Anche la famigerata busta di plastica è fatta da materiale in qualche modo organico (-C2H4- n). Ma differisce dalla Forsu essenzialmente per i tempi di decomposizione (100, qualcuno sostiene 1000 anni). Cosa succede se sequestriamo materiale organico impedendogli di tornare al suo ciclo naturale per un tempo più o meno lungo?

Se vogliamo tracciare un bilancio dell’impatto ambientale della DA dobbiamo sommare la CO2 derivante dalla combustione del biogas e gli effetti dell’impoverimento dei suoli, in flora batterica e sostanza organica.

Qualcuno eccepisce che la flora batterica aerobica del suolo consuma ossigeno e immette anidride carbonica. Quindi la DA sarebbe più conveniente.

Ma in un ciclo biologico ogni anello è indispensabile per quello successivo. Se il terreno viene impoverito di flora batterica e di sostanza organica abbiamo meno crescita di piante, quindi meno produzione di ossigeno e meno assorbimento di anidride carbonica dall’atmosfera. Più che bilanci parziali servono bilanci complessivi dell’intero ciclo.

Il digestato è un prodotto “nuovo” per la natura, quindi il suolo non ha gli enzimi, i fermenti o quant’altro per metabolizzarlo. Il digestato compostato lo è ancor di più. La natura ha le sue armi per studiare le novità (e dopo studiate le può accettare o respingere), ma ha tempi diversi dai nostri. Qualunque cosa facciamo dovremmo studiare PRIMA le conseguenze e non dopo aver saturato l’ambiente.

Se stiamo più attenti ci potremmo accorgere che esistono varie tecnologie per il trattamento dell’organico come esistono varie tipologie di territorio. E probabilmente non solo vanno adattate al territorio ma si possono anche combinare fra loro per migliorare il risultato.

 

(1): “Ai sensi dell’articolo 184 -bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è considerato sottoprodotto il digestato ottenuto in impianti aziendali o interaziendali dalla digestione anaerobica, eventualmente associata anche ad altri trattamenti di tipo fisico-meccanico, di effluenti di allevamento o residui di origine vegetale o residui delle trasformazioni o delle valorizzazioni delle produzioni vegetali effettuate dall’agro-industria, conferiti come sottoprodotti, anche se miscelati fra loro, e utilizzato ai fini agronomici.”.

(2): http://www.andreazanoni.it/it/news/comunicati-stampa/biogas-e-digestato-va-applicata-la-direttiva-ue-sui-rifiuti.html

(3): http://www.leggerifiutizero.it/download/file/1-testo-disegno-di-legge-articolato. Rifiuti zero deriva dal manifesto Territorio Zero, frutto della collaborazione fra Jeremy Rifkin (emissioni 0), Paul Connet (rifiuti 0) e Carlo Petrini (km 0).

(4): sul mercato di questi prodotti, dal compost al digestato, si sa che non hanno trovato molto gradimento presso il pubblico. È presumibile che finiscano nei tanti terricciati in “offerta” nei supermercati.

(5): www.master-bioenergia.org/wp-content/uploads/ec-Zaffrani.pdf‎

(6): http://www.romagnacompost.it/it/index.php?option=com_content&view=article&id=24&Itemid=130 .

(7): Per desertificazione si intende la degradazione dei suoli fino alla scomparsa della biosfera (flora e fauna); un processo per lo più causato dalle attività umane, di solito è un processo irreversibile che interessa tutti i continenti con intensità ed effetti diversi.

La UNCCD (1994) definisce la desertificazione come “[…] il degrado del territorio nelle zone aride, semi aride e sub umide secche attribuibile a varie cause fra le quali variazioni climatiche e le attività umane”

La desertificazione spesso ha origine dallo sfruttamento intensivo della popolazione che si stabilisce nel territorio per coltivarlo oppure dalle necessità industriali e di utilizzo per il pascolo.

(8): Il 51,8% del territorio italiano, in base ad elaborazioni climatiche e pedoclimatiche, è stato considerato potenzialmente a rischio, in particolare la totalità di Sicilia, Sardegna, Puglia, Calabria, Basilicata e Campania e parte delle regioni Lazio, Abruzzo, Molise, Toscana, Marche e Umbria. All’interno di quest’area, utilizzando i dati a disposizione del progetto, sono stati calcolati 12 indici di impatto che costituiscono la sintesi dell’Atlante. I risultati mostrano che il 21,3% del territorio Italiano (41,1% dell’area studiata) è interessato da fenomeni di degrado delle terre che individuano aree a rischio di desertificazione.

Nello specifico, il 4,3% del territorio italiano (1.286.056 ettari) ha già caratteristiche di sterilità funzionale; il 4,7% (1.426.041 ettari) è sensibile a fenomeni di desertificazione; il 12,3% (3.708.525) può essere considerato vulnerabile alla desertificazione.(ATLANTE NAZIONALE DELLE AREE A RISCHIO DI DESERTIFICAZIONE  C.R.A. ed I.N.E.A.)

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Medico di Medicina Generale, Specialista in Gastroenterologia, già Ricercatore presso l'Unità di Ricerca Gastroenterologica dell'Università "Alma Mater Studiorum" di Bologna. Nel mio impegno a perseguire una carriera nel campo della ricerca, che ho sempre considerato di grande interesse, mi sono confrontato con un periodo in cui il percorso del dottorato non era ancora formalmente strutturato e le selezioni erano regolate da criteri "soggettivi". A causa di impegni familiari e responsabilità, ho dovuto interrompere temporaneamente il mio percorso nella ricerca. Tuttavia, l'esperienza acquisita come ricercatore ha influenzato in modo significativo il mio approccio critico e le mie valutazioni in campo medico. Perchè la Verità è come l'orizzonte, più ti avvicini ...

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